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Il Prado. Il bicentenario delle meraviglie
Per tre giorni soltanto, il 15, 16 e 17 aprile, il primo vero museo moderno spagnolo, summa delle arti figurative europee, sarà mostrato al cinema in tutto il suo splendore ed incanto: ma non solo lui, infatti la storia del Museo del Prado iniziata nel 1819, due secoli orsono, ha coinvolto anche il Palacio Réal di Madrid e il Monastero dell'Escorial, che si trova a circa 45 km dalla capitale, il palazzo reale che Filippo II ha fatto costruire da Juan Bautista de Toledo negli anni '60 del '600.
Presentato da Jeremy Irons, che ne dipinge la lunga storia durata due secoli, dalla chiesa in cima al prato che circondava l'area, ovvero la chiesa cattolica di San Jerónimo el Real, il Museo del Prado, nato nelle intenzioni di Carlo III di Borbone, che ne incaricò l’architetto di corte Juan de Villanueva, come edificio per ospitare il Gabinete de Historia Natural nel 1785, in realtà non lo diventò mai, e prese il titolo di Museo Nacional de Pinturas il 19 novembre 1819, ospitando, tra gli altri, quadri di Francisco Goya, Hieronymus Bosch, El Greco, Pieter Paul Rubens, Tiziano, Diego Velázquez.
Il Prado però, come ogni museo che si rispetti, racconta la sua storia in maniera differente ad ognuno, ed è per questo che Antonio Saura, pittore (1930-1998), portava le sue figlie ogni weekend a visitare il museo, e Marina, la figlia, oggi ci racconta come quelle visite fossero strabilianti per loro, ogni volta che ci andavano. Io in particolare vi racconterò in parte la mia, in parte quella di questo pregiato documentario d'arte.
Addentriamoci nel Bosco. Il Bosco è Bosch, anzi El Bosco, come traducono esattamente in spagnolo, ed è la prima sala dove si entra nel paradisiaco allegorico mondo ricco di creature fantastiche e non di Hieronymus Bosch e del suo Giardino delle delizie (1490-1500). Debbo confessare che un terzo della mia visita è stato assorbito dalle sue sale, gigantiche come i suoi quadri, che assorbono corpo e spirito, uniti nel decifrare gli enigmi delle sue figure. Dal Trittico del carro da fieno, alle Tentazioni di sant'Antonio, da cui non ci può muovere se non dopo mezz'ora, mentre vado piu' veloce su La cura della follia (1501-1505) che conosco bene; I sette peccati capitali, un tavolo dipinto necessita di maggiore attenzione per il riconoscimento di ciascun peccato e la sua strana riproduzione nei versi e nella raffigurazione di Bosch.
Un altro viaggio periglioso è rappresentato anche dalla statua proprio di fronte ad una delle entrate principali del Prado, è quello della Porta alta de Goya e le sue “pinturas nigras”, ovvero quelle della Quinta del Sordo, l'ultima parte della sua vita, quasi allucinatorie, si dispongono intorno ad un centro che potrebbe essere, metaforicamente, il suo Capricio “Il sonno della ragione genera mostri”. Saturno che divora i suoi figli (1820-1823) o Il sabba delle streghe (1821-1823) sono due dipinti che riassumono quanto di soltanto allegoricamente aveva impresso prima nelle sue tele il Maestro, poi rendendolo di una visibilità massimamente vereconda.
Frà Angelico, Tiziano, Raffaello, Rembrandt, Las Meninas di Velàzquez e molti altri capolavori, sono un esempio di fascino oltre il tempo per i tre milioni di visitatori che visitano n museo ogni anno e che offre anche un paio di cd raccolti dal museo per riassumere musicalmente i sogni figurativi appena ammirati, e che consiglio di prendere come ricordo per ripassare visivamente le proprie elucubrazioni: sono Un'aura amorosa e El jardin de los sueños, in cui passiamo da Arvo Pärt a Max Richter fino a Bach e Madama Butterfly.