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Inca a Brescia. Origine e misteri delle civiltà dell'oro
Nel museo di Santa Giulia a Brescia una mostra sugli Inca dettagliata e comprensiva di una lettura non solo storica, ma anche simbolica, parte dagli oggetti di decorazione fino ad arrivare ad un intero complesso funerario. La mostra comprende inoltre gli sviluppi della cosiddetta arte novoispanica introdotta dall’arrivo degli europei. Fino al 27 giugno 2010.
Santa Giulia, il complesso museale sorto negli splendidi spazi dell’omonimo monastero benedettino, suggerisce quest’anno un percorso del tutto diverso rispetto alle mostre degli anni scorsi. Abbandonati i grandi nomi e temi della pittura, salgono alla ribalta i preziosi manufatti delle civiltà Inca.
Non è un mero catalogo di oggetti: si tratta piuttosto dell'inserimento del singolo dettaglio in un più ampio discorso, dal quale emergono con chiarezza usi, costumi, credenze, stili di vita delle popolazioni Inca sino alla loro caduta, avvenuta nel 1532 ad opera dei conquistadores spagnoli guidati da Francisco Pizarro. Si susseguono, così, narigueras (oggetti decorativi da applicare alle narici), orecchini, collane, coltelli sacrificali, stampi, vasi, maschere, corone, strumenti musicali, recipienti per l’acqua, spesso impreziositi da raffinate lavorazioni d’oro e pietre preziose incastonate.
Superata l’ammirazione per l’abilità tecnica, ci si può addentrare nel complesso sistema di simboli che riportano agli elementi fondamentali della vita e dell’organizzazione culturale Inca: ossia aria, terra, acqua e fuoco. Gli animali raffigurati sui manufatti sono, infatti, messaggeri per un aldilà superiore o inferiore al piano umano, tramite verso il divino. Il quotidiano è così sorvegliato dal divino, raffigurato negli eventi della natura non dominabili dall’uomo, bensì fonte di stupore, probabilmente, e di adorazione.
La gestione politica dei rapporti tra le varie popolazioni era ugualmente sottomessa a un complesso rituale che vede nell’evento bellico l’ultima possibilità e non la soluzione immediata ed efficace. Affascinante la descrizione della scoperta di un complesso funerario contenente una, probabile, principessa Inca e il suo corredo perfettamente mantenuto, mentre stupisce quella sorta di registro degli eventi costituito da un numero diverso di nodi e cordicelle di vario colore: non avendo scoperto la scrittura avevano ideato una soluzione alternativa della quale, ad oggi, non si ha chiaro il funzionamento.
Completa la mostra un suggerimento circa gli sviluppi dell’arte dopo l’arrivo degli europei: dipinti, per lo più, a soggetto mistico-religioso, che si suole etichettare come scuola novoispanica. Dai colori sgargianti e dalla ricchezza barocca, sono un chiaro esempio d’arte europea riletta con gusto del tutto straniante.
Utilissime e consigliate le audioguide e parimenti interessante completare la visita con uno sguardo, oltre che al complesso museale di Santa Giulia, anche alla selezione di opere appartenenti alla Pinacoteca Tosio Martinengo ora in ristrutturazione. Si rimane così affascinati da due piccole tele di Raffaello (Angelo e Cristo Redentore benedicente), dalla Natività di Lorenzo Lotto, da due ritratti di Giovanni Battista Moroni, dai popolani del Pitocchetto ed infine dalla raffinata e soffusa Giunone di Andrea Appiani.