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A Roma Le astuzie femminili di Cimarosa dal Reate Festival
Il Reate Festival quest’anno ha proposto Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa (1749-1801), è stata una prima ripresa in tempi moderni fedele al manoscritto originale, l’esecuzione storicamente informata è stata affidata alla direzione di Alessandro De Marchi che ha guidato la Theresia Orchestra. L’opera dopo le recite al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti è approdato a Roma al Teatro di Villa Torlonia il 14 ottobre scorso ottenendo il caloroso consenso del pubblico.
Le astuzie femminili, che andò in scena il 26 agosto 1794 al Teatro dei Fiorentini di Napoli, riscuotendo il favore del pubblico, è il rifacimento ampliato in due atti da Giuseppe Palomba di Amor rende sagace, una farsa su testo di Giovanni Bertati realizzata per Vienna dopo il successo de Il matrimonio segreto. La trama vede protagonisti due giovani innamorati e le astuzie messe in atto da Bellina con l’aiuto delle amiche Eleonora ed Ersilia per potere sposare Filandro. Gli ostacoli sono i soliti, il tutore, Don Romualdo, che la vuole per sé, nonostante il padre della ragazza l’abbia promessa insieme ai suoi averi a Don Giampaolo Lasagna e nonostante sia amante di Eleonora. Con una serie di inganni, travestimenti e buffonerie, tra cui un tedesco inventato per fingersi ussari, finalmente i giovani possono sposarsi e gli anziani si rassegnano.
Nulla di nuovo quindi nella trama, il vero interesse è nella musica di Cimarosa, a lungo dimenticato, salvo ovviamente Il matrimonio segreto che si è continuato a rappresentare, musica che ora è oggetto di attenzione anche delle composizioni di musica da camera, oggetto di incisioni. La creatività del compositore affascinò i contemporanei e ancora oggi è seducente per la straordinaria invenzione melodica, elegante e incantevole e una eccellente varietà timbrica, entrambe basate su raffinata tecnica compositiva che gli fu riconosciuta persino da Schumann a cui non piaceva:” (…) assolutamente magistrale nella tecnica (composizione e strumentazione) (…)” come ricorda Francesco Degrada nel suo saggio sull’opera napoletana.
La Theresia Orchestra, è una formazione internazionale composta da musicisti fino a 28 anni, provenienti dalle maggiori scuole europee di musica antica, al teatro di Villa Torlonia era in formazione ridotta rispetto a Rieti a causa dello spazio esiguo a disposizione. La riduzione di organico non ha inciso, i giovani hanno fornito una ottima prova di sé come si è notato anche nelle parti solistiche dell’oboe e del clarinetto. L’orchestra è stata guidata da Alessandro De Marchi, la direzione è stata attenta al ritmo, all’agogica e alla dinamica ma non lo è stata altrettanto nel rendere l’incantevole varietà e brillantezza timbrica inoltre la scarsa cantabilità ha nuociuto alle incantevoli melodie di Cimarosa rendendo l’esecuzione in più punti opaca e noiosa.
Cesare Scarton, il regista, insieme a Michele Della Cioppa, lo scenografo, ha immaginato una scena che evoca il ‘700, con deliziosi funzionali elementi, che citano architetture e sculture note (Apollo e Dafne di Bernini) che vengono mossi dagli attori/mimi, suggeriscono i diversi ambienti e aiutano lo svolgersi dell’azione. Scarton ha lavorato molto e bene con i giovani cantanti e i risultati si sono visti in scena nel fluire dell’azione e nella generale disinvoltura dei cantanti nei movimenti scenici. I bei costumi settecenteschi di Anna Biagiotti hanno contribuito alla riuscita.
Eleonora Bellocci, come Bellina, è stata scenicamente disinvolta e spiritosa, ma vocalmente non ci ha convinto, la parte della protagonista è lunga e sicuramente impegnativa, ma quando sale la voce si chiude e risulta sforzata. Martina Licari, è stata una spigliata Ersilia, possiede una bella voce chiara e argentina e ha una buona base tecnica che le ha consentito di disimpegnarsi agevolmente nella parte vocale, che nell’aria a lei riservata presenta non poche insidie. Angela Schisano ha una bella voce scura di contralto, l’emissione è limpida e calda, le note gravi sono ben centrate, sicuri gli acuti e nel canto è anche molto espressiva, in scena è stata una Eleonora divertente e spigliata
Le parti comiche di basso buffo sono state risolte abilmente, Rocco Cavalluzzi è stato Don Giampaolo Lasagna, un ruolo che segue la tradizione partenopea di essere in dialetto e fu allora di un famoso cantante attore Carlo Casaccia, Cavalluzzi ha una voce calda che sa ben usare e una esperienza maturata che gli ha permesso di calarsi con scioltezza nel ruolo di sbruffone, intrigante e pavido. Un’esperienza che si è notata positivamente anche in Matteo Loi, che è stato un efficace e disinvolto Don Romualdo, l’altro vile millantatore dell’opera, Loi possiede una voce brunita e gradevole che sa appropriatamente usare per rendere il personaggio. Valentino Buzza che è stato Filandro, ha cantato con un eccessivo e sgradevole vibrato, che reso il personaggio inespressivo e noioso. La conclusione è stata salutata dai vivi applausi del folto pubblico presente a tutti gli interpreti.