Supporta Gothic Network
Galleria Borghese. Rubens, il prometeico pittore
La Galleria Borghese ospiterà fino al 18 febbraio una mostra dedicata a Rubens: Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato. La mostra è parte di un progetto: Rubens! La nascita di una pittura europea realizzato in collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova.
Nel suo viaggio in Italia Peter Paul Rubens (1577-1640) dopo Venezia andò a Mantova dove entrò al servizio del Duca Vincenzo Gonzaga, che lo incaricò di andare a Roma per copiare dei dipinti e dove entrò in contatto con il cardinale Scipione Borghese. Mantova e Roma furono due città fondamentali per il sommo pittore fiammingo per la elaborazione della sua originale visione dell’arte antica e rinascimentale, visione che influenzò i suoi contemporanei e portò alla creazione di una nuova estetica che poi venne definita barocca. Il soggiorno italiano durò dal 1600 al 1608, con una parentesi in Spagna (1603-1604), sempre al servizio del Duca Vincenzo con un duplice scopo: copiare i dipinti di Tiziano e una missione diplomatica, incarico in cui si dimostrò assai abile.
Rubens era un artista molto colto in quanto durante gli anni della sua formazione aveva conosciuto i modelli greci e latini. A Palazzo Te, a Mantova, ebbe la possibilità di vedere la versione immaginifica della classicità di Giulio Romano (1499-1546), allievo di Raffaello, che fu il modello del classicismo rinascimentale. Le opere selezionate per la mostra mantovana sono state scelte allo scopo di mettere in luce il rapporto tra la sua interpretazione dei miti con quella di Giulio Romano.
Nel caso della Galleria Borghese questa mostra contribuisce anche al progetto portato avanti in questi anni dalla direttrice della Galleria, Francesca Cappelletti e dai suoi collaboratori di far conoscere ai visitatori storia e aspetti meno noti della collezione del cardinale Scipione Borghese, che visse in un’epoca, all’inizio del Seicento, in cui Roma fu una città cosmopolita. Riportiamo dunque le parole della Cappelletti: “Calamita per gli artisti del Nord Europa fin dal Cinquecento, la Roma di Rubens, fra i pontificati Aldobrandini e Borghese, è il luogo dove studiare ancora l’antico, di cui si cominciano a conoscere i capolavori della pittura, con il ritrovamento nel 1601 delle Nozze Aldobrandini. È il momento della Galleria Farnese di Annibale Carracci e della cappella Contarelli (San Luigi dei Francesi) di Caravaggio, di cui si stordisce una generazione. Attraverso gli occhi di un giovane pittore straniero come Peter Paul Rubens guardiamo ancora una volta all’esperienza dell’altrove, cerchiamo di ricostruire il ruolo del collezionismo, e della collezione Borghese in particolare, come motore del nuovo linguaggio del naturalismo europeo, che unisce le ricerche di pittori e scultori nei primi decenni del secolo”.
La mostra è divisa in 8 sezioni e presenta oltre 50 opere provenienti dai più importanti musei al mondo - tra cui il British Museum, il Louvre, il Met,la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmusem di Amsterdam.
Il Mito del Barocco è la sezione che introduce alla visita con alcune considerazioni introduttive sull’ambiguità della definizione di Barocco, definizione data successivamente due secoli fa e cita Giuliano Briganti (1918 – 1992) che definì Rubens il "padre spirituale" di quegli artisti italiani, tra cui Gian Lorenzo Bernini, che con loro opere avevano concorso alla magnificenza del pontificato di Urbano VIII (1623-1644).
Già in questa sezione e poi lungo tutto il percorso ci sono studi di Rubens sulle statue antiche realizzati durante i due soggiorni romani dal 1601 al 1602 e dal 1605 al 1608, è manifesta l’attenzione ai modelli classici nei disegni esposti, come quelli del Lacoonte e del “Torso” del Belvedere, che già avevano ispirato artisti precedenti come Michelangelo Buonarroti. La differenza è il nuovo sguardo che Rubens portò nella pittura, un realismo e una vitalità che influenzò non solo la pittura ma anche la scultura.
Il Prometeo incatenato (1611-1612) dipinto in collaborazione con Frans Snyders e proveniente da Filadelfia, è un esempio di come la scultura sia stata la fonte di ispirazione per l'anatomaia della figura di Prometeo. Inoltre Rubens, che all’inizio del suo apprendistato aveva frequentato la bottega del pittore di paesaggi Tobias Verhaecht, ora manifesta una sensibilità diversa, più vicina alla pittura all’aria aperta.
Un altro tema affrontato nell'esposizione è la rappresentazione della storia e delle figure storiche, La morte di Seneca (1612-1613) del Prado, la figura del filosofo è basata sullo studio approfondito de il cosiddetto Seneca morente, scultura in marmo bigio, già nella collezione Borghese e ora al Louvre, e mostra la realistica rappresentazione dell’anatomia, che divenne un modello. Nell’Allegoria della guerra (1628) invece la “figura all’antica” diviene il simbolo dell’intenso orrore e dolore provocato, di cui forse aveva fatto diretta esperienza all’inizio della Guerra dei trent’anni (1618-1648).
Nella sala in cui è conservato il Ratto di Proserpina (1621-1622) di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) sono stati esposti di Rubens: i disegni del “Torso” del Belvedere (1601) del Metropolitan ed Ercole combatte il leone nemeo (1602-1605) del Louvre e da Monaco di Baviera e i dipinti: San Cristoforo e l’eremita (1612-1613) e Sansone consegnato ai Filistei (1614-1617). Il tema affrontato è la rappresentazione drammatica del soggetto resa attraverso la precisione anatomica dei corpi. Inoltre nei “Corpi statuari” tema della quarta sezione si sottolinea come la ricerca espressiva del fiammingo cerchi di superare la mancanza della terza dimensione, che invece la scultura possiede con artifici tecnici che cerchino di superare o meglio di limitare la mancanza di tridimensionalità. Il San Sebastiano curato dagli angeli (1602-1604) della Borghese e il Cristo risorto degli Uffizi (c.1616) di Rubens sono un esempio di questa ricerca che il pittore porterà avanti.
Caravaggio affascinò Rubens che convinse Vincenzo Gonzaga a comprare la Morte della Vergine rifiutata da Santa Maria della Scala a Roma, trasformandone la destinazione da opera sacra a dipinto che arricchiva la collezione di opere d’arte. Così fece anche Scipione Borghese con la Madonna con il Bambino e Sant’Anna, sempre di Caravaggio, della Galleria Borghese, acquistato dalla Confraternita dei Palafrenieri. La sala della Galleria Borghese dedicata Caravaggio, che ospita il dipinto, è dedicata alla sezione Rubens e Caravaggio, del fiammingo è in mostra il giovanile Compianto sul Cristo morto (1601-1602) della Borghese in cui si notano echi della pittura di Tintoretto e Il seppellimento di Cristo (1615-1617) del Rijksmuseum che evoca la Deposizione nel sepolcro di Caravaggio della Chiesa Nuova, ora ai Musei Vaticani
Lucia Simonato, altra curatrice della mostra afferma: “In questa sfida tra le due arti, Rubens dovette apparire a Bernini come il campione di un linguaggio pittorico estremo, con cui confrontarsi: per lo studio intenso della natura e per la raffigurazione del moto e dei ‘cavalli in levade’ suggeriti dalla grafica vinciana, che sarebbero stati affrontati anche dallo scultore napoletano nei suoi marmi senili con la stessa leonardesca “furia del pennello” riconosciuta da Bellori al maestro di Anversa; infine anche per i suoi ritratti, dove l’effigiato cerca il dialogo con lo spettatore, proprio come accadrà nei busti di Bernini per i quali è stata coniata la felice espressione di speaking likeness”.
È il tema della sezione dedicata alla Scultura pittorica che ospita un prezioso prestito delle Gallerie dell’Accademia di Venezia: Due mischie tra fanti e cavalieri di Leonardo. Di Rubens è in esposizione il dipinto proveniente da Washington, Agrippina e Germanico (c.1614) ma per quanto riguarda i ritratti già quelli eseguiti a Genova sono esemplari per comprendere come i soggetti appaiano vivi a chi guarda. In questa sezione il Ritratto di Ludovicus Nonnius (c.1627) della National Gallery di Londra “dialoga” con le due versioni di Bernini del ritratto marmoreo del cardinale Scipione Borghese eseguiti nello stesso anno, il 1632. Di grande interesse anche i confronti fra i disegni dei leoni: Leone a riposo e Leonessa (1602) di Rubens, provenienti dal British Museum e la terracotta di Bernini, Leone che si abbevera (1649-1650) dell’Accademia di San Luca di Roma. Riguardo alla raffigurazione del moto e dei ‘cavalli in levade’ sono esposti di Rubens San Giorgio uccide il drago (1606-1607), dal Louvre, e Luigi XIV a cavallo (1669-1670), modello in terracotta di Bernini della Borghese.
Il tocco di Pigmalione - dal nome del mitico scultore a cui gli dei concessero la vita per una statua di cui era innamorato - è il titolo della mostra scelto per la evidenziare la straordinaria capacità di Rubens di trasformare nei suoi disegni e nelle sue tavole il marmo delle statue in una intensa immagine pittorica. Lo spiega il sommo fiammingo nel suo frammentario trattato in latino Sull’imitazione delle statue: evitare innanzitutto l’imitazione pedissequa del modello antico, invece usare le cosiddette “maccaturae” le morbide pieghe della pelle tanto di uomini, quanto di animali.
Come si può vedere nel collo dello Studio dal Toro Farnese in mostra, disegno a matita nera (1601-1608) del British Museum, accentuando le pieghe della pelle la figura appare viva e non scolpita. In mostra sempre dal British Museum provengono la Copia e studio dello Spinario (1602), realizzata da Rubens da due diverse angolazioni, un’altra tangibile e chiara testimonianza esemplificativa di quanto affermato nel trattato. Lo Spinario è una statua di uno scultore italiano del XVI secolo della Galleria Borghese anch’essa esposta in questa sezione. Per illustrare chiaramente il passaggio alla pittura sono esposte due versioni di Susanna e i vecchioni di Rubens, la prima della collezione della Galleria (c1606-1607), la seconda proveniente da Stoccolma (1614.
Il percorso termina con la sezione Rubens e Tiziano nella sala della Borghese dedicata a Tiziano dove sono esposti i quadri Amor sacro e amor profano e Venere che benda amore. Ricordiamo che il fiammingo interruppe il soggiorno italiano proprio per andare a Madrid per copiare i quadri di Tiziano su incarico di Vincenzo Gonzaga. In questa occasione sono tornate dal Louvre Le tre Grazie, scultura replica da un originale ellenistico, che faceva parte della collezione Borghese, mentre di Rubens sono in mostra Le tre Grazie degli Uffizi (c.1620-1623) e Il giudizio di Paride (1606-1607) del Prado, che mostrano il fascino esercitato dal Vecellio sul Fiammingo.