L’heure exquise al Teatro Nazionale. La stretta oscura del desiderio

Articolo di: 
Livia Bidoli
Carla Fracci e Micha Van Hoecke

Dal 26 febbraio al 2 marzo 2010 con una recita per le scuole, L’heure exquise di Samuel Beckett nella versione di Maurice Bejart scritta per Carla Fracci e Micha Van Hoecke è stata presentata al Teatro Nazionale di Roma. La ripresa della regia e coreografia di Bejart l’ha eseguita Yoko Wakabajashi con l’allestimento scenico di Roger Bernard, i costumi di Luisa Spinatelli ed il disegno luci di Patrizio Maggi.

Circa dieci anni fa ho visto Giorni felici, così era chiamato allora Oh les beaux jours, classico doppio titolo inglese-francese per la doppia identità linguistica e culturale di Samuel Beckett che ne è l’autore. Era al Teatro deell’Unione di Viterbo con gli stessi protagonisti, difatti nel 1998 era stato allestito per il Festival Torino Danza.

Il testo di Beckett, come tutti i suoi, è scarno, ed il suo valore fondamentale è proprio nel non dire qualcosa che è sotteso all’intero spettacolo, l’incomunicabilità, piuttosto di aggredire il pubblico con l’evidenza e la sostanza dell’incapacità del dialogo fra un marito ed una moglie giunti alla vecchiaia. Ecco il motivo del titolo “Oh i giorni felici”, con riferimento e anafora rievocativa di ciò che è perduto nella montagna di scarpette che affossa Carla Fracci-Winnie in un pigiama rosa e fino alla vita. Will-Micha Van Hoecke è lì sotto, ad atterrare su un terreno fragile come possono esserlo gli emblemi di un lavoro giunto al suo termine, necessaria apoteosi per tutti, giusto passar di consegne a chi ha la forza e le energie per continuare a tessere le fila di un destino che le parche approvvigionano per tutti, bravi e meno bravi.

Questo il senso del dramma di Beckett: l’assurdo per colui che scrive è il dramma della comune fragilità umana, di un’essenza racchiusa in un ricordo da riverberare ad infinitum, pulsazioni che sommergono di sale le ferite, e la musica sfuggente di Von Webern a sottolinearlo, ed appaiono ancor più meste di ora in ora, “per la dolce memoria di quel giorno”, di tanti giorni felici. Nella borsa un paio di scarpette ed una pistola: sarebbe una sconfitta adoperarla, e allora la si mette via soltanto per minacciare di usarla di tanto in tanto, una minaccia per gli altri, per punirli forse di non essere anche loro, tutti, su quel palco che è la vita verso la propria fine.

Canta Carla Fracci da La vedova allegra di Léhar: “L'heure exquise (il titolo che ha scelto Bejart, N. d. R.), la caresse, la promesse du moment, l’étreinte de nos désirs”, (l’ora squisita, la carezza, la promessa del momento, l’abbraccio dei nostri desideri), un abbraccio pericoloso, una guaina che confonde e che fa maledire a Winnie la mobilità, la stretta avversa dell’energia che implode e si sfalda nel ricordo di giorni un tempo felicemente dinamici. Il tulle non basterà a sommergere di candore la ballerina di allora, il cilindro di Micha non svelerà che uno specchio oscuro dove nessuno potrà mai riflettersi se non per un breve colpo di luce.

Pubblicato in: 
GN9 Anno II 3 marzo 2010
Scheda
Titolo completo: 

L’heure exquise - Teatro Nazionale di Roma

Liberamente tratto da Oh, les beaux jours! di Samuel Beckett

Dal 26 febbraio al 2 marzo 2010 - spettacolo del 28 febbraio

Regia e coreografia Maurice Béjart
ripresa da Yoko Wakabayashi
Allestimento scenico Roger Bernard
Costumi Luisa Spinatelli

interpreti
Carla Fracci e Micha van Hoecke