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John Eliot Gardiner esegue Bach e Mozart nel Duomo di Pisa
Giovedì 24 settembre 2015, alle ore 21.00, nell'impareggiabile ed emozionante contesto che è la Cattedrale di Pisa, l'English Baroque Soloists ed il Monteverdi Choir, “creature” di John Eliot Gardiner, hanno offerto sotto la sua direzione un concerto memorabile al pubblico che affollava la chiesa in ogni angolo disponibile. In programma la Cantata funebre BWV 198 di Johann Sebastian Bach, il Requiem K626 e l'Ave Verum Corpus K618 di Wolfang Amadeus Mozart.
Il concerto era l'appuntamento conclusivo del ciclo “Anima Mundi 2015”, XV Rassegna di Musica Sacra a cura dell’Opera della Primaziale Pisana, che si è svolto a Pisa dal 12 al 24 settembre, organizzato come sempre dall’Opera della Primaziale Pisana, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato e dal Comune di Pisa. Nato nel 2001 da un'idea artistica del Maestro Giuseppe Sinopoli, dal 2006 è impostata sotto la prestigiosa direzione artistica di Sir John Eliot Gardiner, il quale in ogni edizione regala agli appassionati la possibilità di ascoltare sotto la sua direzione nel concerto finale del ciclo capolavori assoluti magistralmente interpretati
Il programma è stato aperto dalla Cantata Funebre “Laß, Fürstin, laß noch einen Strahl” BWV 198 di J.S. Bach. Composizione raffinata e particolarmente curata nell'impasto timbrico e nell'utilizzo della compagine strumentale (anche se in Bach è sempre difficile creare graduatorie di qualità musicale e perfezione formale, qualsiasi sia il brano od il genere preso in considerazione) è stato eseguito, seguendo la prassi filologica, con accordatura a 415.
Sin dall'attacco del coro iniziale è emersa la straordinaria sintonia fra intenzioni e visione musicale del direttore, come sempre esaltati da un gesto efficacissimo, preciso e coinvolgente, il coro e gli strumentisti. La presenza di strumenti come i flauti traversieri, le viole da gamba e due liuti, fondamentali nell'impasto sonoro ma non certo invadenti come sonorità, per la grandezza dell'ambiente hanno forse impedito a chi non aveva la fortuna di trovarsi nelle file più vicine di apprezzare completamente la perizia degli esecutori e la bellezza della lettura musicale. Semplice osservazione e non certo critica negativa, poiché in ogni caso, anche per gli ascoltatori più distanti, il risultato è stato emozionante ed entusiasticamente apprezzato al termine dell'esecuzione.
Sia nel Bach sia nei successivi brani mozartiani come previsto è stato ottimo il coro ed anche i solisti: il soprano Hannah Morrison (emozionanti le dinamiche al limite dell'udibile), i contralti Eleanor Minney e Kate Symonds Joy, il tenore Gareth Treseder (raffinatissimo nelle agilità) ed i bassi Robert Ashworth, Robert Davies e David Shipley.
Terminata l'esecuzione della cantata bachiana con interminabili minuti di applausi, dopo la riaccordatura dell'ensemble con il la a 432 e la comparsa di nuovi strumenti (tromboni, trombe, corni di bassetto, fagotti e timpani) previsti nella partitura mozartiana, le note del Requiem hanno cominciato a diffondersi nella cattedrale e chi scrive da questo momento comincia a trovarsi in difficoltà dovendo in qualche modo trasmettere emozioni e trovare aggettivi adeguati.
Come già forse già scritto in occasione di altri concerti di livello assoluto come questo e soprattutto avendo a che fare con capolavori mozartiani, il pensiero che emerge è quale dev'essere, o meglio “può” essere, l'atteggiamento di colui che, ascoltando, deve “criticare” nell'accezione tipica del termine, relazionare cioè sull'esecuzione di uno o più brani ed esprimere una valutazione sulla perizia degli esecutori. Pressochè impossibile con esecuzioni come queste trovare appigli per appunti negativi.
In questi casi potrebbe essere facile ricordare e sottolineare la genesi del Requiem, diventata quasi leggendaria, ma suggerire un atteggiamento di malinconico stupore sull'ultima composizione del maestro in fin di vita sarebbe sleale nei confronti di Mozart, che non merita certo un approccio simile, men che meno con esecuzioni straordinarie come quella offerta da Gardiner, che ci ricorda come la musica di Mozart è sempre ed in ogni caso puro linguaggio dell'anima che parla all'anima dell'ascoltatore.
Forse bisogna tenere conto o cercare di capire quale fosse la visione ed il pensiero mozartiano sulla vita e su ciò che ci attende al termine di essa. Allora forse ogni sezione (evitando di cadere nella sterile elencazione di quante battute siano effettivamente originali o ricostruite) diventa un passo di un percorso e di un cammino di un pellegrino che riflette sul valore della propria esistenza di fronte al giudizio divino. Mozart oltre al Requiem ha scritto brani straordinari di musica sacra ed aveva e viveva una religiosità particolare e personale, in apparenza distaccata ma molto profonda nella considerazione dei valori essenziali dell'animo umano e del rapporto con la morte.
Queste riflessioni, che non indugiano sulla descrizione di una sezione piuttosto che un'altra del Requiem, o sulla scelta dei tempi e delle dinamiche, riescono forse a far capire che con esecuzioni del genere il messaggio più profondo ed intimo di una composizione strumentale, in particolare modo di Mozart, accompagnano la mente ed il cuore in un universo affascinante, e l'aspetto puramente esecutivo diventa un tramite per esplorarlo.
Si è già detto, ma è doveroso ripeterlo, della straordinaria perizia del coro, dei solisti e degli strumentisti. Così come annunciato ad inizio concerto, al termine del Requiem, con il pubblico ancora avvolto da una grande emozione, tutto l'ensemble ed il coro si sono spostati dalla parte opposta della chiesa, davanti all'ingresso, per eseguire, splendidamente, l'Ave Verum K618. Un modo inusuale per concludere un concerto ma perfetto in questo caso per “possedere” fisicamente tutto lo spazio della chiesa, dall'altare all'ingresso, permeando ogni pietra della sua struttura di una musica divina. Applausi interminabili. Chissà cosa ci regalerà il prossimo anno Sir John Eliot Gardiner.