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Lucca. Alle radici della città del futuro
“Il mezzo è il messaggio”, come asseriva Marshall McLuhan, e nel caso della città lo è interamente, aggiungo io. Così, seguendo i percorsi dei flâneurs di Walter Benjamin, capiremo meglio ed in profondità che, la mostra della Collezione Italo Rota alla Fondazione Ragghianti di Lucca, intitolata “Pianeta città. Arti cinema musica design nella Collezione Rota 1900-2021”, in programma dal 9 luglio al 24 ottobre 2021, ci offre un percorso cognitivo e culturale denso ed ipnotico quanto le suggestioni di quell''inizio Novecento da cui parte per la descrizione e l'iconografia.
La mostra è multidisciplinare e si dipana simbolicamente - ma c'è qualche tassello che data fine '800 - da quel 1919 col nome di Walter Gropius fondatore del Bauhaus, fino alle visioni dal futuro possibile, passando per il nazismo, la scoperta dello spazio ed innumerevoli viaggi, utopici e distopici anche sotto la lente lisergica di Timothy Leary e di pubblicazioni anni '60/'70 come Oracle o Oz, e gli stessi Beatles ritratti lisergicamente da Richard Avedon.
Si comincia con la motorizzazione della città col modellino della Lehmann a far da apripista a fine '800 e subito dopo con le strutture industriali della città, fondamento dell'architettura moderna ed i volumi di Otto Wagner o Henry van der Velde ed il dipinto di Antonio Sant'Elia del Progetto per la Nuova stazione di Milano (1914), fino a Giacomo Balla e la Ricostruzione Futurista dell'universo (1915). Poi, ecco il grande percorso iconografico sul Bauhaus dal 1919 al 1928 per gli anni clou. Sentiamo ora però, dalle stesse parole di Italo Rota – architetto conosciutissimo, dall'Expo di Milano del 2015 al Parlamento Europeo alla casa di Roberto Cavalli, solo per citare tre illustri commissioni - la sua visione del futuro della città, partendo da uno stralcio a sua firma dal catalogo, il capitolo “Collezionare la città”: “Oggi si sta capendo che l'umanità sta andando verso una decrescita del numero di abitanti. La Cina, per esempio, è stabile, e quando la popolazione è stabile significa automaticamente che entra in un periodo di decrescita. (…) Questo alleggerirà un po' la città e le renderà meno bisognose di nuovi volumi. (…) Un altro tema è legato alla rappresentanza. E' chiaro che la nostra democrazia oggi non assolve piu' in maniera corretta e sufficiente a questa problematica. Gli strumenti di oggi sono lasciati alla maturità della collettività. Se la collettività è matura, decide di correre e di crescere: in pratica si autogoverna, e le ammnistrazioni seguono la società.” (pp. 54-55 del catalogo Pianeta Città pubblicato dalla Fondazione Ragghianti).
A proposito di digitale e del tema dell'ibridazione, Italo Rota ha annunciato in conferenza stampa che ci saranno due nuove sezioni in autunno, l'una dedicata ai videogames e l'altra alla cibernetica, ed ha aggiunto che: “Tutte le dittature si occupano di giochi per acquisire e sondare il consenso: ci saranno i giochi progettati da Hitler, questo va preso come un esercizio, il passato recente serve solo a ripensare il futuro, che coinvolge tutti gli esseri viventi: abbiamo un destino comune, l'ibridazione, stiamo andando verso queste nuove frontiere.”
Al che ho posto una domanda concernente il tema, piuttosto sensibile oggi: “Come mantenere intatto l'essere umano nell'ibridazione cui ha fatto cenno lei prima? Quali sono i pericoli legati all'introduzione di chip nel cervello come progettato da Neuralink di Elon Musk?”
Italo Rota risponde così: “Nessuno possiede la risposta, bisogna sorvegliare la pratica. I limiti sono difficilmente definibili: gli umani si stanno ibridando con la tecnologia, così la natura, siamo in una fase del tutto nuova e piuttosto importante in cui è difficile distinguere le varie forme di vita. Stiamo imparando a capire che queste sono forme estremamente intelligenti. La natura stessa si sta ibridando anche in città, con la sua invasione, che è il suo lavoro creativo. L'ibridazione ci consentirà di cambiare molti pezzi: senza una fabbrica di tessuti ed organi non si potrà andare su Marte ed i robot produrranno nuovi posti di lavoro.”
Il discorso prosegue sia nella mostra, in cui osserviamo come i primi libri sulla cibernetica sono cimeli in mostra quanto il libro di Walt Disney “Tomorrow the Moon” (1959) o l'ometto atomico di Stefan Sagmeister sul frontespizio di Another Book...(About Promotion & Sales Material), ed ancora come ci spiega meglio Franco La Cecla nel catalogo nel capitolo “Una visione dal futuro”: “Il progetto La nuova Via della Seta risponde ad una nuova idea di globalizzazione, tutta cinese, connessa alla capacità imprenditoriale di uso dell'intelligenza digitale. (…) Non sappiamo se dietro queste premesse ci sia soltanto una pretesa di controllo sociale ed economico (…) La Cina si pone però all'avanguardia tecnologica nel campo delle infrastrutture e del digitale e si presenta come gigante tecnologico. (…) I modelli di concentrazione urbana sviluppati nella Cina degli ultimi vent'anni sono completamente contro-produttivi. E non è un caso che il contagio si sia sviluppato con tanta velocità proprio in Cina e che il lockdown (segregazione, N.d.C.) abbia preso un aspetto quasi apocalittico. Chiudere milioni di persone nelle proprie celle è stato per un verso piu' semplice, ma per un altro ha avuto un costo umano, sociale, e forse anche politico altissimo.(...) Oggi siamo in una situazione drammatica (…) in un futuro dopo la fine del petrolio (…) l'obiettivo è la totale autonomia dai combustibili fossili. Obiettivo che la Cina sta già raggiungendo. (…) La fragilizzazione delle vie respiratorie dovuta all'inquinamento atmosferico è una delle cause della bassa immunità al Covid-19. (…) Una città “sana” è una città in cui la popolazione possa stare all'aperto per buona parte dell'anno, respirando un'aria “risanata.” (pp. 311 e ssgg.).
Concludendo, l'urbanizzazione, che è stata voluta e costruita dall'uomo, come ben afferma Aldo Colonnetti prima della visita alla mostra, è tutta figlia della Cultura, è quest'ultima che traduce le città. Il punto è che le città possono essere utopiche come quella di Thomas More (Utopia, 1516), ovvero ideali; oppure distopiche come quella che, ancora citando Franco La Cecla: “Lo spettro che ogni visione progettata obbedisca alla follia di nuovi dittatori, di nuovi super-ego convinti di poter decidere della vita di milioni di persone. Questa matrice, opposta a quella utopica, ma spesso tanto simile, è quella che deve farci oggi piu' paura. Se il sogno della città futura, della città post-Covid è sognato da igienisti, medici, assicuratori e polizia, allora non sarà molto diverso dalla devastazione che la rivoluzione industriale ha portato nella città gotica. Oggi pochi ricordano che furono le scelte “sanitarie” della fine dell'Ottocento a provocare buona parte delle grandi pandemie, dal colera alla peste, alla rosolia, alla spagnola. (Si riferisce prima di tutto all'aver adottato la meccanica dei liquidi di Harvey per le fognature, in particolare ma non solo, N.d.C.). Affidarsi, per la città post-Covid, all'”ingegneria sanitaria”, significa trasformare le nostre città in cliniche, in immensi ospedali che trattano i cittadini come pazienti. Le file ad attendere il vaccino hanno sostituito le file per entrare nei cinema, nei teatri, e nei luoghi della rappresentanza politica. (…) La nascita della clinica è dovuta non a motivi di cura, ma al bisogno di avere una concentrazione di casi da studiare. E oggi sappiamo a che cosa porti la concentrazione di corpi malati in un solo posto. Se non vogliamo trasformare le nostre città in lazzaretti (…) dobbiamo tornare ad una visione del mondo piu' “rotonda” della convivenza umana.” (p.220).
L'ultima parte dell'esposizione mostra un olio su tela dal titolo Ora X di Davide La Rocca del 2009: un bambino ed una bambina che, accovacciati su un materassino in mezzo al mare, si guardano, mentre sullo sfondo esplode un fungo atomico. Qualcosa di propedeutico per tutti: guardarsi intorno prima che le cose accadano senza nemmeno accorgersene, esattamente come è accaduto circa sedici mesi fa, a marzo 2020, e cercare di individuare prima, non solo l'Ora X, bensì anticiparla e porre un freno a politiche che hanno causato danni senza portare alcun beneficio verificabile, razionalmente ed a conti fatti.