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Il ragazzo invisibile 2, cinecomic in salsa italiana
Torna al cinema la saga supereroistica di Gabriele Salvatores, con Il ragazzo invisibile 2 Seconda generazione, un nuovo capitolo che era in fondo doveroso dopo il finale lasciato in sospeso del primo film.
Ritroviamo Michele a sedici anni, cresciuto, sempre introverso, anche perché la sua situazione è stata peggiorata dalla morte improvvisa dell’amata mamma poliziotta Giovanna in un incidente stradale e dal fatto che il bulletto della classe si è preso tutto il merito del salvataggio dei compagni dalla nave tre anni prima, compreso quello dell’amata Stella.
Ma qualcosa nella sua vita sta cambiando, con l’incontro con la sorella gemella Natasha, pirocinetica capace di leggere nella mente, e con la madre naturale Ylena, reduce da anni di esperimenti insieme agli altri speciali in un centro segreto in Russia e in cerca di vendetta.
Lodevole e interessante il tentativo, tutt’altro che non riuscito, di costruire una saga fantastica in salsa italiana: Gabriele Salvatores non è nuovo a sperimentare, per questa sua saga di cui potrebbe esserci un terzo capitolo (qualche filo da riannodare c’è senz’altro ancora) mescola suggestioni di vari immaginari, X-Men e X-Files in testa, con un risultato forse inferiore a quello del primo capitolo ma capace di appassionare.
Alla fine, però la storia di Michele, il sempre bravo Ludovico Girardello, è quella dell’adolescenza in cui bisogna fare i conti con il proprio lato oscuro, di un super eroe con super problemi alla fine non diverso dai ragazzi che si è o si è stati, timido, alle prese con l’inadeguatezza e in cerca di un suo posto nel mondo, lontano dalle aspettative degli adulti, soprattutto quando ci si scontra con i deliri di follia della madre.
Spiace per la quasi assenza di Valeria Golino, impegnata in altri progetti, ma l’ambigua Ksenia Rappoport in un certo senso la sostituisce egregiamente, come madre che non ha risolto il suo lato oscuro, per motivi anche comprensibilissimi, e vuole coinvolgere in questo anche i suoi figli appena ritrovati.
Non si può ancora dire se in Italia ci sarà un filone costante di cinema di genere fantastico, anche se le premesse, come Salvatores, ma anche con Il racconto dei racconti e Lo chiamavano Jeeg robot, ci sono e i risultati non sono certo disprezzabili. Forse si potrebbe puntare su un genere che piace per risollevare le sorti del cinema italiano, ma forse bisogna anche risolvere certi pregiudizi che pensano che in casa nostra non si possano raccontare in maniera efficace storie di fantascienza e fantasy. Cosa peraltro falsa come dimostrano appunto tutti questi esempi.