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La Maraviglia di Garrone nel Racconto dei racconti
"E' del poeta il fin la meraviglia": è una delle massime del poeta barocco G.B.Marino, coevo di Gianbattista Basile, fonte di ispirazione del nuovo film di Matteo Garrone Il Racconto dei racconti, che prende spunto "Dallo cunto delli cunti" (1634) e ne ricava una fiaba horror sontuosa per immagini e sintetica per narrazione.
Numerose le ispirazioni visive del pittore Garrone, desunte sia dal passato quanto dal presente, che ne fanno un dotto citazionista: dai Capricci del Goya "macabro e ironico come Basile" all'estetismo preraffaellita di Alma-Tadema nella scena dell'orgia, al cinema artigianale e gotico di Mario Bava, dall'armata Brancaleone ai Picari all'attuale trendy Trono di Spade. E come non menzionarre il Casanova di Fellini e soprattutto la visionarietà estrema di David Cronemberg ma il tutto filtrato attraverso il suo sguardo onnivoro da cineasta colto e curioso. E che dire del casco da palombaro indossato da John C. Reilly che ci riporta al migliore Verne.
L'incipit del film è di chiara matrice partenopea in una piazza assolata e piena di carrettieri, cavalli, picari, saltimbanchi tutto visto in soggettiva attraverso gli occhi di un clown, lasciano presagire un fantasy smarcato dai dettami del digitale per ricercare si la meraviglia e l'impossibile ma sempre con un afflato venato dal tema esistenziale della realtà in una mescolanza paritetica tra realismo e dimenzione fantastica, il tutto filtrato dall'autore e dalla sua sapienza cromatica e pittoricità plastica. Quindi l'artificio delle immagini al servizio della verità che rappresentano. Nelle sue precedenti pellicole Garrone parte dalla realtà per raggiungere la magia, in questa occasione il processo è stato l'inverso. Dei cinquanta racconti di Basile ne sono stati scelti ed estrapolati tre, La vecchia scorticata (che fa tanto riflettere sull'attuale chirurgia estetica) La pulce e La cerva fatata. Il desiderio dei personaggi è il volano che permette al nostro, di arrivare alla sua ossessione, la trasformazione dei loro corpi (già presente nel suo L'imbalsamatore).
Altamente meritorio è l'apporto dello scenografo Dimitri Capuani che invece di avvalersi della tecnica CGI (computer-generated imagery), crea materialmente i mostri e le altre creature (un drago albino, una pulce gigante, un orco e un enorme cuore sanguinolento) artigianalmente con ben altro impatto sullo spettatore. Inizialmente dovevano girarlo in dialetto napoletano, ma poi si è pensato alla lingua inglese visto il budget alto (12 milioni di euro) quindi di conseguenza la scelta di attori stranieri: nell'episodio "La Regina" Salma Hayek; John Reilly Re di Selvascura, Toby Jones Re di Altomonte nell'episodio "La Pulce" e infine nelle "Due Vecchie" Vincent Cassel è il Re di Roccaforte.
La scena finale è ambientata a Castel del Monte (Puglia) dove nel cortile si ritrovano tutti i protagonisti delle vicende mentre sopra le loro teste un funambolo attraversa su un filo infiammato lo spazio tra le colonne. Lo stesso castello dove l'Imperatore Federico II "Stupor mundi" costrui una meraviglia architettonica e filosofica, una chìosa che l'umanista Garrone intrepido e colto dona a noi per farci ancora meravigliare. C'era una volta tre fiabe, tre regni, tre donne.....