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Palazzo Venezia. Alla ricerca dei suoni perduti
Clavicembali, spinette, fortepiani, arpe, salteri, mandolini e chitarre, tutti strumenti che evocano la musica della nostalgia, sono di casa a Palazzo Venezia nella mostra “Alla ricerca dei suoni perduti”, che espone strumenti musicali della collezione Giulini dal 28 gennaio al 1 marzo 2015.
L’evento espositivo, proposto dalla Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma, diretta da Daniela Porro, non solo mostra una preziosissima raccolta di raro valore artistico e storico, ma permette di ascoltarne il suono registrato, e di apprendere da alcuni filmati le tante curiosità relative a questi affascinanti strumenti, veri capolavori di ebanisteria e pittura.
I loro decori, talvolta eseguiti da grandi artisti, come nel caso della Fuga in Egitto dipinta su un clavicembalo da Luca Giordano, la loro appartenenza a diverse aree geografiche, le caratteristiche e i contesti nei quali venivano suonati sono tutti aspetti messi in luce dalla collezionatrice Fernanda Giulini, che è anche curatrice della mostra, e dal curatore del catalogo John Henry van der Meer.
A tutti i giovani musicisti Fernanda Giulini consiglia “di suonare gli strumenti storici per conoscere il suono prediletto dai grandi compositori al momento della creazione della loro musica”. Lei lo fa abitualmente nella seicentesca villa Medici Giulini a Briosco, in Brianza. La maggior parte delle arpe e degli strumenti a tastiera esposti sono stati costruiti nel Settecento, negli anni contemporanei alla vita di Wolfgang Amadeus Mozart, che nella Sala del Concistoro di Palazzo Venezia suonò durante il viaggio in Italia del 1770, all’età di 14 anni.
In particolare il fortepiano di Nannette e Matthäus Stein “riporta alla timbrica degli strumenti che entusiasmarono Mozart quando incontrò nel 1777, ad Augsburg, Johann Andreas Stein, padre dei due fratelli”, scrive Fernanda Giulivi. Anche se il grande musicista preferì usare i fortepiani di Anton Walter, forse per il suono espressivo e inquietante, “suonare la musica di Mozart mettendo a confronto uno Stein e uno Steinway è un’esperienza che appaga pienamente quella curiosità che è la vera spinta a creare una collezione di strumenti musicali”.
Il “cembalo Ottoboni” (II metà del XVII secolo), evoca lo splendore del Seicento romano, collegandosi anch’esso alla storia del palazzo ospitante. Fu probabilmente commissionato dal cardinale Pietro Ottoboni, o forse dell’omonimo prozio divenuto papa col nome di Alessandro VIII, mentre l’attribuzione del decoro del coperchio a Luca Giordano risalirebbe a Federico Zeri.
Quanto alle spinette vivacemente dipinte, che erano costruite a Venezia o a Bologna e destinate a un uso femminile, si vedono spesso raffigurate in molti quadri del Settecento. Il fortepiano da boudoir è un esempio analogo realizzato a Vienna e nasconde gli stessi cassettini segreti delle spinette italiane. Cassettini dove si conservava l’occorrente per il cucito.
In mostra è presente anche un modello realizzato a Salisburgo con la doppia meccanica di cembalo e di Hammerklavier, dotato di una corda per poterlo suonare e verificare ciò che determina la differenza tra i due suoni. Consente di comprendere facilmente la grande invenzione di Bartolomeo Cristofori che, con la creazione del suono variabile del “gravicembalo col piano e il forte”, ha aperto la strada a quella rivoluzione musicale che ha portato alla nascita del moderno pianoforte.
Una sala della mostra è dedicata ai libri di musica pubblicati tra il 1690 e la fine del XVIII secolo. Sono presenti anche preziosi messali romani con testi destinati al canto liturgico, con le note scritte sul tetragramma, cioè il rigo musicale di quattro righe, che sarà poi sostituito dal pentagramma. Sempre in tema di musica sacra, non possiamo tralasciare i salteri, definiti in mostra “gli strumenti degli angeli”. Si tratta di strumenti rari che possono essere suonati con il plettro oppure percuotendo le corde con le bacchette. Le fasce di uno dei due salteri esposti sono decorate con scene orientali, come la cerimonia del the, nella quale i motivi floreali si rincorrono in un’eleganza tutta barocca.