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Palaexpo. Gli Eroi dolenti di Baselitz
La mostra Georg Baselitz. Gli Eroi, che resterà al Palazzo delle Esposizioni fino al 18 giugno 2017, è nata dalla collaborazione tra prestigiose istituzioni museali, è, infatti, un progetto avviato dallo Städel Museum di Francoforte e realizzato in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo Roma, Moderna Museet Stoccolma, Museo Guggenheim Bilbao.
La mostra raccoglie la maggior parte dei quadri appartenenti alla serie nota con il titolo di “Eroi” o “Nuovi tipi”, alla quale il giovane Baselitz, appena ventisettenne, si dedicò tra il 1965 e il 1966, con i dipinti sono esposti disegni e xilografie scelti tra quelli realizzati dall'artista e dedicati allo stesso soggetto.
Ai dipinti e ai disegni degli anni Sessanta si aggiunge una selezione di “Remix”, grandi quadri realizzati dopo il Duemila che reinterpretano i precedenti “Eroi” o “Nuovi tipi”. L'esposizione è arrivata a Roma dopo Stoccolma e poi andrà a Bilbao, le mostre pur avendo lo stesso argomento non sono uguali, l'edizione romana presenta circa 70 lavori ed è curata da Max Hollein, già direttore dello Städel Museum di Francoforte e ora direttore del San Francisco Museum of Fine Arts, e da Daniela Lancioni, curatore senior del Palazzo delle Esposizioni. Non è una mostra antologica bensì si focalizza su un periodo cruciale del percorso artistico di Baselitz, che in un anno di intenso fervore creativo realizzò 60 dipinti, 130 disegni e 38 stampe. L'artista disse delle sue opere: “Il mio lavoro non è assolutamente concepibile senza storia, senza passato” e: “A me interessa la mia biografia.”
L'artista all’anagrafe Hans-Georg Bruno Kern, nacque in Sassonia a Deutschbaselitz nel 1938, e al termine della Seconda Guerra Mondiale, divenne un cittadino della Repubblica Democratica Tedesca. Nel 1956 cominciò a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Berlino Est da cui, alla fine del primo semestre, fu espulso con l’accusa di “immaturità sociopolitica” per il suo rifiuto di lavorare in fabbrica durante le vacanze estive. S'iscrisse allora all’Accademia di Belle Arti della Repubblica Federale a Berlino Ovest e, nel 1961 quando la Germania dell’Est alzò il Muro, abitava già nella zona Ovest della città. In quello stesso anno prese il nome d’arte di Georg Baselitz, sostituendo il suo cognome con il toponimo della sua città di origine. Non ebbe vita facile neanche all'ovest dove il perbenismo borghese lo esasperava e firmò con il pittore Eugen Schönebeck i due dissacranti Manifesti Pandemonici. Nel 1963, due suoi quadri esposti alla sua prima mostra personale nella galleria di Benjamin Katz e di Michael Werner a Berlino, furono giudicati osceni e vennero sequestrati, ma la giuria di Villa Romana a Firenze, tradizionalmente indipendente dall’ufficialità accademica, gli diede un a borsa di studio; dopo il soggiorno fiorentino iniziò la serie degli “Eroi” o dei “Nuovi tipi” oggetto dell'esposizione.
La parentesi biografica è la fondamentale premessa per inquadrare le opere di cui l'artista disse: “Se fossi nato in un altro modo, in un altro luogo, avrei potuto realizzare quadri che sarebbero stati di certo più felici” e “Oggi non esistono ideali. Sono stato messo al mondo in un ordine distrutto, in un paesaggio distrutto, in un popolo distrutto, in una società distrutta. E non volevo introdurre un nuovo ordine. Avevo visto fin troppi cosiddetti ordini.” È impossibile non pensare alle immagini di Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini, che documentano le rovine non solo materiali della Germania alla fine della guerra. Sono immagini che Baselizt deve aver introiettato nella sua infanzia e che emergono prepotentemente nella serie degli “Eroi” o dei “Nuovi tipi” in cui la figura umana con vesti stracciate e consunte ha come sfondo una natura profanata, devastata e cumuli di rovine. La permanenza nella DDR, seppure per un tempo limitato, si era svolta durante la rimanente parte dell'infanzia, che già prima era trascorsa sotto il peso dell'ideologia nazista, e si era protratta all'adolescenza, due cruciali periodi formativi.
L'approdo all'Ovest avvenuto in un'epoca di miope perbenismo, determinato dall'adozione acritica e incontrastata dei modelli statunitensi, a nostro avviso, fanno ben comprendere lo spirito ribelle e provocatorio della serie che fu realizzata in un breve arco di tempo sotto la spinta di una frenetica urgenza creativa. Alla presentazione della mostra, inoltre, l'artista ha manifestato una violenta ripugnanza ad essere classificato o inquadrato sotto qualsivoglia etichetta o corrente artistica, rivendicando decisamente e coerentemente la sua individualità. La mostra è disposta in sette grandi sale, un pannello con la biografia di Baselitz apre il percorso, nella prima sezione ci sono alcune delle premesse creative alle opere come Feld (Campo 1962) un tetro campo con resti umani, i Manifesti Pandemonici scritti da Baselitz con Eugen Schönebeck nel 1961 e nel 1963, tradotti in Italiano per la prima volta in questa occasione della mostra, con inoltre i disegni e le incisioni legati ai dipinti che occupano le cinque sale successive.
I quadri degli “Eroi” o dei “Nuovi tipi” sono olii su tela, sono tutti dello stesso formato verticale, quello che si usa per il ritratto della figura in piedi, e, salvo poche eccezioni, della stessa misura: cm 162 x 130, vicino ad alcuni sono posti altri disegni e incisioni che rimandano al dipinto. Gli “Eroi “ sono giovani massicci con vestiti stracciati, il loro sguardo è vacuo, perso nel nulla, hanno i pantaloni aperti ed esibiscono i loro genitali, unica parte del corpo che manifesti vitalità, una provocazione al perbenismo imperante di quegli anni, per cui fu accusato di oscenità o solo l'espressione volitiva e passionale del desiderio di vivere ? La pittura dai colori spesso accesi, ha tratti vigorosi e spezzati, un colore violento e materico, tutto palesa il violento impulso creativo di Baselitz che dipinge questi giovani dispersi, unico segno di vita in un paesaggio naturale ferito. In alcuni quadri l'albero e l'uomo sono associati come in Vento in poppa, in altri c'è solo l'albero, metafora nella cultura tedesca, di fierezza, forza e longevità. L'albero, però, è spoglio come in inverno ma non solo, è ferito, sanguina e ha rami spezzati, tagliati, nella sua natura riflette la devastazione umana. Rovine, indumenti e oggetti di uso quotidiano appaiono nei dipinti come abbandonati da un popolo in fuga, a volte sono raccolti dall'uomo come ne Il pastore e in Economia. In Con bandiera rossa e ne Il rossoverde la bandiera che l'uomo ha, è lacera, inutile, il Pittore moderno è accovacciato ha un pesante fardello sulle spalle e le sue mani affondano come radici nel suolo, abbattuto, sembra trarre forza dalla terra, in questo Alexander Kluge ha visto una allusione al mitico Anteo, il gigante figlio di Posidone e Gea, a cui la terra rendeva la forza ogni volta che Eracle lo abbatteva che se ne accorse e così lo soffocò mentre lo teneva sollevato.
Nella sesta sala sono esposti i quadri “fratturati” del 1966, tra gli altri “Primo quadro fratturato - Il nuovo tipo (Pittore con cappotto)” o “Tre strisce - Il pittore con il cappotto (secondo quadro fratturato)” in cui viene riproposta l'associazione con l'albero, in questi dipinti i soggetti sono divisi in due o tre parti, non più allineate ma spostate lateralmente. Le sette grandi tele (cm 300x25) del 2007 – 2009 dell'ultima sala appartengono alla serie dei “Remix” e si riferiscono alla serie degli “Eroi” o dei “Nuovi tipi”, i toni sono sfumati gli stessi temi sembrano come visti come provenire da un'epoca remota, il Pittore moderno sembra alludere a Pollock. Gli “Eroi” furono dipinti negli anni '60 ma, a nostro avviso, non sono datati ma hanno sempre molto da esprimere, le rovine di oggi sono diverse da quelle di allora, ma sono più difficili da rimuovere e la ricostruzione oggi di tutto ciò che è stato distrutto dal liberismo economico, ambiente naturale, umano e sociale, pare ardua se non impossibile.