Supporta Gothic Network
Palazzo Barberini. Bernini prima dell'eburneo marmo
Genio indiscusso del barocco romano, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) è il protagonista di una grande mostra sulla sua produzione grafica a Palazzo Barberini dall’11 marzo al 24 maggio 2015. Circa 120 opere, per lo più disegni, ma anche dipinti, sculture e oggetti, illustrano “Il laboratorio del Genio. Bernini disegnatore”, ovvero le varie fasi delle sue creazioni artistiche, che dall’iniziale idea, lo portano, attraverso il segno grafico, alla realizzazione dell’opera d’arte.
La mostra è stata realizzata dalla Soprintendenza per il Polo museale romano, diretta da Daniela Porro, in collaborazione con il Museum der Bildenden Künste di Lipsia, che ha prestato circa 50 disegni, mentre altri prestiti provengono dalle collezioni reali di Windsor Castle, per gentile concessione di Sua Maestà la regina Elisabetta II, dal British Museum, dall’Albertina di Vienna (in questo caso disegni di Francesco Borromini, prima suo collaboratore e poi suo antagonista), dall’Istituto Nazionale della Grafica, dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, e da altre importanti raccolte italiane e straniere.
Il merito dell’idea va proprio al museo di Lipsia che ha voluto celebrare Bernini con la grande mostra “Bernini, Erfinder des Barocken Rom”, dal 9 novembre 2014 al 2 febbraio 2015, per ricordare i 300 anni dall’acquisizione di un’importante raccolta di disegni berniniani (oltre 200 fogli) e di altri oggetti d’arte che erano appartenuti in parte a Cristina di Svezia e che sono stati venduti alla Ratsbibliotek di Lipsia dal priore collezionista Francesco Antonio Renzi.
Questa raccolta documenta quasi tutto l’arco della vita di Bernini e molti dei suoi progetti chiave che hanno segnato in modo profondo il volto della città. L’itinerario espositivo è suddiviso per argomenti in sei sale e comprende accademie, schizzi, progetti di architetture, caricature, disegni di presentazione, ritratti e autoritratti. Assolutamente straordinaria appare la sua capacità di disegnatore, manifestata già in giovanissima età (a otto anni), come testimoniato dai suoi biografi. Egli esercitò per anni la pratica di copiare le sculture antiche nel Belvedere Vaticano, prima di arrivare al suo “stile barocco”, che esplose con le committenze delle statue marmoree di Villa Borghese da parte del cardinale Scipione.
Esercitazioni d’accademia sono sia un disegno con il Torso del Belvedere, sia un busto marmoreo di Laocoonte prestato dalla Galleria Spada. Molto interessanti sono i preziosi oggetti aggiunti che, come scrive Giovanni Morello, uno dei curatori della mostra, “rendono visivo e realizzato il pensiero originario espresso da Bernini in forma grafica e poi concretizzato vuoi nella creta del modello o nel marmo di una scultura, vuoi nel metallo prezioso di un reliquiario e persino nell’incisione per l’illustrazione di un libro”.
La presentazione in serie dei disegni di uno stesso soggetto aiuta, in effetti, a comprendere il suo iter creativo, come nel caso dei quattro fogli di Lipsia con il profeta Daniele nei diversi atteggiamenti che Bernini sperimentava prima di giungere al bozzetto in creta, che ammiriamo in mostra, per l’omonima scultura nella Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo. Pure presente in mostra è il reliquiario, la cui progettazione è testimoniata da due disegni di Lipsia, che è stato rintracciato pochi anni fa nel Museo diocesano di Osimo.
Un’intera sala è dedicata a San Pietro, con disegni che vanno dal Baldacchino alla tomba di Urbano VIII Barberini, dalla Cathedra Petri alla tomba di Alessandro VII Chigi, dalla Scala Regia al Colonnato della piazza. Il disegno delle colonne tortili del baldacchino di San Pietro sono in realtà opera di Francesco Borromini, che di lì a poco si sarebbe staccato dalla cerchia berniniana.
Non mancano, poi, i progetti relativi ai monumenti che caratterizzano alcune piazze romane, la Fontana dei 4 Fiumi in piazza Navona (è presente anche il bozzetto in terracotta) e l’Elefantino di piazza della Minerva. In entrambi i casi sono stati utilizzati degli obelischi egizi. Se per l’elefantino della Minerva l’obelisco diventa simbolo della sapienza antica, come è scritto sulla gualdrappa dell’elefante, nel caso della fontana dei Fiumi le cose non sono così esplicite.
Il monumento vuole essere essenzialmente un’allegoria del trionfo del papato di Innocenxo X Pamphilj sul mondo intero. Ed ecco che l’obelisco, da simbolo pagano qual era, diviene l’emblema del mondo angelico, cioè di quegli esseri di luce che fanno da tramite tra il mondo divino e l’universo, rappresentato dalla base quadrifronte aperta (la caverna cosmica) con i quattro fiumi e una serie di animali tipici dell’Egitto. Ma la genialità di Bernini ha saputo creare, al di là del valore simbolico delle allegorie, una perfetta armonia della natura, attraversata da una corrente vitale che sembra unire cielo e terra.