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L’ultimo dominatore dell’aria. Dharma for Aang
I quattro elementi si mischiano in questo ultimo film diretto da M.Night Shyamalan, dove un giovane e vero campione di Taekwondo, ovvero il protagonista Noah Ringer nelle vesti di Aang, incomincia un’impresa di riconciliazione tra le nazioni simbolo di aria, acqua, terra e fuoco, dando esito ad un sequel preannunciato dalle ultime scene di L’ultimo dominatore dell’aria.
Aang è un avatar, ovvero la divinità resasi presente fisicamente nel mondo per ristabilirne l’armonia, il Dharma in sanscrito, che mi fa risuonare le note di una armonicamente affine canzone dei Jethro Tull intitolata Dharma for one, (compare nel primo album del 1968 ed è stata più volte ripresa, in particolare nel memorabile concerto nell’Isola di Wight del 1970 – il cui titolo completo è Nothing Is Easy: Live at the Isle of Wight 1970 – pubblicato sotto forma di cd nel 2004): “Dharma, seek and you will find truth within your mind, Dharma.” (Dharma, cerca e troverai la verità nella tua mente, Dharma, trad. mia).
Il dharma in breve è la legge cosmica o legge naturale, nelle filosofie e religioni di lingua indiana cui il film è chiaramente ispirato, perduto nel film da oltre un secolo, ovvero da quando è stato eliminato l’ultimo dominatore dell’aria dalla Nazione del Fuoco. I dominatori sono coloro che hanno la capacità di dominare – quindi di servirsi ed assoggettare al proprio volere – uno dei quattro elementi. Aang, scoperto incidentalemente da Katara (Nicola Peltz), dominatrice dell’acqua, e da suo fratello Sokka (Jackson Rathbone), è il superstite della specie dei dominatori dell’aria nonché l’avatar in grado di poter ricongiungere in equilibrio le quattro nazioni. Nella sua missione si troverà a combattere il giovane figlio del re del Fuoco, Dev Patel nel personaggio del Principe Zuko, e alleate le altre nazioni: in parte sottomesse in parte tuttora libere.
La storia di Aang è ripresa dalla fortunata serie televisiva Avatar – La leggenda di Aang, e ne conosce anche i limiti. Il film è straordinario per le location, a partire dalla Groenlandia dove sono girate tutte le scene sui ghiacciai e le meravigliose roccaforti ricostruite con uno sguardo alle città della Russia, in particolare la città-castello della Terra delle Acque del Nord. Le scenografie di Philip Messina sono affascinanti e rapiscono insieme alla vivacità dei costumi di Judianna Mankovsky, entrambi valorizzati dalla fotografia di Andrew Lesnie. Quello che sembra mancare, ad un action movie come questo firmato da Shyamalan è proprio l’approfondimento: i temi di cui tratta nel film sono cari al regista, che qui come negli altri suoi film è anche autore del soggetto e della sceneggiatura, e conosciuti, però si situano in un parlato ed in linguaggio ben diverso per esempio, da quello di The Village (2004). Possiamo indovinare che, essendo un prequel, si è maggiormente tenuto conto della sua natura seriale piuttosto di quella unica di film come Lady in the Water (2006) od Il sesto senso con cui è esploso nel 1999.