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Galleria Russo. Le rose di Giacomo Balla
Nell’anno in cui ricorrono i 150 anni della nascita di Giacomo Balla (1871 – 1954), la Galleria Russo di Roma offre una imperdibile occasione per conoscere opere meno note di questo straordinario artista, ospitando dal 15 aprile al 22 maggio l’esposizione a cura di Fabio Benzi, “Giacomo Balla. Dal primo Autoritratto alle Ultime rose”.
La mostra con circa ottanta opere ripercorre tutto l’itinerario artistico di questo stupefacente artista, che visse l’epoca della strabiliante creatività delle avanguardie novecentesche, interpretò in modo originalissimo quelle più vicine alla sua sensibilità e fu un precursore del design. Fabio Benzi, che ha curato anche il prezioso catalogo, è uno studioso che ha dedicato molti studi a Balla approfondendo aspetti meno indagati tra i quali l’importanza della fotografia nel suo approccio alla pittura e il rapporto con il Gruppo Teosofico Romano. L’esposizione propone oltre ai quadri gli studi preparatori, anche inediti, di opere famose che ripercorrono l’evoluzione creativa di Balla, molti dei quali provenienti da Casa Balla e rimasti presso gli eredi. Nel catalogo nella introduzione alla mostra, a proposito delle opere esposte, Benzi ha scritto: “È come entrare nello studio dell’artista e aprire decine di cassetti scoprendo la genesi di capolavori e opere di studio, penetrando nei segreti nascosti dei dipinti a volte più celebri, a volte più privati, ma sempre partecipando di un furor creativo indiscutibile e prepotente, che ci mostra fasi finali e iniziali di un percorso unitario, di un rovello instancabile”.
Alla mostra si è accolti da due autoritratti, uno è il primo conosciuto del 1894, realizzato a olio sul retro della fotografia fatta quando aveva quattro anni dal padre, e mostra un giovane dallo sguardo penetrante e inquieto. Il secondo rimasto sempre a Casa Balla, firmato Ball’Io1940, è realizzato con pastelli di diversi colori e mostra un anziano signore che ci guarda con aria divertita e ironica. Il padre fotografo lo iniziò alla fotografia, un’esperienza fondamentale che lo indirizzò all’attenzione nell’uso della luce e nell’inquadratura dei soggetti. Il ritratto della Signora Crisafi, 1902 pastelli su carta, offre un esempio di come Balla avesse sì assimilato e reinterpretato il Divisionismo nell’uso della luce e dei colori, ma il soggetto è ritratto come in una inquadratura fotografica. Di grande interesse sono gli studi preparatori per le tele del Ciclo dei Viventi realizzate tra il 1902 e il 1905, in esposizione ce ne sono sei: uno si riferisce al Mendicante e cinque alle due diverse versioni della Pazza, quella nella collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e l’altra dispersa. Questi bozzetti mostrano chiaramente quale influenza abbiano avuto le xilografie di Munch che Balla vide all’Esposizione degli Amatori e Cultori di Roma.
La Veduta di Villa Borghese e Elisa al Giardino del lago dello stesso anno sono alcuni degli esempi di come Villa Borghese fosse un tema ricorrente e amato dal pittore. Elisa Marcucci sorella di Alessandro allora ancora fidanzata con il pittore divenne poi sua moglie. Le due opere sono tra le testimonianze della lunga e faticosa fase di transizione al futurismo, documentata anche dalla conoscenza delle cronofotografie che sono alla base di Studio del volo degli uccelli (1910-1912) I due disegni Studio dei Volumi, Velocità astratta e Linea di velocità + forme rumore attestano l’ulteriore evoluzione. Balla aderì al Manifesto Futurista del 1910 su proposta dei suoi ex allievi Boccioni e Severini, ma volle differenziarsi da loro, sia perché non interessato alle innovazioni del Cubismo, sia per non essere un semplice seguace. Cercò faticosamente una sua via di creazione e rappresentazione originale della realtà fisica o psichica attraverso forme geometriche astratte, divenendo così l’esponente di punta del movimento. Una scelta coraggiosa perché era già famoso e quotato, mentre le sue opere futuriste non riscossero allora la stessa adesione.
Canto patriottico in piazza di Siena (1915), opera preparatoria della grande tela omonima in smalto su tela, mostra al centro immersi nell’azzurro del cielo tre parallelepipedi, uno bianco, uno rosso e uno verde che rappresentano il canto che si eleva, mentre il cuneo giallo è il raggio di sole. La Ricostruzione futurista dell’Universo, firmata con Depero suo allievo, si applicò a qualunque aspetto della realtà, tra gli esempi in esposizione, Linee forza di mare, una lunga tempera su carta intelata del 1919, è una interpretazione delle forze della natura. Ci sono anche temi più astratti come le lettere della parola incanto in varie tonalità rosate spezzate da linee grigie in S’è rotto l’incanto, un grande olio su tela esposto per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1926, ma dipinto tra il 1920 e il 1921. La Ricostruzione futurista dell’Universo non comprende solo la pittura e l’architettura ma anche l’arredo d’interni, arti applicate, grafica, moda, fotografia, scenografia, cinema, danza, recitazione. Ricordiamo che Balla creò per Les Balletts Russes di Diaghilev le scene dei Feu d’artifice su musica di Stravinsky, un balletto senza danzatori ma con forme geometriche illuminate da luci intermittenti.
“Nel ‘500 mi chiamavo Leonardo” diceva di sé Balla e la casa di via Oslavia divenne un manifesto futurista e fu mostrata una volta a settimana ai visitatori, venne dipinta pareti e soffitti e arredata con mobili e oggetti di uso comune sempre decorati dal pittore, ma fu anche un laboratorio in cui Balla era il creatore e la moglie Elisa e le figlie, Luce ed Elica, le artigiane che, dai precisi disegni del padre in cui sono indicati anche i colori da usare, realizzano tra l’altro cuscini, tovaglie, vestiti e sciarpe futuriste. In esposizione ci sono vari interessanti disegni che illustrano questa attività familiare. Balla poté contare sulla assoluta dedizione della famiglia, le figlie non si sposarono, rimasero col padre finché visse e fino alla morte furono le custodi delle opere del padre rimaste nell’appartamento.
Alcuni disegni in mostra possono essere riferiti alla decorazione del Bal Tic Tac, il primo cabaret d’avanguardia realizzato in Europa (1921). Balla ebbe anche contatti con il Gruppo Teosofico Romano, Fabio Benzi evidenzia che il Disegno per tovaglia da the (1918) richiama il Tugra (firma o sigillo dei sultani ottomani) di Solimano e riporta la testimonianza della figlia Elica che ricorda che il padre frequentava Nicola D’Urso, che non era solo un calligrafo, ma disegnò anche il frontespizio della rivista Ultra, organo del Gruppo Teosofico Romano. La teosofia non ispirò solo Balla ma anche molti degli esponenti delle avanguardie europee come Goncharova, Malevic, Kandinsky, Mondrian. Il disegno Trasformazione forme spiriti è anche indicativo, sempre Elica lo racconta:” le piramidi delle forme si indirizzano verso il cielo a sinistra, verso destra discende un irraggiamento astrale; in basso appare la curvatura terrestre; in alto nel vortice del cielo si agitano le forme che si sono trasformate purificandosi in spiriti”. La forza vitale natura è un altro tema teosofico molto amato dall’artista sono in esposizione i Balfiore-petunie, Balfiore-rose e Vortice di giardino degli anni venti firmati ancora come Futurballa.
Balla non si unì al successivo “ritorno all’ordine” verso il glorioso passato figurativo italiano ma seguì un’altra strada. Fu sempre attratto dalla modernità e dai nuovi mezzi di comunicazione di massa e volse la sua attenzione alla fotografia dei giornali di moda e dei divi del cinema, come fa notare Benzi fu un precursore del Pop. Un esempio è il dipinto Andiamo che è tardi, di cui è in mostra il disegno preparatorio. L’interesse di Balla per gli effetti fotografici è palese nello splendido Ritratto di Elica, pastelli su cartoncino nero, come su un negativo fotografico spicca in luce il profilo della figlia, come fa notare Elena Gigli attenta autrice di quasi tutte le schede delle opere in catalogo. In mostra ci sono fascinosi dipinti delle figlie in cui rifulgono i colori, Luce nello specchio, Color luce; dissonanze e armonie e Pianticella delicata in cui ritrae la figlia Elica, che ricorda di aver posato su un piede solo, è un olio su tavola, la cui cornice dipinta riprende i colori della tela. Sono in mostra schizzi realistici della natura degli anni trenta e quaranta come Lungo il fiume, Lavori lungo il Tevere e anche schizzi degli anni successivi con vedute di Roma. Sinfonia gialla-gladioli rosa e Ultime rose chiudono questa interessante immersione nel mondo creativo di Balla. Segnaliamo il prezioso e illuminante catalogo della mostra a cura di Fabio Benzi con splendide immagini a colori e le schede delle opere di Elena Gigli, edizioni Manfredi.