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Pergolesi a Jesi. Adriano in Siria e Livietta e Tracollo
Al teatro Pergolesi di Jesi, con l'Accademia Bizantina, diretta da Ottavio Dantone e la regia di Ignacio García, il 10 giugno 2010 (con replica il 12) è stato rappresentato, per la prima volta dal '700, l'Adriano in Siria di Giovanni Battista Pergolesi, unitamente ai suoi intermezzi Livietta e Tracollo.
Adriano in Siria, dramma per musica in tre atti, su libretto di Pietro Metastasio, con gli intermezzi Livietta e Tracollo, che vennero rappresentati tra il primo e secondo atto e tra questi e il terzo, andò in scena al teatro San Bartolomeo il 25 ottobre 1734 ottenendo uno scarso successo. L'opera fu composta in onore del compleanno della regina Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V, re di Spagna, e madre di Carlo III di Borbone, che da pochi mesi era asceso al trono del Regno di Napoli dopo la sconfitta degli Asburgo.
Adriano in Siria è la terza opera seria di Pergolesi, che per la prima volta mise in musica un testo di Metastasio, un segno del rinnovamento del gusto che avvenne in quegli anni. Durante tutta la sua vita Pergolesi non ebbe la possibilità di scegliere i libretti ma musicò quello che gli veniva affidato dalla committenza. Il testo originale di Metastasio fu profondamente modificato; Dale E. Monson autore dell'edizione critica, adottata per questa esecuzione, afferma che, delle 27 arie un duetto e due cori, rimasero 10 arie e il coro finale, mentre un anonimo scrisse un diverso duetto e altre dieci arie, è certo però che la musica fu scritta da Pergolesi. I cambiamenti furono dovuti probabilmente alle imperiose esigenze di Gaetano Majorano in arte Caffarelli, celebre castrato dell'epoca secondo solo a Farinelli e primo interprete di Farnaspe. Questo non deve meravigliare infatti neanche i più celebri musicisti dell'epoca come Porpora, maestro di entrambi i cantanti, che potevano sottrarsi alla tirannia dello Star System dell'epoca (leggere a questo proposito la testimonianza di Benedetto Marcello in Il teatro alla moda).
La vicenda narra di Adriano che, vinto Osroa re dei Parti, si innamora della di lui figlia Emirena, innamorata, ricambiata, di Farnaspe, alleato del padre. L'arrivo di Sabina promessa sposa di Adriano e l'amore segreto per lei del tribuno Aquilio, che cerca di favorire la passione dell'imperatore sperando così di ottenere l'affetto della donna, complicheranno la situazione fino al felice scioglimento finale in cui la virtù prevarrà sulla passione: le coppie si ricomporranno e Osroa e Aquilio verranno perdonati.
I personaggi e i loro affetti sono delineati con grande sensibilità creativa ed espressiva da Pergolesi, che riesce a trasformare tutti i vincoli imposti dalle pretese di Caffarelli, in coinvolgenti e seducenti pagine musicali. Ricordiamo la cura nell'orchestrazione e i brani vocalmente più difficili scritti per Caffarelli (Farnaspe), come la splendida aria con oboe obbligato, Lieto così talvolta che chiude il primo atto, la passionale Torbido in volto e nero a chiusura del secondo, con le pirotecniche agilità confezionate su misura e il sofferto duetto con Emirena L'estremo pegno almeno.
Nel primo atto c'è l'unico recitativo accompagnato dell'opera, in cui Osroa è diviso tra il suo dovere di re e l'affetto per la figlia, che è un esempio significativo dell'abilità del musicista di esprimere gli affetti. Del resto anche i sentimenti degli altri personaggi sono ben delineati, come Sabina nell'aria Chi soffre senza pianto (1° atto) o Emirena in Quell'amplesso e quel perdono (2°atto).
Ottavio Dantone ha magistralmente diretto l' Accademia Bizantina mettendo in luce tutte gli aspetti della partitura ottenendo dal cast di buon livello ed omogeneo, recitativi espressivi ed un'efficace interpretazione vocale. È stato riproposto l'allestimento del 2007 con le scene Zulima Memba del Olmo e la regia di Ignacio García, che ci è parsa esteticamente adatta e in sintonia con il testo e la direzione musicale; belli i nuovi costumi di Patricia Toffolutti.
Per la prima volta abbiamo ascoltato un'opera seria intervallata dagli intermezzi, come era abituale in quell'epoca, anche se Livietta e Tracollo si colloca nella fase terminale di questo genere, dovuta ai cambiamenti del gusto del pubblico. Il cambio di registro da drammatico a comico è stato gradito non solo a noi ma anche agli spettatori che hanno riso e applaudito, in quanto gli intermezzi non hanno appesantito affatto lo spettacolo che pure è durato quattro ore.
Livietta e Tracollo su libretto di Tommaso Mariani e musica di Pergolesi è una farsa legata alla Commedia dell'Arte, il testo si basa soprattutto su i travestimenti, i giochi linguistici e naturalmente lo scontro tra i sessi. Nella prima parte Livietta, travestita da gentiluomo francese con un'amica che si finge sua sorella, riesce a smascherare e consegnare alla giustizia Tracollo, che ha derubato suo fratello ed è travestito da donna polacca gravida. Nella seconda parte Tracollo, che si è finto pazzo per sfuggire alla giustizia, travestito da astrologo, vuole spaventare Livietta facendole credere di essere tornato dall'Inferno e per vendicarsi vuole portarcela. La donna finge di credergli e di sentirsi male, l'uomo si commuove e poi.... il lieto fine con le nozze.
Gli intermezzi Livietta e Tracollo ebbero successo e furono molto rappresentati in Europa. La musica di Pergolesi amplifica la comicità dell'azione e sottolinea i caratteri dei due personaggi, determinando la riuscita degli intermezzi. Il libretto non è certo memorabile però è divertente, e l'abile regia di García ne ha tratto tutta la comicità insita in questi intermezzi, grazie anche all'esilarante bravura dei commedianti-cantanti: Monica Bacelli e Carlo Lepore. La direzione di Dantone anche in questo caso è stata efficacissima; deliziosamente buffi i costumi della Toffolutti. Al termine di entrambi gli spettacoli il pubblico ha applaudito lungamente con entusiasmo; la recensione si riferisce alla spettacolo del 12 giugno.