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Orizzonti di Follia a Chiusi. Specchi comunicanti
Per i due giorni durante i quali ho partecipato al Festival Orizzonti di Chiusi, ovvero gli ultimi due del Festival cominciato il 29 luglio scorso, ossia il 6 ed il 7 agosto, ho potuto visionare cinque spettacoli: Visitazioni di Paolo Panaro; Le Maddalene e Giro di vite di Valter Malosti; Romeo e Giulietta 1.1 di Roberto Zappalà; ed in ultimo Gli animosi del Monteverdi, il concerto barocco nella cornice affrescata della Cattedrale di Chiusi.
Gli spettacoli si sono svolti tutti nel centro storico della cittadina toscana a cavallo della Val d'Orcia e soprattutto è notabile la prima nazionale del balletto Romeo e Giulietta 1.1. La sfocatura dei corpi con la coreografia e la regia di Roberto Zappalà – ripreso da Antologia di cui fa parte e riadattato - con le musiche di John Cage, Sergei Prokofiev, Pink Floyd e la coppia di ballerini Maud de la Purification, Antoine Roux-Briffaud, che hanno danzato per circa un'ora e un quarto nella cornice in notturna del Chiostro di San Francesco con sullo sfondo l'icona illuminata che li guardava dall'alto. Si rimane colpiti infatti di fronte ad uno spettacolo che mescola la tradizione proveniente dal Romeo e Giulietta di Prokofiev con gli input bassi della musica contemporanea e gli Echoes postmoderni dei Pink Floyd. In questo mix a tratti minimalista come sinonimo di gesti al rallentatore come quelli dei ballerini, si vive una diatriba in contrapposizione al “furore” esplicito della cornice sonora russa, come immersi in una metonimia a specchio continuo, dove i due topoi principali sono la vicinanza e la (in)comunicabilità delle loro rispettive essenze.
Nel flusso interrotto che trova come specchio comunicante le note lancinanti di Prokofiev(le stesse come qualcuno ricorderà, anticipate nella sua Terza Sinfonia), si situa questa rilettura pienamente postmoderna, termine oggettivo che riguarda la ripetuta sottrazione, di senso, di sguardi, attraverso le maschere adoperate nell'intervallo delle danze da sala curate da Simone Viola e Stefano Tomassini, ma anche verbali e non solo corporee, in un'alternanza crudele che lega i due danzatori solo per tranciare quel filo sottile e gettarli in un'agonia lancinante e anelante, cogente.
Lo straordinario in questo balletto rivela soltanto una lieve ingenuità (secondo il nostro sguardo), quella diacronicità stabilità dal balcone e dal susseguirsi delle ombre del tempo sui protagonisti attraverso gli stadi della loro vita, sovrastata invece dalla possente “Icona”, immagine sacrale del Verbo e riferimento invero incadùco e narrativo, come di una sfera predicente il futuro.
Inebriante di vita la narrazione scenica della Favola di Zosa da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, a cura dell'istrionico ed irriconoscibile linguisticamente, il barese Paolo Panaro: nella cornice della storia di Zosa, che termina col matrimonio di lei col principe Tadeo come nella maledizione/benedizione di una vecchia, si situano due novelle, quella dell'Orco generoso e quella della vecchia scorticata. Ques'ultima è parecchio nota perchè lo stesso episodio è riportato nel film di Martone ispirato a Lo cunto de li cunti, ovvero, tradotto in italiano “Il racconto dei racconti”. In napoletano originale, difficile da seguire anche per un madrelingua italiano, si snocciolano velocemente i tre racconti in un locus amenous, ovvero il parco del Lago di Chiusi, dove è sdtato spostata la narrazione scenica tra lo stormire delle foglie.
Ben più angosciosa ed estremamente gotica la narrazione scenica in prima nazionale per il Concerto di fantasmi da Henry James, ovvero Giro di vite (The Turn of the Screw, 1898) di Valter Malosti con la straordinaria attrice, unica sulla scena fatta di ombre, Irene Ivaldi. Sempre di Malosti la lettura scenica con interprete danzante e recitante Lara Guidetti, in rosso fiamma per Le Maddalene. Da Giotto a Bacon, con il violoncello di Lamberto Curton, il tutto dall'originale excursus di Giovanni Testori.
Il concerto barocco nella Cattedrale ha chiuso per me virtualmente il festival con Gli animosi del Monteverdi, in particolare la voce sinuosa, pienamente flessibile e calda del soprano Lucia Cortese, che ha regalato due bis, straordinario quello da Barbara Strozzi “Che si può fare” in cui “le stelle più belle non hanno pietà” ci sembra che firmi il tema delirante del festival, la follia, insieme alla sublimità dell'interpretazione. Applausi per tutto l'Ensemble barocco costituitosi all’interno dell’ISSM Monteverdi di Cremona: Jérémie Chigioni, violino; Fabio Storelli, violino; Giulio Tanasini, viola da gamba; Alessandro Manara, clavicembalo: la conclusione con la Follia non di Boccherini bensì di Vivaldi, ecellentemente eseguita.
La prossima edizione, come ci ha informato il Direttore Artistico confermato per i prossimo anni, Andrea Cigni, sarà dedicato alla VITA in tutte le sue espressioni e si svolgerà il prossimo anno dal 28 luglio al 6 agosto 2017 con due novità operistioche: le nuove produzioni di Madama Butterfly e Norma: attendiamo news di aggiornamento prossimamente.