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Palazzo Strozzi. L'avanguardia russa tra fuoco e ghiaccio
A Palazzo Strozzi, a Firenze, sarà ospitata fino al 19 gennaio 2014 la mostra L’Avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente. Kandinsky, Malevič, Filonov, Gončarova. Tre sono i curatori: John E. Bowlt -University of Southern California, Los Angeles-, Nicoletta Misler - Università di Napoli l’Orientale - ed Evgenia Petrova - Deputy Director for Academic Research, State Russian Museum, St. Petersburg.
L'Avanguardia russa, a cui sono state dedicate innumerevoli esposizioni in Occidente, è sempre stata analizzata secondo una visione che metteva al centro l'Europa e i suoi movimenti artistici, Futurismo e Cubismo, come i motori di ispirazione e innovazione per gli artisti russi. Un punto di vista univoco che ha trascurato la storia culturale della Russia, vista sì come appartenente all'Oriente esotico in Europa, ma di cui non si è la considerata la vastità dell'estensione geografica che abbracciava una parte cospicua dell'Asia e i rapporti di contiguità e scambio con una vastissima parte dell'altra. I curatori hanno evidenziato come raramente questo tema sia stato affrontato sottolineando come ci siano state solo due mostre precedenti a questa: al Museo d'arte orientale di Mosca e in Olanda al Gröninger Museum.
La diversità e la peculiarità culturale della Russia nella sua posizione tra Oriente ed Europa é stato un tema che era già affiorato tra gli esponenti delle diverse forme artistiche, tra gli altri: Tolstòj in letteratura, e il “Gruppo dei cinque” nella musica. Si erano aggiunte poi le esplorazioni scientifiche nell'immenso territorio dell'impero a est degli Urali, che stavano rivelando un mondo sconosciuto e affascinante. L'esposizione è un percorso coinvolgente e seducente nel tempo e nello spazio, articolato in undici sezioni, un itinerario che ha come sottotitolo fuoco, quello delle distese infuocate della steppa dell'Asia centrale, e ghiaccio, quello delle inquietanti e ghiacciate foreste della taiga siberiana.
Si è accolti da una Kammenaja baba, uno degli antichissimi idoli di pietra a guardia delle tombe a tumulo, trovati nelle vaste distese siberiane che la tradizione popolare riteneva femminili. Insieme a questa presenza inquietante che ispirò l'arte, ci sono opere come Macchia nera di Kandinsky, Cerchio nero di Malevič e Il vuoto di Gončarova (in riproduzione almeno quando l'abbiamo visitato), emblematici nel rappresentare il senso di smarrimento manifestato dagli artisti all'inizio del nuovo secolo.
Le suggestioni provocate negli artisti dal viaggio, che il futuro zar Nicola II fece nel 1890, sono analizzate nella parte che ha per titolo Fonti esotiche dalla Grecia all'India. Prima tappa del lungo viaggio via mare fu la Grecia poi l'India, Ceylon, Giava, il Siam, il Giappone e la Cina, per poi concludersi a Vladivostok- porto e punto di arrivo della ferrovia transiberiana non ancora terminata - dove iniziò il viaggio di ritorno, via terra, per conoscere le popolazioni che vivevano nel vasto impero che avrebbe governato lo zar. I doni ricevuti durante il viaggio, che furono esposti al pubblico nel Palazzo d'Inverno nell'allora Pietroburgo, e i resoconti del viaggio, furono il punto di partenza per le variegate percezioni dell'Oriente da parte degli artisti.
Léon Bakst è noto soprattutto per le scene e i costumi (1912), creati per i Ballets russes di Sergej Djagilev, in quelli per Le Dieu Bleu il suo stile denota un gusto orientaleggiante vicino alla concezione europea dell'Oriente, ma in In Terror Antiquus, l'antica Grecia è rappresentata come un mondo ancora barbarico e avamposto dell'oriente, una concezione che è antitetica a quella occidentale. Aleksandr Benois, anch'esso noto scenografo e costumista, creò una Cina fiabesca nelle splendide scenografie e costumi per Le Rossignol (1914) di Igor Stravinskij, sempre per i Ballets russes di Djagilev, ha come Bakst, una visione favolistica e dai colori lussureggianti dell'Oriente, assai lontana da quella delle avanguardie, nonostante poi fosse attratto dalla spiritualità orientale.
Questa che potrebbe sembrare una contraddizione deriva dalla contrapposizione, molto sentita nella cultura russa, tra la razionalità scientifica occidentale e la spiritualità e la sapienza orientali, che attraeva molto la sensibilità e la creatività dei diversi artisti. La presenza in vaste zone dell'impero russo (Asia centrale) di popolazioni di religione islamica (Kirghizia e Uzbekistan), buddista (Calmucchi e Buriati) e animista, anche se minoritaria ma non per questo meno affascinante, ebbe come conseguenza che spiritualità diverse furono conosciute e, nel caso di quella buddista, anche accettate con grande tolleranza. A questo si aggiunse l'influsso esercitato dall'Induismo e dal Sufismo, e anche dall'arte dell'India e della Persia, che trovarono espressioni differenti nella ricerca delle Avanguardie, come dimostra l'acquerello Uccelli esotici (1915) di Wassily Kandinsky.
L'idea di accostare nella esposizione l'originale orientale all'opera dell'artista che vi si è ispirato, è vincente e seducente, un esempio è il Kalamkar, persiano, del Maestro Arufbek, una stampa su tessuto in cui, come nelle miniature, la narrazione è verticale e senza prospettiva, vicino a due quadri di Il’ja Masˇkov. Il Ritratto di signora in poltrona ha come sfondo un Kalamkar e così pure la Natura morta, in cui la raffigurazione dei soggetti in primo piano ricorda Cezanne, un'originale commistione di influenze diverse.
Anche le stampe orientali ebbero un ruolo fondamentale nello sviluppo espressivo delle avanguardie russe. Le stampe giapponesi erano arrivate in Occidente dopo che, nel 1853, il Giappone fu costretto con la forza dagli USA ad aprire i confini, questi ultimi avevano esercitato una grande influenza sulla pittura impressionista e post impressionista. Nella parte dedicata al Giappone, che sconfisse la Russia nella guerra che si svolse tra il 1904 e il 1905, si trovano le stampe della propaganda di guerra dei due stati, entrambe ispirate alla tradizione delle antiche stampe giapponesi, l'aspetto singolare è la loro somiglianza grafica. Anche la stampa popolare russa, lubok, che era molto diffusa tra il popolo e aveva una grafica semplificata ed essenziale, attrasse gli artisti delle avanguardie.
La Cina è l'altra fonte di ispirazione, superato l'esotismo fiabesco delle chinoiserie, le stampe popolari e la calligrafia esercitarono una grande attrazione sugli artisti, tra gli esempi in mostra: l'acquarello Tigre (1920) di Lev Bruni e i diversi, Motivo grafico di Petr Mituricˇ, in inchiostro di china. Natal'ja Gončarova è un'artista emblematica di una ricerca espressiva alternativa all'Occidente, riguardo al suo percorso artistico affermava: "La mia strada va verso la fonte originaria di tutte le arti, verso oriente. L'arte del mio paese è incomparabilmente più profonda di tutto quanto si conosca in Occidente." E aggiungeva:“D'altronde tutta l'arte viene dall'Oriente; anche la stupenda età della pietra in Europa occidentale non ha nulla in comune con ciò che è stato fatto più tardi. Per giunta bisogna ricordare che la nostra età della pietra coincide con il fiorire dell'Egitto, dell'India, della Cina. In Occidente esiste una civiltà, in Oriente una cultura.”
Nella sezione dedicata al rapporto con le stampe cinesi sono significative per l'uso dei colori e la composizione, tre sue opere: Natura morta con stampa cinese (1908-1909), Lubok cinese (anni dieci) e Natura morta con pelle di tigre (1908). All'interno dell'immenso impero russo nel corso degli anni c'era stato lo scambio culturale tra centro e periferia e alcuni artisti provenivano dalle aree orientali tra loro Martiros Sar’jan e Georgij Jakulov (armeni), Lado Gudiasˇvili, Kirill Zdanevicˇe Isidor Frich-Char (georgiani), e Ruvim Mazel’, Aleksandr Nikolaev e Aleksandr Volkov (uzbeki).
Nelle sezioni conclusive l'attenzione si sposta all'influsso esercitato dalle zone all'interno dell'impero iniziando dalla sterminata pianura, che è stata ciclicamente percorsa dalle popolazioni di origine mongola che si espandevano verso occidente. Proprio di Aleksandr Volkov sono in mostra tempere che ci restituiscono immagini vivide e di grande suggestione dalla serie “Primitivo orientale” (1918-1919) tra cui Conversazione sotto un ramo di melograno. Di Ruvim Mazel’ sono esposte Vecchia Ashkhabad (1930) e Nella jurta (1929 mentre di Filonov, Oriente e Occidente (1912-1913) raffigurano quella contrapposizione che pervade i movimenti di avanguardia.
Le altrettanto vaste e allora, ancora solo parzialmente esplorate, foreste siberiane, la taiga, le inquietanti e affascinanti testimonianze ritovate dalle spedizioni scientifiche, le Kammenaja baba, gli oggetti dei culti animistici e gli strumenti usati dagli sciamani furono un'altra inesauribile fonte di ispirazione per gli artisti. In alcuni prevale una rappresentazione figurativa permeata di una grande tensione spirituale e di sintonia con la natura come in Nikolaj Rerich, a cui furono affidate, non a caso, scene e costumi per Le sacre du printemps (I riti della primavera) di Stravinskij, per i Ballets russes di Djagilev. Di Rerich, sono tra l'altro presenti: Il grande sacrificio (1910), Esorcismo terrestre (1907) e Malaugurio (1901). Grigorij Cˇoros-Gurkin ne il Lago degli spiriti delle montagne (1909) descrive i maestosi paesaggi e le usanze delle popolazioni, ne Lo sciamano Bajcˇijak (1907).
Le Kammenaja baba e le sculture dei primitivi ispirarono l'arte delle avanguardie , tra quelle in mostra sono indimenticabili per la forza espressiva le splendide opere di Natal’ja Gončarova, Natura morta con sculture e Statue di sale. Il Tamburo sciamanico, proveniene da Chakasy, regione dello Enisej-fine del XIX,inizi del XX secolo- in legno, pelle di renna, rame, tessuto, tinture è significativamente esposto con opere che si ispirarono all'arte primitiva ed etnica, come Ovale bianco (1919), Composizione n. 217 “Ovale grigio” (1917) e Due ovali (1919) di Wassily Kandinsky.
Kazimir Malevič fu il fondatore del Suprematismo, un neologismo creato per indicare nell'arte la supremazia della sensibilità pura, senza rappresentazione e anche lui trasse ispirazione dall'arte primitiva ed etnica in esposizione Supremus n. 58 (1915-1916), Testa (1928-1929) e Donna che prega (1910 1911), sono alcuni degli esempi in esposizione. Gli idoli e gli oggetti primitivi ed etnici ispirarono anche la scultura, Donna che danza (1915-1916) in radice di legno di Michail Matjušin colpisce per la sua essenziale plasticità. Non è possibile descrivere tutto ma solo alcune parti di questo affascinante, insolito e imperdibile percorso che suggerisce molti spunti di riflessione sulle avanguardie russe; il catalogo, con i suoi saggi e le splendide fotografie è uno strumento indispensabile per chi voglia approfondire.