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Giselle al Teatro dell'Opera. Il candido tulle delle Villi
La tradizione che avvolge un balletto come Giselle, dal 23 al 28 febbraio 2010 al Teatro dell’Opera di Roma con tre cast differenti, è primieramente romantica: viene spesso accostato a La Sylphide, che lo precede di cinque anni nella coreografia di Bournonville del 1836 e qui viene presentato nelle coreografie di Jean Coralli, Jules Perrot, Marius Petipa, Anton Dolin riprese da Carla Fracci. Sul podio David Garforth per le musiche di Adolphe-Charles Adam.
Due atti contrapposti il primo ed il secondo di Giselle: il primo, agreste, si svolge in un villaggio di contadini dove Giselle s’innamora, ricambiata, del Principe Albrecht, che si aggira però sotto le false vesti di un contadino. Il guardiacaccia Hilarion, innamorato di Giselle, cerca di metterla in guardia ma non ci riesce fino alla scena finale del primo atto, tragica, in cui si vede Giselle roteare sulle punte dal dolore, per poi stramazzare al suolo perduta nella pazzia e nella morte.
La tradizione germanica e quella fantastica qui si fondono nel secondo atto che riguarda le Villi, come racconta Heinrich Heine nel suo saggio La Germania, dove Villi sono le fidanzate morte alla vigilia delle nozze e che Théophile Gautier riprende insieme a Vernoy de Saint-Georges per dare corpo al soggetto di Giselle.
Le Villi ricordano da vicino ed hanno delle strette consonanze antropologico-etimologiche sia con le Figlie del Reno dell’Anello del Nibelungo, sia con la Rusalka (1901) di Antonín Dvořák, che prende il nome da queste creature mitologiche associate ai fiumi ed ai laghi, più genericamente ondine dell’omonimo balletto Ondine di Frederick Ashton su musica di Henze. In proposito suggerisco la lettura del mio articolo su La figlia del Danubio – musicata un anno prima nel 1835 da Adolphe-Charles Adam - antesignana di Giselle allestita all’Opera di Roma nell’aprile del 2008 ed anche della mia recensione su Rusalka, allestita sempre all’Opera di Roma un mese prima, nel febbraio del 2008. In entrambi gli articoli approfondisco il tema, sia delle origini sia quello della parentela con altre creature mitologiche.
Le Villi di origine slava (veela, villi, o willi o vila) sono una sorta di fate votate alla danza nel balletto Giselle, con cui cercano di portare allo sfinimento Albrecht colpevole di aver condotto alla morte per amore la povera Giselle, vittima dell’inganno del Principe. Come in Rusalka e in La figlia del Danubio, il principe si salverà grazie all’intervento dell’innamorata che, in una boschiva cornice composta dal candido tulle delle ballerine Villi, attenderà l’arrivo del sole insieme ad Albrecht per poi rifugiarsi nella foresta insieme alle compagne. Puccini ne trasse ispirazione per l’opera Le Villi con soggetto di Fontana dal racconto di Alphonse Karr Les Willis (1852), ricavato espressamente da questo balletto.
La performance del cast americano con Robert Tewsley e Ashley Bouder (Albrecht e Giselle) del New York City Ballet è stata leggera e soave, sia nel primo che nel secondo atto ha incantato per il suo essere segretamente effimero come richiedeva la coreografia del balletto ricreata da Carla Fracci. Le loro volute aeree si sono elevate sulla musica condotta con discreta maestria da David Garforth. Scene e costumi notevoli di Anna Anni.