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Parco della Musica. Il "doppio" Blaine L. Reininger in voce e corde
Quello a cui abbiamo assistito il 18 marzo scorso nel Teatro Studio dell'Auditorium Parco della Musica di Roma è stato una sorta di doppio concerto: il personaggio principale era Blaine L. Reininger, polistrumentista e musicista versatile, originario di San Francisco ma ormai stanziato da anni in Grecia: la sua fama è legata al fatto di essere stato uno dei membri fondatori, insieme a Steven Brown e al compianto Peter Principle, dei Tuxedomoon, band che alla fine degli anni '70 riuscì a fondere mirabilmente echi post punk e suggestioni progressive, musica d'avanguardia e tendenze new wave.
Ad invitare Reininger è stato il giovane musicista Luca Ciarla, noto soprattutto per le sue performances come violinista jazz (strumento insolito per quel genere di musica), ma anche come pianista e compositore d'avanguardia, da lungo tempo amico del cofondatore dei Tuxedomoon, il quale si era esibito con la band l'ultima volta a Roma nel 2014, nello stesso Auditorium Parco della Musica.
La prima parte del concerto inizia con una performance solista di Ciarla, che suona con maestria pianoforte e violino, presentando alcune sue composizioni mentre sullo schermo compaiono live visuals, immagini e arabeschi proiettati da Keziat, artista visiva e sua stretta collaboratrice. Di grande effetto sonoro, tra Paganini e Jaco Pastorius, il violino nelle mani di Ciarla diventa lo strumento del cromatismo armonico e del virtuosismo basato sull'improvvisazione. A lui si associa poi, con un'esibizione di grande e talentuosa intensità, il sassofonista Nicola Alesini, altro ospite speciale della serata: dal suo sassofono contralto trae sospiri melodici a metà tra Jan Garbarek e John Surman.
Entra poi Blaine L. Reininger insieme al chitarrista Georgio Valentino, che ha supplito la mancanza di altri musicisti (mancavano la batteria e il basso) con vari accorgimenti e tracce preregistrate.
Entrambi hanno preferito come strumento la chitarra elettrica, facendoci immergere soprattutto nel passato new wave di Reininger, dal periodo di Bruxelles ai primi dischi con i Tuxedomoon, quando il connubio tra post punk, progressive e avanguardia diede vita a un suono originale e a sperimentazioni audiovisuali esaltanti. Reininger, introducendo i brani in buon italiano (segno della componente intellettuale di molti artisti rock, poliglotti e cosmopoliti, a onta di alcuni pregiudizi che vorrebbe i musicisti di questo genere come persone ignoranti e di scarso spessore culturale), esordisce con “Night Air”, dall'album omonimo, da cui è tratta anche la successiva "A Café Au Lait For Mr. Mxyzptlk", una ballata delicatamente jazzata e con un testo suggestivo ed enigmatico, che esprime l'universalità della condizione umana riflessa nel celebre personaggio grottesco e paradossale dei fumetti DC, Mr. Mxyzptlk, eterno rivale di Superman:
"But he is a man with a will and a mission/He'll keep plugging away until he drops./We will never belong here/We just signed up for the ride/We're no longer sure where home is/Home sickness is our only guide/Our only guide (Ma è un uomo con una volontà e una missione/Continuerà a lavorare finché non cadrà./Noi non apparterremo mai a questo posto/Abbiamo solo firmato per il viaggio/Non siamo più sicuri di dove sia casa/La nostalgia è la nostra unica guida/La nostra unica guida)".
Seguono altri memorabili pezzi, come “Mystery And Confusion”, “The Blue Sleep”, “Dry Food”, dedicata al suo gatto. E poi brani tratti sia dal suo repertorio solista, sia dal catalogo dei Tuxedomoon: da “Broken Fingers” e “Birthday Song” a "Volo Vivace", "What Use" e "Jinx". Non mancano brani dal suo ultimo disco, Wounds And Blessings, come ad esempio “I Am An Old Poem”, una ballad molto intensa e autobiografica. Per il resto una cavalcata elettrica, un rock and roll acido che ricorda a tratti Stan Ridgway e alcune composizioni dei Radiohead.
Nel gran finale ritornano sul palco Luca Ciarla, al violino, e Nicola Alesini, al sassofono, che eseguono in quattro una memorabile versione di “No Tears”, brano simbolo dei Tuxedomoon: “No tears, my eyes are dry, good bye” canta Reininger prima di salutare il pubblico tornato ad ascoltarlo al grido “No War".
C'è tempo per un bis: la dirompente “Litebulb Overkill”, dove il violino di Ciarla si inerpica su scale ascendenti mentre le tastiere completano efficacemente il brano disegnando singolari sequenze melodiche.
Sequenze melodiche e armoniche che richiamano le musiche di compositori russi dell'Ottocento e del Novecento, oggi assurdamente ostracizzati, come Modest Musorgskij, e Sergej Prokofiev, autori a cui Reininger si è palesemente ispirato (si ricordino alcuni dischi dove lui e Steven Brown, senza usare peraltro la denominazione di Tuxedomoon, hanno elaborato raffinati motivi al confine con la classica contemporanea di sapore minimalista: ad esempio Croatian Variations, dove si avverte anche l’influsso della musica slava dell’Ottocento, da Modest Musorgskij ad Antonin Dvořák, e 1890-1990: One Hundred Years Of Music, dove l'influenza di Sergej Rachmanivov, Edvard Grieg, Franz Liszt e Manuel De Falla è assolutamente palese). Del resto, Steven Brown e Blaine L. Reininger appartengono a quella categoria di geniali artisti da culto, che, se avessero voluto, con il loro talento compositivo, avrebbero potuto fare soldi a palate cedendo alle lusinghe dell’industria culturale e dello show business con le connesse logiche di mercato. Ma analogamente ad altri talentosi cult artists, quali Peter Hammill, David Tibet, Robert Wyatt, Michael Cashmore, Diamanda Galás o Efrim Menuck, Brown & Reininger hanno preferito perseguire i loro fini e sviluppare la loro ricerca compositiva senza mai accettare compromessi che potessero snaturare il senso più profondo della loro poetica e del loro divenire artistico, fedeli più che mai a un innato e radicale Kunstwollen (intenzionalità artistica).
La loro creatività si è sempre sposata con un alto tasso di intellettualismo, che ha fatto sì che alcuni accusassero il gruppo di cerebralità e sofisticazione fini a sé stesse. In realtà, come una volta ha dichiarato Robert Fripp, il geniale fondatore dei King Crimson, nel rock è possibile usare la testa, come si usano i piedi: e questo compito i Tuxedomoon, come il Re Cremisi, hanno sempre assolto con infinita perizia strumentale, onestà intellettuale e senso intimo della sperimentazione e della tradizione riletta con nuovi moduli espressivi.