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Norman Rockwell. L'innocenza del sogno americano
Una monografia del più illustre e caratteristico degli illustratori americani, che nel 1916, a 22 anni aveva già dipinto la sua prima copertina per il Saturday Evening Post, un settimanale che pubblicava firme da Poe, a Fitzgerald alle memorie di Mussolini, Norman Rockwell già allora era celebre per interpretare la famiglia americana con i suoi ideali, quelli più innocentemente validi per tutti, quelli cui, almeno consapevolmente, aspiravano la quasi totalità di un popolo che aveva conquistato l'indipendenza nel 1887 e fondava le sue aspirazioni nella costituzione e nella bandiera conservate a Philadelphia. Dall'11 novembre 2014 e curata da Danilo Eccher, direttore della GAM di Torino e Stephanie Plunkett, chief curator del Norman Rockwell Museum, l’esposizione è promossa dalla Fondazione Roma ed è organizzata dal Norman Rockwell Museum e dalla Fondazione Roma-Arte-Musei di Stockbridge: fino all'8 febbraio la Fondazione Roma a Palazzo Sciarra offre una retrospettiva completa dell'artista di oltre cento tra dipinti e illustrazioni originali.
Nato nel 1894 a New York, Norman Rockwell a sedici anni comincia la sua preparazione artistica passando da una scuola d'arte, la New York School of Art all'Accademia Nazionale di Design per comnciare poi a praticare con illustratori del calibro di Fogarty. La prima grande svolta la ebbe con il Saturday Evening Post, con cui collaborò per ben 47 anni e per 322 copertine, a partire dal 1916.
Nelle sue copertine come nei suoi dipinti, a partire dal primo in mostra che riproduce Ichabod Crane (1937 ca.), personaggio di La leggenda di Sleepy Hollow (1820) di Washington Irving, si nota subito una caratteristica: l'aspetto caricaturale è evidente, Rockwell è figlio di Dickens e della società dell'800 inglese, e con una forte caratura ironica, come vediamo nel ritratto del giovane Abramo Lincoln, Lincoln in defense
Più in là noteremo il saldo ancoraggio all'attualità, come negli anni '40, quelli in cui dipinse, per spinta civile e ispirato dal discorso di Roosevelt, i quattro manifesti per la libertà: libertà dal bisogno (Freedom from Want); libertà di parola (Freedom of Speech); libertà di culto (Freedom of Worship) e libertà dalla paura (Freedom from Fear). Oltre a propagandare una diversa concezione dei propri diritti, aiutava insieme al Post e alla Tesoreria americana a promuovere la vendita di titoli di guerra che aiutassero, proprio nel 1943, a foraggiare l'intervento americano nella seconda guerra mondiale.
Fondamentalmente dobbiamo ricordarci che Rockwell è uno di quegli americani puri che perseguono i loro ideali mantenendo uno sguardo “bambino” sull'universo, soprattutto quello, “puro” di per sé, dei bambini. Ed allora ecco Il fuggiasco (The Runaway, 1958), uno dei quadri più famosi, che rappresenta un poliziotto che mangia accanto ad un bambino con un fagottino ai piedi, è lui il fuggiasco! Niente paura però, la guardia ha lo sguardo tenero e divertito ed il piccolo avventore sta per ricevere anche una ricca colazione dal barista dinnanzi a lui, davanti al menù. Decisamente rassicurante, come anche tutte quelle rappresentazioni del Natale, ghiotto e panciuto come nei quadri del 1929 (probabilmente prima del crollo di Wall Street).
La fase più drammatica la osserviamo negli anni '60 del Novecento, quando Rockwell era al suo terzo matrimonio, con Molly Punderson (la seconda insegnante della sua vita dopo la morte della seconda e amatissima moglie, Mary Barstow, madre dei suoi tre figli). Sono gli anni in cui l'America si confronta sempre più violentemente con le sue spinte reazionarie: la lotta per la fine dell'apartheid uccide tre attivisti civili vicino al corso del Mississipi, ed è allora, nel 1965, che Rockwell realizza uno dei suoi quadri più importanti a livello etico: Assassinio sul Mississipi (Murtder in Mississipi, 1965), in cui rappresenta la tragedia come se si trattasse di una moderna pietà. L'anno prima aveva dipinto un quadro dal titolo emblematico: Il problema con cui tutti conviviamo (The Problem we all live with, 1964), con la prima bambina scortata a scuola da due sceriffi a New Orleans perché nera, e sullo sfondo il delirio cromatico dei pomodori buttati verso il muro accanto a cui passa.
Rockwell racconta ma non fa sconti al sogno americano, insegnandoci che solo con l'impegno civile possiamo conquistarlo, perlomeno una parvenza di quel sogno e guardarlo con i suoi occhi di bambino.