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Opera di Roma. Il rivoluzionario Ernani nel viluppo iberico
E' un bandito Ernani, al centro dela rivoluzionaria opera di Victor Hugo tradotta in libretto da Francesco Maria Piave con la musica di Giuseppe Verdi, che si inaugurò nel 1844 alla Fenice di Venezia. In questa felice edizione, già proposta con successo nel 2013 da Hugo de Ana, che ha curato la regia, le scene ed i costumi di un allestimento in coproduzione con la Sydney Opera House. Al Teatro dell'Opera di Roma è andata in scena con due cast dal 3 all'11 giugno.
Per il ruolo di Ernani, il tenore Francesco Meli è stato l'unico protagonista; nele altre parti principali si sono alternati: Ludovic Tézier e Giovanni Meoni nella parte di Don Carlo re di Spagna; Evgeny Stavinsky, unico interprete per Don Ruy Gomez de Silva; per Elvira, Angela Meade ed Anastasia Bartoli mentre per Giovanna Marianna Mappa (dal Progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma).
Il dramma di Hugo era rivoluzionario sia per la figura di Hernani (in originale) sia per il rinnovamento del teatro, prefigurato nella Préface a Cromwell del 1827 ed in quella di Hernani, dramma andato in scena con grande successo nel 1830 al Théâtre Français di Parigi: è infatti la Battaglia di Hernani, la battaglia fra romantici e classicisti. Opera che mischia il tragico col comico ed il grottesco, sviluppi che nella tragedia classica non dovevano intersecarsi tra loro; l'Ernani di Giuseppe Verdi non può che partire da qui per intrecciare invece la storia del bandito rivoluzionario Ernani ai moti risorgimentali che stavano tanto a cuore al musicista in nome dell'unità d'Italia.
La figura del re Carlo di Spagna, il futuro imperatore Carlo V, siamo negli anni intorno al 1519 ad Aquisgrana in Spagna, è considerata come una specie di sovrano illuminato e clemente: innamorato anch'egli di Elvira, perdonerà Ernani alla fine del dramma e lascerà sposare i due amanti. Al contrario, è de Silva (che vuole sposare la nipote Elvira) che ostacolerà con la richiesta dell'esecuzione del giuramento di Ernani cui aveva salvato la vita, i due innamorati appena convolati a nozze. Il giuramento di Ernani prevedeva che, qualora Don Ruy Gomez glielo avesse chiesto, lui gli avrebbe offerto la sua vita.
Una lode a Ludovic Tézier nella parte del re di Spagna, che fin dall'inizio ha mostrato di far convenire sulla parte tutto il riflesso emotivo, e potente, dell'opera; altrettanto coinvolgente emotivamente e canoramente risplendente Francesco Meli in quella di Ernani. Marianna Mappa ha dimostrato con Elvira che il progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma è arrivato a sfornare dei talenti che perdurano nel tempo e che prenderanno anche quei posti nei luoghi loro deputati, ovvero dove si sono formati in senso musicale. Non ultimo per preparazione e tmbro, il tenore moscovita Evgeny Stavinsky nel ruolo di Don Ruy Gomez de Silva.
Plaudiamo l'allestimento tradizionale a cura di de Hana, in particolare coi giochi tra scenografia, le luci di Vinicio Cheli e le riprese video di Valerio Alfieri, che creavano quasi una sospensione temporale e spirituale alo stesso tempo quando le croci di Gerusalemme si proiettavano su quelle delle chiese cristiane, intrecciandosi in viluppi aerei intorno ai contendenti. I sontuosi costumi hanno ben abbigliato non solo i protagonisti ma anche il Coro, preparato e ben diretto da Roberto Gabbiani. Marco Armiliato ha diretto Verdi con la disinvoltura dovuta alla conoscenza approfondita – anche se di un'opera meno rappresentata rispetto alle più celebri Nabucco e Aida, solo per citarne due – e l'Orchestra ha dato prova di sincronia eccellente coi cantanti e la regia, facendo esplodere il pubblico piu' volte in applausi scroscianti.