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Maleficent. La strega diventa eroina femminista
Le fiabe, antenate del genere fantasy che da loro ha preso atmosfere e personaggi, stanno vivendo un momento di grande interesse e fortuna nell’immaginario di film, telefilm e fumetti, e dopo le due versioni di Biancaneve, gli Hansel e Gretel guerrieri e la Cappuccetto rosso pro lupi, è il momento della rilettura di una fiaba come La bella addormentata, che divide forse con Cenerentola quella di essere stata considerata per secoli simbolo archetipo della sottomissione femminile.
Effettivamente le prime versioni della fiaba sono a dir poco sconcertanti, visto che secondo il nostro Basile la povera bella addormentata veniva stuprata nel sonno dal principe e si sveglia solo quando partorisce e per Perrault doveva poi difendersi da una suocera proto Hannibal Lecter che voleva mangiarla con i suoi due bambini, Anche Anne Rice non aveva fatto granché per rivalutare la storia e il personaggio, raccontantone una versione in cui Aurora diventava il bersaglio di sadomaso spinto, perpetuando l’archetipo di passività e sottomissione.
In mezzo, a dire il vero, c’era stato il film della Disney del 1959, dove accanto alla principessa Aurora era emersa una cattiva degna di questo nome, la strega Malefica, diventata e rimasta un’icona al punto da apparire, oltre che nei parchi tematici, anche in videogame e storie più recenti come emblema però di un male assoluto, perché che cos’è chi condanna ad un destino orribile per una semplice questione di orgoglio una creatura innocente, se non una cattiva?
Angelina Jolie, da sempre fan di Malefica, ha voluto interpretarla sul grande schermo, in una storia che stravolge quella originale, dando nuova linfa a questa cattiva assoluta, anche se molto affascinante. Se una rivalutazione della regina di Biancaneve risultava impossibile, anche se Julia Roberts e Charlize Theron nei due film realizzati erano comunque più carismatiche delle scialbe protagoniste (ma forse per questo ci sta pensando il serial Once upon a time), per Malefica, o Maleficent, il discorso è diverso, perché si parte da premesse diverse, presentando la storia di una fata della Brughiera, tradita e ferita dall’umano Stefano, il vero cattivo della vicenda, al punto da lanciare su sua figlia appena nata e comunque innocente una maledizione terribile, ma capace poi di affezionarsi alla bimba man mano che cresce e di capire che un altro mondo e un’altra vita sono possibili.
Del resto, dietro alla storia del film c’è la sceneggiatrice femminista Linda Woolverton, che ha nel suo curriculum la Bella amante della lettura che snobbava il belloccio maschilista Gaston ma restava affascinata dalla Bestia che le regalava una biblioteca intera, e la Alice di Burton guerriera e ribelle contro le convenzioni vittoriane, e quindi c’era da aspettarsi delle sorprese: interessante che queste sorprese abbiano colpito non tanto Aurora, meno insopportabile di come poteva essere, ma Malefica.
Certo, i puristi storceranno il naso, ma d’altro canto si viene avvisati prima che il film racconta non la storia originale ma una storia diversa, affidandosi ad effetti speciali che comunque non sovrastano la storia, ma anche a diverse strizzate d’occhio al fantasy, da Tolkien secondo Peter Jackson (ma come mai i draghi sono sempre viverne e mai draghi veri e propri?) alle illustrazioni di Brian Froud, passando per Game of Thrones e l’arte vittoriana di Arthur Rackham.
Peccato solo che in questa visione decisamente femminista della storia della Bella Addormentata, dove Malefica è una buona che diventa cattiva per poi riscoprire il bene e Aurora una protagonista aperta al mondo, curiosa e pronta a ribellarsi al patriarcato, non trovino un posto le tre fatine, ridotte a tre macchiette abbastanza stupide, tenendo conto tra l’altro che una delle tre ha il volto dell’ottima Imelda Staunton. Ma non si può avere tutto.