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Il mito della natura nel mondo antico. Una mostra a Napoli e a Pompei
La mostra "Mito e Natura. Dalla Grecia a Pompei” si visita, da marzo a settembre 2016, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN per gli amici degli acronimi) e agli Scavi di Pompei. Dopo esser stata vista - con successo e in forma parzialmente diversa - al Palazzo Reale di Milano, la mostra è adesso rimodulata sugli spazi napoletani e arricchita da ulteriori prestiti.
Assistiamo – ancora e con piacere - alla riorganizzazione dei nostri musei archeologici, alla modernizzazione degli allestimenti e quindi alla reinvenzione del concetto stesso di “museo archeologico” e di “mostra di reperti archeologici”. In sintesi, negli ultimi dieci anni, si è passati dall’accumulo severo e antiquariale di reperti in sale monotone e buie alla loro riproposizione scenografica e didattica, sotto forma di bellezza iconica e di energia artistica. Da un lato, quindi, nuovi allestimenti museali, dall’altro mostre tematiche temporanee che sollecitano una diversa percezione e fruizione dell’antico.
In questo caso la narrazione sottesa alla mostra è quanto mai affascinante: la natura e il mito presso gli antichi Greci e presso i Romani. Si rievoca la storia di un distacco lento, ma inesorabile, della società degli umani dalla natura e il tramontare di quegli innumerevoli miti che segnalavano la coesistenza degli uomini e degli dèi dentro il medesimo spazio. Sono soggetti che, oltre a illustrare il rapporto dell’uomo antico con l’ambiente naturale, gli animali, le piante, consentono di avere un quadro della produzione artistica della Magna Grecia e, in generale, dell’Italia meridionale, ellenistica e romana. Entrando, vediamo che i cortili interni del Museo di Napoli sono tornati a fiorire, secondo una sistemazione ispirata al modello romano e, soprattutto, diversa dall’accumulo cimiteriale di pezzi di statue, impolverati e dispersi nella verzura incolta, di un decennio fa.
Molteplici sono i temi illustrati da più di 100 reperti archeologici esposti nella Sala della Meridiana all’ultimo piano del Museo di Napoli e altrettanti nella Piramide allestita nell’Anfiteatro di Pompei. Sono raccolti in sezioni espositive che vanno dal “costruire giardini” all’interno delle case, una vera e propria arte, circondandoli con pareti affrescate e con oggetti interni/esterni che arredano gli ambienti. Si possono quindi vedere gli antichi “dipingere il paesaggio”, come sfondo degli affreschi e della mitologia, come forma di richiamo - e di distanziamento - dell’ambiente naturale. C’è poi la “natura coltivata”, il mondo agricolo inteso come fertilità, nutrimento e dono degli dèi e, infine , c’è la natura come segno della morte, come limite dell’uomo e delle cose transeunti che lo circondano, raffigurata come “natura silente” su vasi, rilievi e pareti.
La mostra consta di ampi frammenti di affreschi, di statue, terrecotte e vasi splendidamente dipinti, di oggetti preziosi come argenti e gioielli. Si leggono non più come aridi e muti reperti, bensì come cose parlanti, come manifestazioni della ricca “percezione della natura” nel mondo greco e romano tra l’VIII sec. a.C. e il II d.C. Le didascalie, che costituivano l’unico freddo discorso del tradizionale museo archeologico, diventano così il contrappunto della libera interpretazione dei visitatori. Tra le tante bellissime opere d’arte classica in esposizione al MANN c’è, in prestito, anche la lastra della “Tomba del Tuffatore” proveniente dal Museo di Paestum: fonte di ispirazione per molti artisti contemporanei. A Pompei, dove la location non è museale ma totalmente archeologica, in occasione della mostra è stato reso praticabile un nuovo itinerario di visita con tappe in cinque domus: “Praedia” di Iulia Felix e le case di Loreio Tiburtino, della Venere in conchiglia, del Frutteto e di Marco Lucrezio in via Stabiana riaperte da poco e con i restauri ancora in corso.
Nelle sale e lungo i percorsi della mostra si evidenzia la smania di ritrarre gli oggetti con le macchine fotografiche digitali o con gli “smartphones”: strumenti irrinunciabili della percezione dell’arte da parte dei visitatori di oggi. Il distacco dalla natura - che è incremento della dimensione interiore dell’uomo e proiezione all’esterno delle sue contraddizioni - si compensa nell’immagine virtuale.