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Palazzo Venezia. Il restauro della Sala delle Fatiche di Ercole
La Sala delle Fatiche di Ercole a Palazzo Venezia viene aperta al pubblico, a partire dal 27 maggio 2017, dopo un accurato restauro, che ha riguardato il soffitto ligneo e il fregio a fresco, realizzato da un pittore dal linguaggio pienamente rinascimentale, probabilmente dell’ambito di Andrea Mantegna. Curato per la parte scientifica da due funzionari del Polo Museale del Lazio, Sonia Martone e Paolo Castellani, il restauro è stato finanziato dalla Fondazione Silvano Toti, rappresentando “un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato”, come ha sottolineato la Direttrice del Polo Museale Edith Gabrielli.
La sala si trova al piano nobile del Palazzo di Venezia nell’appartamento del cardinale veneziano Pietro Barbo, poi divenuto papa col nome di Paolo II (1464-1471). Destinata originariamente alla custodia dei paramenti sacri, era detta anche Sala dei Paramenti. Il fregio affrescato nella parte alta delle pareti raffigura una loggia a dodici arcate, quattro con fontane e amorini, le altre con scene relative a otto fatiche dell’eroe: Ercole e il Leone Nemeo, Ercole e Anteo, Ercole e i buoi di Gerione, Ercole e Gerione, Ercole e il drago Ladone, Ercole e la cerva di Cerinea, Ercole e gli uccelli di Stinfalo, Ercole e il Centauro Nesso.
Il mito di Eracle (Ercole per i romani), figlio di Alcmena e di Zeus (che per unirsi a lei assume le sembianze del marito Anfitrione), è troppo complesso per essere raccontato in poche righe: basti sottolineare che lui è l’eroe per eccellenza, quello che con la sua forza riesce a compiere 12 fatiche, ordinate dal re Euristeo, come espiazione per l’uccisione dei propri figli, scambiati per nemici a causa di una temporanea follia provocata da Era, la moglie di Zeus, che vuole così vendicarsi del tradimento del marito.
Pur trattandosi di un eroe greco, a Roma Ercole era di casa. Si racconta, infatti, che egli si trovò a passare sulle rive del Tevere con la sua mandria di buoi; mentre egli dormiva, il gigante Caco glieli rubò. Ercole uccise il ladrone e il re Evandro, grato all’eroe per aver liberato il luogo dal gigante, gli dedicò un’ara nel Campo Boario (i resti si trovano nella basilica di Santa Maria in Cosmedin). In seguito sempre nel Foro Boario gli venne eretto il tempio, detto di Ercole Oleario o anche Tempio Rotondo (da non confondere con quello di Vesta che sta nel Foro romano). Era talmente amato a Roma che alcuni imperatori amavano farsi rappresentare come Ercole (ricordiamo in particolare Traiano e Commodo), con tanto di clava e pelle del leone nemeo, per una sorta di assimilazione alla sua figura di eroe.
La scelta di raffigurare Eracle nella sala di Palazzo Venezia nasce probabilmente dalla consapevolezza da parte del cardinale Barbo della vitalità che la saga dell’eroe ha avuto nel tempo e nello spazio, simbolo di una umanità che, nella fatica e nel confronto con le forze avverse, riesce a riscattarsi fino al premio dell’immortalità. Gli affreschi ci colpiscono per la plasticità delle figure e l’ariosità dell’insieme, che richiama le architetture rinascimentali dello stesso palazzo. Erano stati oggetto di restauro nella seconda metà dell’Ottocento, nel 1928 e ancora nel 1970, e presentavano, oltre al normale strato di sporcizia e all’offuscamento dei colori, diversi punti critici con sollevamento o distacco dell’intonaco.
Tenendo conto di questa situazione, il nuovo intervento è consistito nella rimozione dello sporco e delle vecchie vernici superficiali, che si erano ingiallite, e delle estese ridipinture dei fondali azzurri delle scene raffigurate entro la finta loggia. Si è poi proceduto al consolidamento degli strati d’intonaco e al reintegro delle lacune, laddove possibile. Il restauro è avvenuto a cantiere aperto, dando l’opportunità a gruppi di visitatori di salire sui ponteggi e vedere in diretta l’opera dei restauratori. Oltre agli affreschi, anche il bellissimo soffitto ligneo a cassettoni è stato oggetto di restauro e disinfestazione dagli insetti xilofagi.
Si tratta di un recupero indubbiamente riuscito che contribuisce a valorizzare il grande palazzo, che indubbiamente è rinato a nuova vita da quando è diventato sede del Polo Museale del Lazio, sotto la direzione di Edith Gabrielli. Basti pensare alla sistemazione dello splendido giardino interno, che prima era di fatto adibito a parcheggio auto e chiuso al pubblico, mentre ora è aperto (sono aperti tutti e tre gli ingressi) e ospita spettacoli e concerti. Attualmente è in fase di restauro (a cantiere aperto) la Sala del Mappamondo e, sempre nell’ambito del pieno recupero del palazzo, diventano percorribili, a partire dal prossimo 28 giugno, anche i passaggi panoramici sui tetti, i sottotetti e la torre belvedere.