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ICA Classics. Arrau suona Chopin e Beethoven secondo Klemperer e von Dohnanyi
L'etichetta ICA Classics ripropone due interessanti registrazioni di Arrau: il primo concerto di Chopin ed il quarto di Beethoven, con la Kölner Rundfunk-Sinfonie-Orchester diretta, per Chopin da Otto Klemperer e, per Beethoven, da Christoph von Dohnanyi (due miti della direzione che rendono il CD ulteriormente prestigioso).
Chi affronta lo studio di uno strumento, oltre ad acquisire ed affinare le doti tecniche necessarie per affrontare il repertorio si dedica, o dovrebbe dedicarsi, nelle ore e negli anni passati a studiare, allo studio ed alla conoscenza di quanto grandi interpreti del passato hanno lasciato con le loro registrazioni discografiche.
Lo studio, ancorché cammino personale, non può prescindere da quello che coloro, intraprendendo lo stesso cammino, hanno raggiunto. La conoscenza dei traguardi non per imitare ma per aspirare a raggiungerne altri. È un concetto valido per qualsiasi attività umana ma nel campo della musica estremamente affascinante. Nel panorama dei grandi pianisti del passato alcuni nomi, già leggendari ancora in vita, hanno assunto l'alone del mito dopo la morte. Backhaus, Rubinstein, Magaloff, Cziffra, Horowitz, Gilels, Claudio Arrau... Proprio con una registrazione di quest'ultimo è nostra intenzione iniziare una serie di recensioni di CD con celebri brani del repertorio solistico e con orchestra nell'esecuzione di grandi pianisti del recente passato.
L'etichetta ICA Classics ripropone due interessanti registrazioni di Arrau: il primo concerto di Chopin ed il quarto di Beethoven, con la Kölner Rundfunk-Sinfonie-Orchester diretta, per Chopin da Otto Klemperer e, per Beethoven, da Christoph von Dohnanyi ( due miti della direzione che rendono il CD ulteriormente prestigioso).
Ricordare come Arrau sia stato il pianista con il repertorio probabilmente più vasto di tutti i tempi e come abbia attraversato il secolo XX, lasciando un segno indelebile nella storia del concertismo, è probabilmente superfluo, ma è forse importante tenerlo a mente per sottolineare come la sua conoscenza pressoché completa del repertorio gli consentisse di avere una visione prospettica globale utile all'”interpretazione” dell'opera artistica di volta in volta affrontata come forse nessun altro prima e dopo di lui. Dotato di una tecnica prodigiosa, non ha mai ostentato questa dote, tenendola sempre al servizio delle finalità espressive.
Nel concerto di Chopin emerge con chiarezza questo suo approccio: sostenuto da un'orchestra anche fin troppo corposa sotto la direzione di Klemperer, si preoccupa di “suonare” Chopin, nel senso più nobile del termine, attirando l'attenzione dell'ascoltatore sulla bellezza e poesia delle frasi, che scorrono senza dar la sensazione di difficoltà o virtuosismo, elemento questo del resto lontano anni luce dall'estetica chopiniana. In questo modo la passione del primo movimento, la languida e poetica malinconia del secondo ed il travolgente ultimo movimento si dipanano con disarmante spontaneità, come una sorta d'ispirata improvvisazione. Anche nel Quarto Concerto di Beethoven, da molti considerato il più bello per ispirazione ed originalità nella costruzione, la tecnica di Arrau si adatta perfettamente alla scrittura dell'autore il quale, giova ricordarlo, nasceva anche come pianista esecutore che aveva conosciuto, affrontato e sviluppato la tecnica pianistica.
Tutto il repertorio tipicamente beethoveniano con scale, ottave spezzate, doppie terze ed arpeggi è presente nel concerto, ed Arrau, anche in questo caso, non desidera far notare come risolva con facilità anche i passi più ostici, ma cura al massimo, con una lettura asciutta e precisa, i fraseggi interni delle frasi, esaltando i tipici sbalzi di umore e di sonorità dell'autore. Il secondo movimento, uno dei capolavori della letteratura per pianoforte orchestra, è una sorta di dialogo fra l'uomo e la divinità, esaltato in questo caso da una sonorità umile e sottomessa del pianoforte contrapposta alla massa orchestrale corposa e solenne.
Emozionante la conclusione, con l'accordo sospeso del pianoforte che chiude con la risoluzione finale, una sorta di rilassamento e sonno ristoratore dopo una serie troppo forte di emozioni. Il Rondò finale ha la stessa atmosfera gioiosa e trionfante dell'ultimo movimento della terza sinfonia, scritta peraltro nello stesso periodo. Arrau fa esplodere in questo movimento il Beethoven che riusciva a trascinare all'entusiasmo il pubblico in un trionfo di frasi, arpeggi e doppi trilli che si rincorrono sino alla fine e nelle quali il pianoforte sembra voglia con forza affermare il suo essere solista e protagonista assoluto della scena.