Supporta Gothic Network
Palazzo Braschi. La laguna secondo Canaletto
Il Museo di Roma, sito nel neoclassico Palazzo Braschi a Piazza Navona, ospiterà fino al 19 agosto 2018 la mostra “Canaletto 1697-1768” dedicata a Giovanni Antonio Canal (Venezia 1697 -1768) noto come Canaletto, nel 250° anniversario della morte. La curatrice Bozena Anna Kowalczyk è riuscita a raccogliere il più ampio numero di opere dell'artista mai esposto in Italia: 42 dipinti, inclusi alcuni celebri capolavori, 9 disegni e 16 libri e documenti d’archivio.
La curatrice, una delle maggiori esperte di Canaletto, alla conferenza stampa ha sottolineato come ci siano voluti ben due anni e mezzo di intenso lavoro per preparare l'esposizione, in quanto le maggior parte delle opere sono all'estero. Le opere, infatti, provengono da alcuni tra i più importanti musei del mondo, tra cui il Museo Pushkin di Mosca, il Jacquemart-André di Parigi, il Museo delle Belle Arti di Budapest, la National Gallery di Londra e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Sono in mostra anche alcune opere conservate nelle collezioni britanniche per le quali furono appositamente create. La curatrice ha affermato che la collocazione della mostra nel neoclassico Palazzo Braschi e il suggestivo allestimento, in cui sono stati anche inseriti dei preziosi costumi settecenteschi appartenenti alle collezioni del Museo, sono la perfetta cornice per l'esposizione delle opere di Canaletto. La Kowalczyk ha anche sottolineato l'importanza dei soggiorni del pittore a Roma nello svolgimento del percorso artistico, come dimostrano alcune delle opere esposte. Il catalogo da lei curato, impreziosito dalle numerose fotografie a colori, è basato sulle più recenti ricerche storiche e archivistiche, e sui risultati degli studi sulla tecnica e il metodo di lavoro dell'artista.
Canaletto è uno dei più noti pittori del '700, fu un innovatore nel genere della 'veduta', un artista che unì l'abilità tecnica e l'uso razionale delle scoperte scientifiche al talento geniale ma metodico. La mostra è divisa in nove sezioni che guidano il visitatore in un percorso cronologico, si comincia da Canaletto scenografo teatrale impegnato con il padre nel dipingere scene teatrali, da questo tirocinio apprese la pennellata rapida, la “prospettiva ad angolo” e la luce 'drammatica'. Il teatrino in piazzetta, in mostra, è un'animata e deliziosa opera impostata come una scenografia teatrale. A Roma realizzò le ultime scene per due opere di Alessandro Scarlatti (1660-1725) testimoniate dal suo nome insieme a quello del padre sui libretti di Tito Sempronio Gracco e Turno Aricinio e iniziò la sua carriera di vedutista. Il giovane Canaletto fu affascinato dai monumenti, si creò un repertorio di soggetti su cui lavorare e i suoi inizi di vedutista sono quelli del 'Capriccio archeologico', con una tecnica vivace, ben diversa da quella levigata di Gaspar van Wittel (1652/3- 1730). Nella parte dedicata a Roma e al 'Capriccio Archeologico' sono esposte tre opere provenienti da collezioni private estere, che testimoniano l'ascendenza teatrale e il suo genio creativo: Veduta ideata con rovine romane, Capriccio notturno con ponte e Capriccio architettonico, in cui pone fra le rovine 'classiche' anche la Libreria di San Marco del Sansovino e la Basilica Palladiana di Vicenza immaginandone una futura decadenza.
Ritornato a Venezia il passaggio alla 'Veduta veneziana' è una naturale conseguenza della sua esperienza romana. Nella città operava Luca Carlevarijs (1663-1730), pittore esperto con solida preparazione scientifica e architettonica, ma i suoi dipinti sono statici rispetto alla naturalezza delle vedute di Canaletto, sensibile alle variazione di luce e di atmosfera. L'artista riscosse un immediato successo attirando l'attenzione degli agenti dei collezionisti, Alessandro Marchesini per Stefano Conti, Owen McSwiny (1676-1754) e Joseph Smith ( 1674-1770), mercante e collezionista, che divenne amico dell'artista e lo aiutò nei momenti di difficoltà. Questi ultimi furono fondamentali per farlo conoscere a viaggiatori inglesi del “Grand Tour “. Tra le opere in mostra nella sezione Venezia le prime vedute ci sono Il ponte di Rialto da nord e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità e Il Bacino di San Marco dalla Giudecca. Progressivamente l'artista abbandonò i fondi scuri e i forti contrasti di luce a favore di una luminosità solare e curò la resa della luce sull'acqua e delle onde. La pittura di Canaletto va oltre la topografia, la tecnica accurata con l'uso del righello, del compasso, della punta del pennello rovesciato per incidere la pittura fresca per dare più corpo alle architetture e la scelta dei colori per la resa degli effetti atmosferici, perché diviene l'interpretazione poetica di ciò che ha visto.
Lo splendore e la fama, Canaletto e il Grand Tour questi i titoli delle sezioni dedicate alla pittura dell'artista sempre più richiesta dalla vasta clientela che commissionò l'illustrazione delle feste come Il ritorno del Bucintoro al Molo il giorno dell'Ascensione e vedute di grande fascino come Piazza San Marco con la Torre dell'Orologio e San Giorgio Maggiore dal Bacino di San Marco. Sono esposti anche disegni che mostrano come Canaletto sia uno straordinario disegnatore e testimoniano il lavoro preparatorio 'en plein air', un repertorio che poi veniva utilizzato per i dipinti; il disegno di una nave mercantile lo ritroviamo in dipinti come La riva degli Schiavoni verso ovest da San Biagio.
Due sezioni sono dedicate ai rapporti con il nipote Bernardo Bellotto (1722- 1780), Canaletto e Bellotto Roma antica e moderna e Bellotto a Torino Canaletto a Padova. Per aiutare la sorella abbandonata dal marito Canaletto insegnò il 'mestiere' a due dei nipoti ma solo Bernardo mostrò il necessario talento per affermarsi, differenziandosi dallo zio con una pittura più realistica e fredda. Bellotto aiutò molto lo zio nel portare a termine tutte le numerose commesse e nel 1742 andò a Roma per la realizzazione di un notevole numero di disegni preparatori su indicazione dello zio, anche se i suoi interessi erano volti alle architetture rinascimentali e barocche della città. Il lavoro e l'intima conoscenza della tecnica dello zio hanno reso le attribuzioni di alcuni dipinti problematica; i due sono messi a confronto in due quadri in esposizione con lo stesso soggetto Piazza San Marco verso est. Di Canaletto La basilica di Massenzio, Santa Francesca Romana e il Colosseo e L'arco di Settimio Severo mostrano come la sua sensibilità lo porti ad evidenziare la diversità cromatica della calda luce romana; la vivezza dei i colori e la raffinatezza della composizione differenziano molto queste opere da quelle giovanili e dal dipinto di Bellotto Piazza Navona verso nord. Quando Bellotto si affermò le loro strade si separarono, il nipote andò a Dresda e Canaletto in difficoltà finanziarie a Londra.
A Londra l'artista nei dipinti evidenziò la luce e condizioni atmosferiche della città, che erano ovviamente diverse da quelle veneziane, cosa che portò a dubitare che fosse lui l'autore dei dipinti e lo costrinse a pubblicare due annunci sul “Daily Advertiser” invitando a visitare il suo studio per verificare la veridicità delle sue affermazioni. Per quello che riguarda il collezionismo britannico dagli anni trenta alla fine del soggiorno londinese, stranamente furono solo i nobili appartenenti al partito Wigh i suoi committenti. Nella sezione dedicata a Londra e i castelli della nobiltà inglese sono esposte e due parti di un’unica tela, raffigurante Chelsea da Battersea Reach, tagliata prima del 1802 e riunita in questa mostra per la prima volta; la parte sinistra proveniente da Blickling Hall, National Trust, Regno Unito, quella destra dal Museo Nacional De Bellas Artes de la Habana, un prestito eccezionale del governo cubano.A queste si aggiungono tra gli altri quadri Windsor Castle da sud ovest e La Cattedrale di St. Paul.
L'ultima sezione è dedicata agli ultimi anni di Canaletto, Ritorno a Venezia: gli ultimi fuochi di artificio, l'artista cambiò ancora, sperimentando tecniche e prospettive differenti, nonostante le vedute siano ancora richieste, come dimostrano le opere di Francesco Guardi (1712-1793). Sono esposte tra le altre Piazza san Marco verso est dal portico delle Procuratie nuove, dove viene ritratto anche il Caffè Florian e l'incoronazione del Doge sulla Scala dei Giganti in penna e inchiostro e acquarello grigio, una tecnica usata anche per Campo San Giacomo di Rialto e Capriccio con una torre rotonda e rovine sulla laguna. La tecnica di queste ultime tre opere è sorprendente, la prima fa parte di una serie dedicata alle Solennità dogali realizzate per l'incisione e tutte sono la testimonianza della sua abilità come disegnatore e di come desse importanza e attenzione alla realizzazione dei disegni.