Monaco. Gergiev al Gasteig. Le due Vittorie di Šostakovič

Articolo di: 
Livia Bidoli
Valerij Gergiev

A Monaco di Baviera il concerto del 6 maggio 2012 nella Philharmonie al Gasteig continua il ciclo dedicato da Valerij Gergiev a Dmitrij Dmitrievič Šostakovič. Le sinfonie della serata sono la Nona Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 70 completata nel 1945; e la Settima, più conosciuta come Leningrado, in do maggiore op. 60, scritta nel 1941 durante l’assedio delle forze naziste a Leningrado, dove si trovava ancora Šostakovič con la sua famiglia.

A dirigere la sua orchestra del Teatro Marinskij di San Pietroburgo – che si alterna ai Münchner Philharmoniker in questo omaggio a Šostakovič, i cui prossimi appuntamenti saranno il 18 ed il 19 luglio con la Undicesima, L’Anno 1905 e la Quindicesima, l'ultima sinfonia –, Valerij Gergiev si presenta inappuntabile e con vero spirito di congruità: ha accoppiato due sinfonie che sarebbero dovute essere di vittoria contro i nazisti, in realtà sono – sotterraneamente ma non troppo – una critica ad ogni genere di totalitarismo, soprattutto quello stalinista che l’ha tormentato fino alla morte di Stalin nel 1953. Anche la Nona Sinfonia infatti, venne censurata e ne fu vietata l’esecuzione fino al 1955 in seguito alla seconda denuncia contro Šostakovič di “formalismo” (sostanzialmente per non seguire i dettami bolscevichi nella composizione e per non comporre “per la patria”, ma per la musica stessa) del 1948.

La vittoria infatti, è satiricamente oscurata dai modi ludici ed ironici su cui è innervata la Sinfonia n. 9, distinta in quattro movimenti: il primo, l’Allegro, è vivace e giocoso, come nelle parole di presentazione del compositore stesso. Il Moderato che segue inizia in sordina, con l’oboe che sussurra per poi lasciare respiro all’orchestra: bellissimo il passaggio lirico intimo, soprattutto negli archi nel flauto traverso; è evidente il tocco mahleriano che in cui Šostakovič si raffina ulteriormente. Il Presto è un trillare gioioso e lieve, sull’andamento dello scherzo quasi, dove le trombe hanno un ruolo preminente insieme alle percussioni.

Un sotterraneo filo d’inquietudine sussurra un riaccendersi quasi in valzer nel Largo (Mozart docet), mentre l’Allegretto-Allegro è ben ritmato e torna sull’ambiguo primo tema: la gaiezza della vittoria è stemperata, come trattenuta ironicamente (gli ultimi tre movimenti sono suonati senza interruzione come da prassi), però rimane una sensazione di vellutata felicità disegnata da questa sinfonia, tra le brevi di Šostakovič, di circa 26 minuti, che Gergiev esalta ma con circospezione.

La Settima Sinfonia, Šostakovič l’ha iniziata a scrivere un mese dopo l’inizio dell’arrivo nazista in Unione Sovietica, nel luglio del 1941, e fu al principio concepita avendo in mente la Symphonie des Psalms per Coro e Orchestra di Stravinskij, usando i Salmi di Davide recitati da un coro. Šostakovič, grande ammiratore di Stravinskij, la trascrisse subito per piano a quattro mani. In particolare Šostakovič, nella sua citazione, si riferiva al verso 12 della Nuova Versione di Re Giacomo, che dice attraverso Davide:

Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
Fino a quando nell'anima mia proverò affanni,
tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico?

Il compositore cercava un modo per far esprimere la sofferenza silente e affogata nel petto dal popolo russo non solo per l’invasione nazista ma per le purghe staliniane, che però gli fecero cambiare idea, sicché non inserì i versi, nel timore di una censura.

Contro ogni totalitarismo quindi, a cominciare da quello perpetrato da Stalin che adoperò proprio la Settima Sinfonia in do maggiore op. 60 di Šostakovič come propaganda per trovare favori in Occidente per la Russia della seconda guerra mondiale.

La Sinfonia Leningrado fu per la prima volta suonata dal vivo il 5 marzo 1942. Ben più eclatante però fu la prima di Leningrado del 9 agosto ’42 diretta da Karl Eliasberg con l’Orchestra della radio: trasmessa per la città, con gli altoparlanti spronava a non cedere al nemico. Risuonando con forza nelle sale del Conservatorio della città dove Šostakovič insegnava e che difese durante l’assedio, la Blitzsymphonie (nella definizione di Slominskij) è una musica russa nelle radici, e l’inizio magniloquente e carico non è che una delle sue cifre essenziali. Ascoltiamo le parole del compositore in proposito: "Dovevo descrivere la macchina potente dell'annientamento. Ed esprimere un senso di protesta contro di essa."

Le pagine del primo movimento, un Allegretto (che dura fra 25 e 30 minuti), in forma di sonata, presentano musiche intense, maestose, con una “vittoria” pacata all’inizio, mentre sullo sfondo fa capolino il celebre “tema dell’invasione”: un melange tra Da geh’ ich zu Maxim dalla Vedova Allegra di Lehár, ed un tema ripreso dalla sua Lady Macbeth del distretto di Mcensk. Il successo della sinfonia, assicurato prima di tutto da questa “chiamata alle armi”, rese invidioso anche l’ungherese Bartók, che ne copiò il tema inserendolo lo stesso ostinato  nel suo famoso Concerto per Orchestra (1942-1943), nell’Intermezzo interrotto.

L’Allegretto ha anche pagine intime, come quella dell’assolo del primo violino che narra una storia con accenti lievi, per poi dare spazio alla marcia del tema dell’invasione che si presenta in un pianissimo per poi crescere molto lentamente per 12 volte finchè le percussioni non intervengono annunciando l'arrivo finale degli invasori. Estremamente puntuale e cadenzato nella direzione, Gergiev conferisce un respiro ancora più sinfonico alla sua lettura, che diventa più intrinsecamente potente. Termina con ombre del secondo tema che irrequieto irrompe e sconquassa con percussioni e trombe.

Il Moderato (poco allegretto), molto più breve di circa 15 minuti, vede l’oboe come strumento centrale e venato di lirismo, che lascia poi di nuovo spazio al respiro orchestrale: il meraviglioso tema giocoso degli archi per intervallarsi anche qui con un ostinato struggente a tratti, differente dal tema dell’invasione, per terminare con magniloquenza.

L’Adagio s'increspa su venature romantiche che dipingono il paesaggio di Leningrado, come nell’idea primeva di Šostakovič: retrospettivo, riflette dolorosamente sulla sua città, circondata dai nazisti, mentre il tema degli invasori giunge toccante come veleno e lo xilofono insieme al tamburello intervengono, per rinfocolare la vigorìa di un passaggio che riprende il refrain del primo movimento, con inusitata tristezza.

Nell’Allegro non troppo, la melodia si dipana amabilmente su un tessuto semovente, rarefatto, e nella lettura di Gergiev diviene particolarmente malinconico. La cavalcata maestosa ha un accento quasi lugubre e ferocemente grottesco, tra fiati e archi che si alternano, alla fine riaprendo tutti alle percussioni, mentre il corno ricorda ancora più aspramente che la fine giunge con amarezza incalcolabile in un territorio disseminato dalla morte.

La memorabile chiusura del ciclo dei concerti con la “sua” orchestra del Teatro Marinskij di Gergiev a Monaco ha lasciato il pubblico entusiasta, e non fa che rimandare ai prossimi due estivi con l’Orchestra Residente, i Münchner Philharmoniker, per terminare un omaggio dovuto ad uno dei grandi russi così amati in Germania.

Pubblicato in: 
GN27 Anno IV 14 maggio 2012
Scheda
Titolo completo: 

Monaco di Baviera, Philharmonie am Gasteig

Valerij Gergiev dirige Dmitrij Dmitrievič Šostakovič
Gergievs-Schostakowitsch
Sabato 5 Maggio 2012

Dmitrij Dmitrievič Šostakovič
Sinfonia n. 9 in mi bemolle maggiore op. 70
Sinfonia n. 7, in do miaggiore op. 60
Coro e Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo

Approfondimenti: The War Symphonies: Shostakovich Against Stalin