Supporta Gothic Network
Opera di Roma. Reims va al Museo
Debutto eccezionale al Teatro dell'Opera di Roma per la prima di Il viaggio a Reims di Gioachino Rossini, con la regia di Damiano Michieletto nell’allestimento firmato per De Nationale Opera di Amsterdam. Dal 14 al 24 giugno con la diretta sulle frequenze di Rai Radio3, in differita alle ore 21.15 su Rai5 della serata del 22 giugno, una regia “fresca” cui ha dato subito riscontro la presenza di un pubblico più variegato grazie alla potenza di un richiamo per “tutti” in barba alle convezioni patinate dell'opera.
Sul podio un altro nome “giovane” e riconosciuto nella sua competenza: quello del direttore “punk” (con tanto di anfibi e maglietta stinta grigia!) sul podio: Stefano Montanari, che ricordiamo da Il Barbiere di Siviglia a Caracalla nell’estate 2014. Ed anche il cast ha la sua parte “rinnovata”: Valentina Varriale ed Erika Berertti fanno infatti parte del progetto “Fabbrica” – Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma. Inoltre il 24 giugno presentava nella sua ultima replica un secondo cast di tutto rispetto e che forse per il personaggio di Corinna ha addirittura superato il primo: la polacca Adriana Ferfecka, soprano entrato stabilmente nella Deutsche Oper e che ha rivestito il personaggio di Zerlina nel Don Giovanni l'anno scorso. Per lei gli applausi, assolutamente meritati, financo nella lunghissima (ed un poco tediosa) All'ombra amena, molto lullaby. Per il resto, in questa lunghissima cantata giocosa tratta dal primo romanzo romantico dell'800, ovvero Corinne ou l'Italie (Corinna o l'Italia, 1807) di Madame de Staël, e ricomposta da Philip Gossett – al quale è stata dedicata la soirée – insieme alla Fondazione Rossini di Pesaro, i personaggi si dividono e si riuniscono sotto l'insegna della Golden Lilium Gallery, nome dato dall'allestimento di Michieletto all'albergo del Giglio d'oro, luogo ove si ritrovano una serie di nobili (e non) per recarsi ai festeggiamenti per l'incoronazione di Carlo X re di Francia. Come appunto suggerisce il regista: “Una vera drammaturgia qui non c'è”. Ergo bisogna costruirla e lui ha pensato di far rivivere tutte le scene pensate per questo evento tutto reso dall'attesa di ciò che avverrà, attraverso dei quadri, a cominciare da quello preraffaellita di Alma-Tadema che si nota all'inizio, quando la radicl-chic allestitrice in bianco e nero Madama Cortese si presenta allo stuolo di ospiti frammisti a manovali e addetti del museo.
Grazie a questa invenzione dei tableaux-vivants, dalle tre muse alle meravigliose visioni dei quadri: da L'infanta di Velazquez a Goya, con la Duchessa di Alba completa di barboncino; Botero, col suo divertente drag queen; il Picasso del periodo cubista tutto spigoli; Magritte e l'uomo con la pipa; Keith Haring col suo ometto in bianco profilato di nero; ed in ultimo, una donna dipinta (Boldini?) che si anima per sedurre Lord Sidney (Adrian Sâmpetrean) e dipingerlo di blu/verde. La parata scenica di quadri si ultima nel quadro finale, e veramente di grande effetto e costruzione scenica: dentro una cornice viene ripresa perfettamente la scena del quadro di François Gèrard ultimato nel 1827, tre anni dopo l'incoronazione di Carlo X – tema e titolo del quadro -, che avvenne nel 1824, e due anni dopo la cantata, eseguita a Parigi al Théatre Italien il 19 giugno 1825. Grande rilievo hanno, nella cornice di questo quadro, le scene di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti (notevoli questi ultimi rispetto a quelli che sono venuti prima) e le luci di Alessandro Carletti.
Le parti notevoli dei cantanti hanno spiccato poco nella corsa di Montanari, attento ma a volte troppo veloce nella direzione: la Contessa di Folleville (Maria Aleida) soprattutto all'inizio, insieme alla Modestina di Erika Beretti, che ci è piaciuta molto per la sua soavità; e poi il Don Profondo di Nicola Ulivieri – che però incespicava per la velocità di Montanari - e Bruno De Simone nel Barone di Trombonok; in ultimo il duetto D'alma celeste - Al barbaro rigore della Marchesa di Melibea (Cecilia Molinari) con il Conte di Libenskof (Pietro Adaini). In ogni caso il pubblico ha gradito con scroscianti applausi questa lunga carrellata di personaggi ed unioni, bisticci, riparazioni dentro e fuori della cornice scenica, con un gran Coro diretto da Roberto Gabbiani.