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Una nuova traduzione dei Fratelli Karamazov. Dostoevskij e il parricidio
Quando capita di leggere un grande classico della letteratura, si comprende come l’opera del genio consista nel riuscire, grazie alla finzione poetica, a dare una rappresentazione della totalità della vita: così il grande critico Pietro Citati ha definito i grandi libri. Per quelli di Fëdor Dostoevskij gli studiosi hanno posto l’accento sull'immaginazione filosofica che ne spiega la grandezza inarrivabile. Questi pensieri sono riaffiorati nella mia mente dopo avere completato la lettura dei Fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, di cui una nuova splendida traduzione è appena approdata nelle librerie, edita dalla casa editrice Einaudi, realizzata dal russo dalla studiosa Claudia Zonghetti.
Questo grande affresco, in cui i temi religiosi della fede in Dio, del male e della libertà dell’uomo sono trattati con rara profondità di pensiero e di analisi filosofica, ha il suo nucleo narrativo nelle vicende di una famiglia, quella dei Karamazov, formata dal padre, Fëdor Pavlovič, e dai tre figli, nati dai due suoi matrimoni, Dmitrij, Aleksej e Ivàn. La figura che impressiona per la sua sublime perfezione spirituale e la sua assoluta bontà d’animo è quella di Aleksej Karamazov. Aleksej, prima ancora di avere concluso gli studi liceali, con l’animo dischiuso verso i grandi interrogativi metafisici, che riguardano il rapporto tra l’umano ed il divino, sceglie di andare a vivere in convento. Il padre, Fëdor Pavlovič, un uomo dalla vita dissoluta e impegnato a provare e sperimentare ogni sorta di piaceri, proprio perché la sua anima era distante dalla religione, sotto l’effetto della ubriachezza inizia una sera, al cospetto di Aleksej, a pronunciare parole offensive e blasfeme verso i monaci e la loro inutile contemplazione e ricerca della divinità.
Aleksej, una volta entrato in monastero, rimane affascinato dalla figura del monaco, designato con l’espressione nel libro di starets, avvolta e circondata da un alone di santità e sapienza divina. Lo starets è colui che accoglie la vostra anima nella sua anima, e la vostra volontà nella sua volontà: questa è la definizione nel libro della figura del monaco, che guida Aleksej nella sua ricerca spirituale e filosofica. Ivàn Karamazov nel libro viene presentato come l’intellettuale di famiglia, che ha ricevuto una notevole formazione culturale e, fin dai primi anni universitari, ha iniziato a pubblicare articoli sui libri che leggeva e studiava con rigore. Dmitrij Karamazov, nato dal primo matrimonio, è un ex ufficiale in congedo, che ha una passione smodata per le donne e spesso si concede serate in cui ama ubriacarsi e dissipare senza criterio il denaro, una persona la cui coscienza morale sembra essersi spenta e come soffocata dalla brama di godere di ogni emozione e piacere.
Nel libro, il lettore comprende che tra il padre, Fëdor Pavlovič, e suo figlio, Dmitrij Karamazov, esiste un conflitto insanabile sia per questioni legate alla eredità, sia per la passione che entrambi hanno verso una donna bella e seducente, Grušenka. Addirittura Dmitrij oppone un rifiuto all’amore della sua fidanzata, Katerina Ivanovna, una donna colta e di buona famiglia, educata e virtuosa, per inseguire e tentare di sedurre Grušenka, descritta nel libro come una donna libera e lontana dalla virtù e dalla moralità. Per dirimere il conflitto con suo figlio, Fëdor Pavlovič chiede che tutti e tre i figli si rechino in monastero al cospetto del Monaco Zosima, poiché è convinto che nella sua cella il monaco con la sua sapienza e il suo equilibrio li aiuterà a ricomporre il conflitto che dilania e minaccia l’unità della sua famiglia.
Durante l’incontro, a cui partecipano altri monaci e uomini di grande cultura, il monaco Zosima, oramai debole e prossimo alla morte, osserva che l’uomo quando non rispetta nessuno smette di amare, e in mancanza di amore, per svagarsi e divertirsi si concede ai sensi e ai piaceri più sozzi, fino al punto che i vizi malsani lo trasformano in un animale. Ivàn Karamazov, durante questo incontro, ripercorre le origini storiche legate alla diffusione del cristianesimo, e analizza i rapporti tra la Chiesa russa e lo Stato, per concludere che per la sua missione spirituale è la Chiesa che deve racchiudere in sé lo Stato. Quello stesso giorno, si presenta al cospetto del monaco Zosima una donna ricca e facoltosa, aristocratica nei modi, che si rivolge al monaco perché la aiuti a guarire sua figlia Lisa, condannata su di una sedia a rotelle.
La signora Chochlakov, in un dialogo di grande profondità filosofica, chiede al monaco come può ritrovare la fede in Dio che ha perduto e, soprattutto, come si può con la ragione umana dimostrare la fede. A questo proposito, Ivàn Karamazov, in più punti della conversazione filosofica che avviene nel monastero, nota che se si toglie al genere umano la fede nell'immortalità dell’anima, ad avvizzire non sarà solo l’animo umano, ma qualunque forma viva in grado di far proseguire la vita sulla terra.
Ad un certo punto, nella narrazione vi è una situazione di grande interesse psicologico, quando Katerina Ivanovna riceve nella sua casa elegante Grušenka, con la quale ha prima una conversazione cortese, e poi un violento litigio, donne rivali perché amate entrambe, in diversi momenti, da Dmitrij Karamazov. Aleksej, appreso che suo fratello Dmitrij in preda all’odio ha aggredito suo padre Fëdor Pavlovič nella sua casa, ha un dialogo molto bello con il genitore, visto che tenta in ogni modo di impedire che l’odio e la rivalità tra suo padre e suo fratello provochino la rovina morale della sua famiglia. L’incontro più interessante, tuttavia, è quello che avviene tra Aleksej ed Ivàn Karamazov, durante il quale i due fratelli entrano in una sintonia profonda sul piano filosofico e intellettuale.
Ivàn, con la sagacia ed il rigore che gli derivano dai suoi studi e dalla sue riflessioni, guardando suo fratello con lo sguardo indagatore del vero intellettuale, afferma che non è strano né dovrebbe meravigliare che Dio esista davvero; ciò che appare stupefacente è che l’idea di Dio si sia fatta largo nella mente di un animale cattivo e selvatico come l’uomo. Ivàn riflette sul fatto che, ormai, ha rinunciato a chiedersi se è l’uomo ad avere creato Dio, oppure Dio ad avere generato l’uomo. Per Ivàn, è meglio non ricercare la soluzione per enigmi inafferrabili, visto che la mente umana è terrena ed euclidea, e incapace di venire a capo di questioni che non sono di questo mondo. Ivàn, da vero pensatore ed intellettuale, espone ad Aleksej i contenuti di un suo poema, ambientato nel Cinquecento, ed intitolato Il Grande Inquisitore.
In esso Ivàn immagina che Cristo sia ritornato in mezzo agli uomini ed in silenzio si trovi al cospetto di un Cardinale, posto a capo dell'inquisizione. Il cardinale accusa il Messia di essere ritornato sulla terra ed in mezzo agli uomini, per intralciare la missione della Chiesa. Il cardinale gli annuncia che presto lo farà ardere sul rogo cui ha condannato gli eretici, e le stesse persone che lo hanno accolto con sorpresa ed emozione saranno le prime ad accendere le braci. Infatti la libertà per l’uomo è un'illusione ingannevole, poiché gli uomini sono fallaci, ingiusti, viziosi e ribelli per natura. Nel libro viene, nella parte finale del primo capitolo, riportato un passo di un sermone che tenne da giovane il monaco Zosima, nel quale si dice e ci si interroga sei sia un sogno che l’uomo trovi la gioia solo nelle opere di carità e cultura, e non, come sovente avviene, in gioie brutali, come quelle della gola, della fornicazione, della superbia, della vanità, e della prevaricazione invidiosa degli uni sugli altri.
La seconda parte di questo libro è dominata dalla tragedia che porta alla rovina la famiglia Karamazov, con la uccisione violenta di Fëdor Pavlovič, l’accusa di parricidio nei riguardi di Dmitrij Karamazov, il processo penale che ne segue, descritto in tutta la sua drammaticità con lo stile di un grande genio della letteratura di tutti i tempi, Fëdor Fëdor. Prima che tutto questo dramma abbia modo di svilupparsi, una notte, dopo essersi addormentato, Ivàn, che in seguito impazzirà, immagina di avere un dialogo con il diavolo, che in realtà rappresenta la parte oscura, laida e stupida della sua natura umana, comune ad ogni persona. Un libro, capolavoro assoluto della letteratura, che ogni uomo di cultura dovrebbe leggere e rileggere con attenzione.