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Opéra de Lyon. Didon et Énée, remembered
Il secondo titolo del Festival Vies et Destins è stato Didon et Énée, remembered, l'argomento tratto dal IV libro dell’Eneide di Virgilio, aderisce al tema del Festival, la vicenda tragica delle vite dei due personaggi, infatti, è esemplare perché è dominata da Ἀνάγκη (la necessità), il Fato. Rembered evoca, forse, l'aria conclusiva di Didone in cui ricorre pateticamente l'invocazione ”Remember me”.
Questa nuova produzione è stata presentata da Serge Dorny, direttore artistico dell'Opèra Lyon, come un esperimento nell'ambito del festival. Un esperimento che, basandosi sul capolavoro di Henry Purcell, è un collage, in cui è sì presente la musica dell'autore, ma di cui rimangono tre soli personaggi vocali originari: Didone, Enea e Belinda. Si ispira alla pratica barocca dell'improvvisazione, con l'inserimento delle musiche di Kalle Kalima, celebre compositore jazz, e dell'improvvisazione vocale della nota cantante jazz, Erika Stucky , a cui si aggiungono parti tratte dal IV libro dell’Eneide recitate da due attori, che interpretano anche Giove e Giunone. Un esperimento che alla prima ha raccolto le acclamazioni entusiaste del pubblico presente, che hanno coperto i pur presenti dissenzi. Molti sono gli spunti e le riflessioni suggerite dall'esecuzione musicale e dalla regia in cui cercheremo di mettere ordine.
L'Eneide fu commissionata a un riluttante Virgilio per celebrare la “missione” di Roma e la gens Iulia a cui apparteneva Augusto, che sosteneva di avere origine divina, in quanto poneva come capostipite Enea, figlio di Anchise e Venere. La storia di Didone ed Enea, all'interno del poema, nonostante si ricolleghi agli intenti celebrativi per richiamare la storica rivalità di Roma e Cartagine, è affascinante perché è profondamente umana. Due esuli, sradicati violentemente dalla patria di origine a causa della guerra, Enea, e di un complotto ordito dal fratello che uccise il suo sposo, Didone, si incontrano e si specchiano l'uno nell'altra, nel dolore della perdita; la volontà degli Dei, il Fato, li costringerà a separsi. Le immagini di eventi e personaggi attuali sono stati i mezzi usati dalla regia per porre l'accento sul fatto che i Troiani guidati da Enea sono profughi di guerra alla ricerca di un posto dove andare e ricominciare a vivere.
Tra i vari musicisti che posero in musica la vicenda ci fu Henry Purcell (1659 – 1695), visse all’epoca della Restaurazione inglese, che vide la rinascita dell’attività teatrale sospesa durante il governo di Cromwell, dal 1642 al 1660, data del ritorno di Carlo II, figlio di Carlo I, il re decapitato, dopo essere stato processato dal Parlamento. L’influenza francese e italiana è innegabile sia a nel teatro che nella musica inglese dell’epoca, del resto già nell’epoca elisabettiana il Masque, genere teatrale tipicamente inglese, che univa all’azione teatrale, musica e danza, usato anche da Shakespeare nella Tempesta, traeva origine dalla tradizione italiana degli Intermezzi. Anche nelle composizioni di Henry Purcell si possono rinvenire sia l’influenza francese che italiana, che si fondono con la tradizione inglese; in ambito teatrale il musicista collaborò con i maggiori drammaturghi di quel periodo come John Dryden e William Davenant, per la parte musicale dei loro testi e per i rifacimenti di opere di Shakespeare, come The Fairy Queen.
Dido and Aeneas, invece, è l’unica composizione teatrale che si ispira all’opera italiana, è interamente in musica ha recitativi, arie, cori e danze. Fu rappresentata per la prima volta a Chelsea (Londra) probabilmente l’11 aprile del 1689 nel convitto di Josias Priest per giovani gentildonne; un trattenimento per dilettanti, quindi, non eccessivamente impegnativo con pochi personaggi e la possibiltà di metterla in scena con scarsi mezzi. Da questa commissione nacque questa opera barocca anomala, perché di dimensioni ridotte, circa una ora, ma con un libretto che è una mirabile sintesi degli eventi. L'orchestra è di dimensioni ridotte, non ci sono strumenti a fiati e le arie sono prive di virtuosismi vocali. Nella composizione musicale Purcell usa soprattutto il basso ostinato su cui gli strumenti e la voce basano le variazioni, mentre le arie e di recitativi sono in uno stile che ricorda più Claudio Monteverdi (1567-1643) e Francesco Cavalli (1602-1676), mentre ormai il melodramma si stava innovando, acquisendo con Scarlatti quelle forme cristallizzate che avrebbero dominato: Recitativo, Aria, in cui l'ultima ripetizione dava la possibilità all'inteprete di improvvisare. La semplicità fece sì che il compositore ponesse attenzione alla resa musicale della parola, l'opera è infatti uno dei più riusciti esempi di prosodia inglese cantata. Le parti corali risentono della tradizione corale inglese di cui Purcell fu eccelso maestro, mentre l'Ouverture e le danze si ispirano allo stile francese della Tragèdie lirique. Il libretto, scritto da Nahum Tate, è basato sul IV libro dell’Eneide di Virgilio ma con interpolazioni fantastiche, la maga e le streghe, tipici personaggi del gusto inglese dell’epoca.
Questa è la base su cui si sono inseriti i vari interventi di Kalle Kalima, sono stati di vario genere, jazzistico, dissonanti, melodici, ispirati alla musica di Purcell. Anche Erika Stucky frequenta il repertorio jazz, ma nelle sue improvvisazioni sono comparse anche le sonorità “concrete” di oggetti e vocalizzazioni che ci hanno ricordato Cathy Berberian. La Stucky è molto musicale, padrona del suo strumento vocale che usa con efficacia, ha una grande padronanza scenica, tra le scene in cui è stata protagonista, ricordiamo quella in cui è stata concentrata la scena delle streghe, interpretata con ironico distacco. Non ci ha convinto la direzione di Pierre Bleuse , ci è sembrata una semplice lettura, priva della necessaria cantabilità, poco attenta alla drammaturgia musicale così ricca di sfumature. Questo, a nostro avviso, ha influito negativamente sulla efficacia vocale e sulla resa espressiva delle parole dei tre cantanti: Alix Le Saux, Guillaume Andrieux e Claron McFadden.
La regia di David Marton ha interpretato l'impostazione musicale materializzando sulla scena una frammentazione di visioni, anche con l'ausilio di priezioni e telecamera portatile. I due attori in vesti classiche hanno dato inizio alla rappresentazione sul lato destro della scena, che rappresentava uno scavo archeologico, che riporta alla luce frammenti di una realtà remota ma anche smartphone. Tre, secondo noi, le possibili ipotesi, una rivisitazione de L'Eterno Adamo di Jules Verne, che ipotizza successive catastrofi di civiltà arrivate all'apice dello sviluppo, tra cui quella attuale, o resti di profughi affogati in mare o entrambe. La parte restante della scena e parzialmente il retroscena in cui si sono avvicendati cantanti, coro e attori, che hanno recitato parti dell'Eneide, sono stati dedicati all'azione il tutto con un uso efficace delle luci, i cantanti e il coro hanno indossato vestiti contemporanei. Secondo il nostro parere, l'insieme dei vari frammenti ha presentato un'azione drammatico- musicale sbilanciata che appesantiva eccessivamente lo svolgimento, la durata complessiva è stata di circa due ore, e avrebbe la necessità di una "messa a punto", cosa non insolita, si trattava di una prima assoluta, e una maggiore attenzione alla mirabile espressività del capolavoro di Purcell.