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Pantheos Danza. Il desiderio cromatico della distanza
La rassegna di danza Pantheos – L’universo e la natura a cura della Teatro Greco Dance Company si è svolta al Parco Yitzhac Rabin di Roma dal 20 fino al 31 luglio, offrendo un panorama giovane e variegato sulle creazioni di danza contemporanea.
La serata del 29 luglio si è composta di una kermesse a tre episodi intitolata Self Body Soul. Nella prima parte, Ode alla vita, le coreografie erano a firma di Vito Bortone e si componevano sulla scia della lettura di Lentamente muore di Martha Medeiros (erroneamente atribuita a Pablo Neruda), brasiliana di Porto Alegre (1961), pubblicitaria e cronista per Zero Hora. Due interi corpi di ballo in scena per la serata: Jeunes qui danses e La Ventana Danza. I costumi, disegnati ancora da Vito Bortone, zebravano le danzatrici in lembi di stoffa leggera e color brunito, mentre fantasie orientali intessevano suoni dal respiro evocativo.
Dario Ciotoli recitava la poesia dedicata a chi si paralizza nell’abitudine, come nella visione bicromatica enfatizzata dalle due danzatrici in bianco e nero. Sullo sfondo un coacervo di figurazioni per abbracciare gli altri in una comunicazione costante, quella corporea, che dipinge estasi di sguardi stemperati dal precious love del canto finale venato di trip-hop caudato.
Eros e Thanatos è una scoperta e, come nei film, i cattivi, Thanatos, sono i più bravi. La coppia di danzatori Vincenzo Persi e Roberta Restuccia veicolano emozioni intense, costanti, ostili a sé stessi come può esserlo un Desiderio (il lettore Luca di Giovanni), impaurito e corroso dalla fame e dalla sete, dall’impossibilità ad esprimersi coerentemente e degnamente. La coreografia di Vincenzo Gentile non scende sotto il livello anche nelle scene orgiastiche in cui tutto è dissimulato e trasmesso al pubblico come fuoco vivo, e nello stesso tempo raggelante nella sua violenza di atavica memoria.
L’assolo di Persi sul corpo di Roberta Restuccia è emozionante nel senso più puro, riportando alla mente i versi di Gibran da cui è tratta l’ispirazione: “L’amore non ha altro desiderio che di consumarsi”.
Uno specchio che è un occhio ed un doppio, dove si riflettono i corpi dei personaggi che ci guardano dentro e danno vita agli altri che racchiude seco. Vito Bortone, primo ballerino, è qui inquieto personaggio sotto la regia coreografica di Maria Teresa Dal Medico in Identità nascoste, quasi uno studio alchemico sull’androgino. Ancora, sul desiderio: di sé, dell’altro, il narcisismo che si specchia ed esclude, oppure l’inseguimento di un oggetto d’amore che muta nello specchio e vi scompare, nei lunghi istanti dopo il riconoscimento.
La serata finale del 31 luglio ha composto un collage di vibrazioni colorate dal titolo Flamenco Tango Jazz - Variazioni cromatiche, sia musicali sia danzate, che in un avvicendarsi continuo di danzatori sul palco sono virate attraverso il concerto dal vivo di flamenco, con cinque elementi poi arricchiti dal canto dei ballerini, fino alle acrobazie finali di Armanda e Claudio Di Stazio (fratello e sorella), su moderne rielaborazioni tanghere. Cover di Roxanne dei Police oppure tanghi alla Gotan Project ancora più elettrificati hanno sorpreso con l'agilità e la preparazione tecnica di questi due ballerini assolutamente eccezionali. Roberto Ricciuti e Claudia Fusillo, l'altra coppia tanghera, ha affascinato con le sue figure lievi e sopraffine, in un intreccio passionale di fusione totale di matrice argentina.
Gli interpreti del Jazz, Giampaolo Roncarati, Elisabetta Pignataro, Corrado Celestini, hanno invece elaborato un tessuto di citazioni tra marinai, incontri fatali, viaggi ed intensi addii seguiti a relazioni rutilanti su sfondi magneticamente azzurri.
Il Flamenco invece ha mostrato corpi vistosamente avviluppati da pieghe ben distinte con le coreografie di Caterina Lucia Costa e Sergio Javier, ballerini la cui ritmica indomita sorgeva da dense paludi dove il femminile ed il maschile si fronteggiano in un delirante suono battuto ed assoluto.