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Paolo Pallante. Ciammarughigli per la testa
Un disco che si chiama Da piccolo giocavo a bocce mette subito a proprio agio: sembra di stare a casa propria, forse distesi sul divano di casa come Paolo Pallante si fa ritrarre nella foto di copertina, o forse mentre ci si alza, un po’ in dormiveglia, forse con i pantaloni ancora mezzo slacciati, pronti per ricomporsi però con lentezza, quasi per caso.
Tra un blues jazzato ed un recitativo tutto sterzato su toni e giochi di mimesi tra chitarra appena pizzicata e bassi ruvidi accennati, Paolo Pallante non si perde mai una nota: dalle lumachine piccanti di Ciammarughigli, con cui parte il disco fino alla lezione di vita di Gina in Come un’onda. L’ironico Pino di Il tofu di Zezza è ubicato a San Lorenzo, ed in ogni caso viaggiamo nell’entroterra laziale e nella capitale, sia come spirito di sana noncuranza, sia come arguzia senza ridondanza, con un pizzico di zenzero in Ora sono felice: "T’ho visto fare l’amore senza sapere l’amore cos’è”.
Echi da Paolo Conte, chiara derivazione soprattutto per quel modo di raccontare senza peli sulla lingua e da Capossela, soprattutto in Perfino un’idea, che dice: “Sostenere qualcosa, perfino un’idea ci vorrebbe fantasia, per far finta di niente” dall’intento così lirico e melanconico da commuovere, ed un plauso all’assolo finale del sax di Eric Daniel e alla direzione di Antonio Marangolo presenti in tutto il disco.
“Ridi amore mio”, comincia così La sposa ha detto si, e continua: “Chi ha fretta corre e accorcia solamente la distanza con i suoi guai”, sul tappeto pianistico di Carlos Sarmiento con testi e atmosfere romantiche ma attuali: “continua amore mio che lo sapevo già/ eppure mi stupisco nel sentirtelo dire/ che mi amerai nella disgrazia e nel dolore/ sembra di andare in guerra e non a far l’amore”. Oppure in Sotto la sabbia risuona di nuovo la vena sarcastica sempre indirizzata ad una donna con contorno psicoparodistico sottolineato dalle percussioni di Raul Scebba: “Sotto la sabbia il tuo io non c’è/è passata un’onda e l’ha portato via con sé”.
Un’onda blues è proprio Come un’onda che fa assaporare perline di saggezza concreta indirizzate a donne un po’ favolisticamente infantili come la Gina della canzone. Intermezzo con carillon e fisarmonica è Alle vögel sind shon da (lied per bambini) prima di Il giorno che muoio, a conclusione di un complesso di brani che raccontano storie vere e sincere, nate da esperienze quotidiane a volte immaginariamente apotropaiche come quest’ultima che dice: “Il giorno che muoio deve esserci il sole/perché se me ne devo andare, io (almeno) ci vorrei vedere” ed anche “ mi hanno detto che è buio per chi è stato cattivo ma che c’è la luce e non si paga per chi è stato buono da vivo”. Auguriamocelo per tutti e citiamolo ancora: “Che fatica essere sé stessi. Da piccolo giocavo a bocce. Gioco di lenti avvicinamenti all’obiettivo…e la vita, è uguale: basta trovare un pallino e cercare di avvicinarsi il più possibile.”
Registrato al Forum di Roma si avvale di collaborazioni di calibro, oltre ai già citati, alla batteria Francesco De Rubeis e Tony Armetta al contrabbasso e basso freetless. Si notano poi gli eccezionali Antonello Salis alla fisarmonica, Mike Applebaum alla tromba e flicorno e Massimo Pirone al trombone e alla tuba.