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Firenze Palazzo Strozzi. L'incanto del Verrocchio
Palazzo Strozzi ospiterà fino al 14 luglio 2019 la prima retrospettiva dedicata ad Andrea di Michele di Francesco Cioni noto come Andrea del Verrocchio (1435-1488), e curata da due tra i maggiori esperti del Quattrocento, Francesco Caglioti e Andrea De Marchi. Sono in esposizione oltre 120 opere tra dipinti, sculture e disegni, con prestiti provenienti da oltre settanta tra i più importanti musei e collezioni private del mondo. La mostra è stata promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e dai Musei del Bargello con la collaborazione della National Gallery of Art di Washington DC, che sarà la seconda sede dell’esposizione dal 29 settembre 2019 al 2 febbraio 2020.
L'importanza della bottega del Verrocchio era nota dalle “Vite” di Giorgio Vasari (1511-1574), che pure non gli aveva risparmiato critiche ingenerose, attribuendogli una ossessiva cura dei particolari ma non la creatività, spesso contraddicendosi nelle successive redazioni delle “Vite”. Nonostante la sua bottega avesse ospitato artisti del calibro di Leonardo da Vinci, Pietro Vannucci detto Perugino, Domenico Bigordi detto del Ghirlandaio, Bartolomeo della Gatta e Lorenzo di Credi e abbia influenzato artisti come il Sandro Botticelli, Benedetto da Maiano, Filippino Lippi, Luca Signorelli, nati poco dopo di lui, e che non avevano avuto diretti rapporti di scuola o di collaborazione, il giudizio di Vasari aveva condizionato l'opinione di molti storici dell'arte. I due studiosi che hanno curato la mostra si sono proposti di dimostrare quanto quel giudizio sia stato infondato e per affermare l'importanza della sua bottega per il succesivo sviluppo dell'arte rinascimentale fino alla nascita della “Maniera Moderna”. L'esposizione si articola in undici sezioni nove a Palazzo Strozzi e due interamente dedicate alla scultura al Bargello, che accoglie l'Incredulità di san Tommaso, rimossa per motivi conservativi da Orsanmichele, dove ora c'è una copia. Sono sezioni tematiche e non cronologiche, il percorso della mostra che affronta i diversi aspetti di questo artista è illuminante per comprendere quanto la conoscenza di questo artista e della sua bottega siano importanti per successivi sviluppi artistici non solo a Firenze ma, attraverso gli allievi e gli altri artisti che a lui si ispirarono, nella Cappella Sistina a Roma e poi nel resto d'Italia. L'esposizione a Palazzo Strozzi è molto curata e godibile per la disposizione delle opere, le luci e i pannelli che illustrano le diverse sezioni.
L'artista si era formato nelle botteghe di oreficeria, da cui apprese certamente la perfezione tecnica ma poi attratto dalla scultura in marmo e in bronzo approdò nella bottega di Donatello, che allora lavorava soprattutto per i Medici nella basilica di San Lorenzo e nel palazzo di via Larga. In quel periodo Donatello (1386- 1466) già avanti con l'età, dai 68 anni agli 80, aveva lasciato la scultura a Desiderio da Settignano (1430- 1464), Mino da Fiesole (1429-1484) e Antonio Rossellino ( 1427-1479). Verrocchio, frequentando la bottega di Donatello fu affascinato dalla scultura monumentale, esperienza che avrebbe dato i suoi frutti più emozionanti nell'Incredulità di San Tommaso per Orsanmichele e nell'ultima fatica, il Monumento a Bartolomeo Colleoni a Venezia dove morì e l'opera fu completata da fedeli collaboratori come Francesco di Simone Ferrucci (1437-1493). Nella parte dedicata alla scultura, curata da Francesco Caglioti, sono esposti i ritratti in marmo a mezzo busto di donna, di Desiderio da Settignano la Giovane gentildonna, realizzata con la bottega è messa a confronto con il busto di Giovane Gentildonna di Verrocchio. In questa opera si nota una sofisticata acconciatura e preziosi dettagli della veste, che mostrano quanto l'allievo abbia imparato da Desiderio, ma quella lieve torsione del volto e quello sguardo pensoso e attento hanno una vitalità che ricorda Donatello. La Dama dal mazzolino sempre di Verrocchio manifesta la sua trasformazione da allievo a caposcuola, il volto prende vita, le pieghe morbide delle vesti, il busto che non si ferma alle spalle ma in cui compaiono le braccia, le splendide mani, una lievemente poggiata sulla fusciacca l'altra che stringe delicatamente un mazzolino di fiori ne sono una convincente testimonianza. Un disegno di Leonardo proveniente dalla collezione di Windsor, che si ritiene sia uno studio delle mani della parte mancante del ritratto di Ginevra de Benci,è rivelatore del debito col Maestro.
Desiderio da Settignano creò un nuovo genere di effigi marmoree di eroi ed eroine dell’antichità, a mezzo busto e di profilo entro campi rettangolari o più raramente ovali, un genere che riscosse un immediato successo nella committenza, era assente nell'arte classica, che però forniva i modelli nella glittica e nella numismatica. Successivamente nel '600 e nel '700 furono creduti antichi e furono spesso scontornati per ricordare gli ovali delle gemme e dei cammei, o i circoli delle monete. Vi sono due esempi in esposizione, la giovane Gentildonna, di recente attribuzione da parte del Caglioti, è un ritratto vivo di grande fascino mentre Olimpia regina dei Macedoni con il suo profilo altero ed elegante richiama i modelli classici, un altro prezioso saggio di bravura. La seducente Olimpia ma forse Cleopatra per il petto nudo di Verrocchio si ricollega a questo genere, che poi sviluppò in un contrasto generazionale: in mostra sono il giovane Scipione l'Africano e il maturo Annibale, gli elmi e le decorazioni delle corazze richiamano i mostri tardo gotici. C'è anche un Dario re dei parsiani in marmo e uno in maiolica della bottega dei Della Robbia che si rifanno ai modelli del Verrocchio. Il contrasto generazionale è un tema che Leonardo amò a lungo sviluppare nei suoi disegni. In esposizione, proveniente dal Bargello, c'è il David, simbolo della libertà politica fiorentina, il giovane vittorioso, a differenza di quello di Donatello che guarda la testa di Oloferne, volge allo spettatore lo sguardo trionfante non scevro di giovanile baldanza. Non capiamo perché sia stato spostato date le due altre sezioni proprio al Bargello.
Le sculture in bronzo degli anni della maturità testimoniano una straordinaria perizia tecnica insieme ad una felice creatività come la fontana monumentale, vasche concentriche impilate l’una sull’altra, un esempio ispirato all'antichità classica. Il Putto col delfino in bronzo, eseguito per la villa di Careggi, poi trasferito nel '500 nel cortile di Palazzo Vecchio, è un mirabile esempio di tecnica e insieme di ispirazione ai più modelli ellenistici. Il putto alato che in equilibrio su piede stringe il delfino ha una freschezza e una vivezza straordinaria, nella stessa sala è messo a confronto con un soave ritratto in marmo di fanciullo, il Bambino di Desiderio. Il Putto è una delle opere restaurate in occasione della mostra perché l'esposizione all'aria aperta fino al 1959, quando fu sostituito con una copia, l'aveva usurata. Verrocchio scultore monumentale, come Donatello, fu anche architetto lo dimostra l’Incredulità di san Tommaso al Bargello in cui la scena è evocata magistralmente, al volto mirabilmente espressivo si ispirarono anche i più diretti concorrenti della bottega dei Pollaiolo, Antonio e suo fratello Piero. La scultura equestre di Bartolomeo Colleoni a Venezia, è un esempio eccelso della creatività del Verrocchio, il modello più famoso era quello antico del Marco Aurelio, ma il monumento dell'artista fiorentino non è da meno,nella resa di cavallo e cavaliere, l'espressione determinata del condottiero ne rende efficacemente l'intensa bellicosità. Sfortunatamemte del gigantesco monumento equestre a Francesco Sforza di Leonardo sono rimasti solo alcuni disegni preparatori ma nulla di definitivo, a causa delle note vicende storiche, che portarono alla caduta di Ludovico il Moro, che l'aveva commissionato, e quindi un confronto con il suo Maestro non è possibile.
Andrea De Marchi ha curato la parte dedicata alla pittura a cui l'artista cominciò a dedicarsi tardi intorno al 1470, è uno dei pochi casi in cui un sommo scultore eccella anche nella pittura. I suoi dipinti che, avevano come soggetto la Madonna e il Bambino si imposero all'attenzione prima ancora che fossero terminati. Le pitture esposte del Verrocchio sono emblematiche del suo stile contraddistinto dalla luce tersa e cristallina che illumina i personaggi e il paesaggio. Ci sono echi fiamminghi nel paesaggio e nella preziosità dei dettagli nei gioielli e nei panneggi della Madonna col Bambino (1470 circa) ma, a smentire Vasari che accusava il Verrocchio di arida perfezione ottenuta con «fatica e grande studio», più che di autentica ispirazione, la composizione di questa tempera su tavola ispirò altri artisti suoi diretti allievi e non. Il paesaggio è delimitato da una balaustra e un'altra è davanti alla Madonna che vi ha messo sopra in piedi il Bambino, questa idea era già stata sviluppata nella scultura, nella Madonna nella Sala consiliare del Comune di Solarolo (1460-61) in cui il bambino è in piedi su un cuscino appoggiato sulla balaustra e venne replicata successivamente in terracotta nella Madonna di Santa Maria nuova. Nella Madonna col Bambino e due angeli il paesaggio è svelato dall'apertura delle tende, quasi un futuro sipario, un'anticipazione dei successivi sviluppi che questa soluzione avrà nel Barocco. Nella Madonna di Pistoia, impostata da Verrocchio e completata da Lorenzo di Credi, la Madonna è in trono e le due finestre poste ai lati svelano il paesaggi retrostante. In esposizione c'è anche il frammento di una Sacra conversazione (1468-70), una composizione più ampia in cui la Madonna col Bambino era circondata da santi di cui è rimasto lo stupefacente San Girolamo e una santa martire, il volto scavato del santo, la mano nervosa che tiene il sasso con cui si percuote il petto ,il tutto incorniciato da una trabeazione sono la testimonianza della pertizia raggiunta anche nell'affresco. Le notizie tramandate dal Vasari, che Verrocchio iniziò tardi a dipingere, lasciò incompiute alcune opere facendole terminare agli allievi di bottega e alla fine smise di dipingere sono fondate, ma le sue idee, le sue intuizioni furono riprese dagli allievi e riprese dai loro allievi e anche da altri grandi artisti, come testimoniano i dipinti in esposizione. Ci sono tra questi la Madonna della melagrana di Lorenzo di Credi ora alla National di Washington in cui il paesaggio è inquadrato in due finestre, di Domenico del Ghirlandaio La Madonna in adorazione del bambino (1470 Madonna Ruskin) della National Gallery di Londra, la Madonna col Bambino (140-72) della National Gallery di Washington, la Madonna col Bambino (1473-75) del Louvre, la Madonna col Bambino di Piermatteo D'Amelia ora allo Städel Museum di Francoforte, la Madonna col Bambino del Musée Jacquemart-André di Perugino con la doppia balaustra e la ghirlanda che Bernardino di Betto detto Pintoricchio, suo allievo, riprese nella Madonna col Bambino alla National Gallery di Londra ma anche la Madonna col Bambino e due angeli di Sandro Botticelli.
Altri dettagli incantarono, l'eleganza e la ricchezza dei dettagli e dei panneggi, delle acconciature, le posizioni dei piedi e delle dita delle mani allusivi della situazione. Un celebre esempio in esposizione L'Arcangelo Raffaele e Tobiolo in cui le mani che si cercano e si sfiorano appena, proveniente dalla National Gallery di Londra. Il disegno ha una parte importante nella mostra perché i vari studi di teste ideali incorniciate da riccioli vaporosi o da acconciature complicate, dei corpi di adulti e bambini furono una palestra di studio. A questi si aggiungono gli studi sui panneggi, Verrocchio usava “manichini” su cui disponeva teli bagnati che poi ritraeva su panni di lino un tessuto luminoso, per studiare luci e ombre e la transizione da l'una all'altra; è interessante il confronto con Leonardo nei cui disegni il passaggio da luce a ombra è più sfumato e la resa di luce più intensa. Ci sono di tutti i soggetti anche i disegni degli altri allievi, inoltre di Leonardo c'è la recente attribuzione della terracotta della Madonna con Bambino ( 1427 (circa) proveniente dal Victoria and Albert Museum .
Al Bargello, sede di una tra le più importanti collezioni di scultura rinascimentale al mondo, da Brunelleschi a Donatello, da Luca della Robbia a Verrocchio, da Michelangelo a Giambologna, prosegue la mostra. In dialogo con il volto di Cristo dell'Incredulità di san Tommaso ci sono busti in terracotta realizzati su quel modello sia dallo stesso Verrocchio sia quelli di altri come Pietro Trorrigiani(1472-1528). Quel volto fu imitato anche per i crocifissi lignei, in esposizione uno raro esempio del Verrocchio realizzato con l'aiuto della sua bottega e quelli dei suoi concorrenti Giuliano e Antonio il Vecchio da Sangallo, e quella dei fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano. Segnaliamo infine il catalogo strumento prezioso per chi voglia approfondire con i saggi esaustivi dei curatori e le opere esposte con un ricco corredo fotografico a colori.