Roma. Casina delle civette. Il Mito Rivisitato di Nicola Toce

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Frezzüe

La maschera è un oggetto materiale e immateriale che ha sempre affascinato, dai riti ancestrali, al teatro, alle arti figurative, alla più raffinata letteratura, ben venga quindi una mostra a lei dedicata, in quel periodo dell'anno che maggiormente la ricorda. All’interno di Villa Torlonia gli ambienti con echi fiabeschi della Casina delle Civette sono lo spazio ideale per ospitare la mostra “Il mito rivisitato. Le maschere arcaiche della Basilicata” di Nicola Toce, a cura dell'antropologa Francesca Romana Uccella e visibile fino al 28 aprile 2019.

La mostra fa parte delle iniziative dell’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata in occasione di Matera capitale della cultura europea ed è dedicata all’intera Basilicata e alla tradizione del Carnevale lucano, dei riti e dei miti di popoli che ancora oggi raccontano la loro storia. Nella mostra, Il mito rivisitato. Le maschere arcaiche della Basilicata, sono esposte trentasei maschere e due sculture dell’artista lucano Nicola Toce, artista originario di Aliano, paese dell’entroterra materano, famoso per suoi calanchi, che rendono così suggestivo il paesaggio e per essere stato, fra il 1935 e il 1936, il luogo del confino di Carlo Levi. L'artista si fa ispirare dalla tradizione per ricrearla con un'arte che utilizza i materiali poveri ma è ricca di rimandi ai riti ancestrali della fertilità e delle alternarsi delle stagioni.

Nell’intervista con Antonio Padiglione, Toce racconta le origini del suo interesse per le maschere e per quello che rappresentano: ”Quando ero piccolo, negli anni ’73 – ’74, a circa tre anni, sono rimasto affascinato da queste figure che portavano maschere particolari. Di esse avevo una certa paura, mi incutevano rispetto e tali sono rimaste sempre nel mio immaginario. Ho vissuto un’epoca particolare, gli Anni Settanta, un’epoca che, ritengo, fosse vicina all’Ottocento, per il modo in cui venivano raccontati i fatti. Vicino al focolare, ero sempre in contatto con gli anziani a cui chiedevo tanto. La maschera per me è un racconto dell’arco dell’anno e, attraverso la maschera, riesco a vivere cose che altre situazioni non mi danno la possibilità di sperimentare. Il fatto di vedere il folletto o vedere la mucca che cambiava forme, erano credenze popolari che si rifacevano ad antiche narrazioni. Si raccontava che, nel periodo di Natale, gli animali parlassero e che ciò non era una cosa buona si doveva andare in chiesa e, dopo la messa, fare tre salti sui gradini per non imbattersi nel demone che possedeva l’eventuale animale parlante. Tutto ciò mi affascinava. La seconda ragione è che Aliano nasce fra le argille, e quindi avevo questa materia prima facilmente reperibile. All’epoca mi ricordo che tutti i ragazzini, quando pioveva, andavano dietro alla scuola dove c’era una cava di argilla e, sull’argilla bagnata, facevano una sorta di scivolo coi sacchi. Con l’argilla si faceva qualsiasi tipo di gioco, si modellavano maschere e piccole sculture”.

Aggiunge, inoltre: “Tuttora, relativamente anche ad altri progetti di cui mi voglio occupare dopo la mostra, mi rifaccio alla fantasia che il racconto ha stimolato, e stimola tuttora. È una continua evoluzione, di forme, di linee, grazie a quello che mi hanno raccontato e mi raccontano tuttora. Quindi cerco di trasmettere con le forme, con i colori quello che mi è stato detto e quello che riesco a percepire, a vedere. Sono rimasto legato anche ai racconti del primo novembre, quelli connessi alla processione dei morti. (…) Sì, racconti di paura perché le maschere hanno in sé, quelle di Aliano su cui sto lavorando, un’indole aggressiva. Quando escono, lo fanno correndo, urlando e vengono domate solo dal vino, dalla musica, ciò che ti fa capire che sono demoniache. E poi il rapporto che la maschera ha con l’oltretomba, una chiave, secondo gli antichi, per poter passare, aprire quella porta, in quel periodo, per poter stare in comunione con i demoni. Ecco perché solo i maschi potevano sfilare con le maschere”.

Abbiamo dato ampio spazio all’artista perché dalla narrazione si evince come la sua arte affondi le radici e si nutra delle tradizioni del suo paese che seguono il ciclo dell’anno in cui ogni passaggio è scandito da riti arcaici apotropaici legati alla fertilità come al culto dei morti, come richiamano le offerte date per placare gli esseri soprannaturali evocati dalle maschere. Sul richiamo all’arcaicità ci illumina ancora l’intervista a Toce: ”Ti vorrei raccontare ancora del territorio, dei luoghi, perché parte tutto da là. Anche della cultura enotrica, dei suoi rimandi simbolici che l’abitante del posto riesce a leggere. Ad esempio, ci sono le maschere di tipo arcaico, con decorazioni geometriche, lineari, maschere nasute, con le corna, di linea più semplice, che rimandano a quelle che erano le popolazioni italiche, indigene. (…) Sì, e pure nei simboli. Perché io mi ricordo che vedevo dei simboli sulle maschere alianesi, soprattutto su quelle fatte dagli anziani e ho chiesto: “Ma come mai?” “Perché, quando eravamo in campagna, uscivano dei vasi”. Erano quelli del VII secolo a. C., di tipo geometrico che riproducevano forme stilizzate”.

Un legame forte, viscerale ma anche filtrato e pensato nato dalla sensibilità dell’artista che usa materiali poveri come l’argilla su cui viene modellata la carta pesta, che viene stesa con colle fatte in casa, poi c'è la limatura con bruciatura del superfluo, altre carte di diversi tipi vengono sovrapposte per ottenere patine diverse, infine c'è la stesura di lacche e vernici. Sono anche usati, legno, terre colorate ma anche colori ad olio, bitume, stoffe, campanacci. In occasione di questa mostra l’orizzonte delle tradizioni a cui si è ispirato si è allargato a tutti gli otto paesi che, da gennaio 2018, costituiscono la Rete dei Carnevali e Maschere della Lucania a valenza antropologica e culturale, ovvero oltre ad Aliano, Teana, Satriano, Tricarico, Cirigliano, San Mauro Forte, Lavello e Montescaglioso. Il percorso espositivo è  è accompagnato da pannelli esplicativi perché diverse sono le tradizioni dei vari paesi che vengono narrate e le maschere che vi si riferiscono. Le narrazioni sono il filo conduttore dell’esposizione, le maschere oltre a volti antropomorfi, presentano animali fantastici, creature magiche, travestimenti, spiriti ed abitatori delle argille. Sono divise in cinque gruppi i cui nomi sono Cusevucc’, Shcatacubb’, Canneler’, Sannut’, Masciar’. I Cusevucc’ sono esseri che impongono il silenzio, gli Shcatacubb’ sono creature ctonie che abitano i calanchi, le fosse e i cunicoli sotterranei,i Canneler’, i candelieri, evocano paure e spiriti terrestri ed aerei e i Sannut’ con le zanne, umane ed animalesche sono legati alle tradizioni e alle leggende lucane. Le Masciar’ invece sono una novità nella produzione di Nicola Toce perché a differenza delle altre sono maschere con volti femminili, creature mutevoli, impulsive e risolute.

Aprono la mostra le inquietanti maschere di Montescaglioso dove prima dell’apertura del Carnevale tra il 5 e il 6 gennaio c’è la sfilata dei Cucibocca orrifiche presenze che si aggirano per il paese minacciando i bambini di cucire loro la bocca se si comportano male. Stringono un grande ago di legno in bocca, hanno il cappello ricavato da un fiscolo ( attrezzo ricavato dalle fibre vegetali che serve al filtrare l'olio durante la spermitura) , il mantello e la lunga barba. Il Carnevale viene ricordato attraverso la figura di Carnevalone, le maschere sono realizzate con materiale riciclato, c'è la figura di ‘U Fus’, il fuso, che impersona la Parca che fila il destino umano a cui è legata la presenza di un'altra figura fondamentale: la Morte

Ricordiamo, tra gli altri, anche Teana in cui la sfilata di Carnevale richiama il rapporto con la natura, infatti inizia nel bosco vicino al paese e ha come protagonista l’Urs, l’orso che viene portato in catene in paese, come simbolo del dominio dell’uomo sulla natura, lo accompagnano quattro carabinieri, un prete, uno sposo ed una sposa, due medici, un sacrestano, un giudice togato, Carnevale, anche lui legato, sua moglie Quaremma e Portafortuna, una entità maschile che gira predicendo la fortuna in cambio di piccole offerte. Alla fine Carnevale viene processato e ucciso e il corpo viene portato via dall’orso che fugge nel bosco a sottolineare ancora una volta il legame con la natura.

A Tricarico le sfilate hanno come protagoniste due tipi maschere principali, le mucche e i tori, che ricordano le antiche transumanze portano un cappello a falde larghe al quale sono cuciti un velo bianco o nero o un foulard accompagnati da lunghi nastri di stoffa dai colori sgargianti nel caso della mucca, neri e rossi in quello del toro. A Cirigliano la natura viene evocata attraverso i cicli stagionali le maschere guidate da Capodanno ricordano le stagioni e i mesi, il martedì grasso tutte le maschere seguono in processione la bara di Carnevale con l’assordante suono dei campanacci. Le due sculture realizzate in terracotta semirefrattaria patinata a freddo, che chiudono la mostra, sono Il peccato originale e L’Inganno e richiamano il carattere sacrale e la natura inquietante delle maschere.

La seducente creazione artistica di Nicola Toce è  una guida imperdibile alla conoscenza di queste tradizioni, ma va oltre perché le sue maschere con le loro forme e colori hanno una forza evocativa potente che apre la porta dell'immaginazione. Fa inoltre conoscere una zona di Italia troppo a lungo rimasta isolata, perché dimenticata dall'opportunismo politico e che con Matera capitale della cultura europea può emergere ed essere conosciuta da un vasto pubblico.

Pubblicato in: 
GN16 Anno IX 25 febbraio - 4 marzo 2019
Scheda
Titolo completo: 

Il mito rivisitato. Le maschere arcaiche della Basilicata
a cura di Francesca Romana Uccella
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali,
Servizi museali di Zètema Progetto Cultura
9 febbraio – 28 aprile 2019

Orario Da martedì a domenica ore 9.00-19.00
Giorni di chiusura: Lunedì
La biglietteria chiude 45 minuti prima
La biglietteria è presso il Casino Nobile
Biglietti € 6,00 intero; € 5,00 ridotto.
La mostra è parte integrante della visita.
Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza) € 5,00 intero; € 4,00 ridotto.
 

EVENTI
Nell’ambito della mostra saranno organizzati vari eventi e visite guidate.

Dal 19 febbraio al 28 aprile “Laboratorio di oggetti in cartapesta ispirati dalle maschere ‘ghignanti’ di Nicola Toce”. Durante la visita  i bambini svolgeranno nelle sale della Casina un laboratorio in cui realizzeranno in cartapesta elementi naturalistici e zoomorfi ispirati al bestiario fantastico delle maschere di Nicola Toce e della decorazione del museo. Destinatari: Scuola dell’infanzia, Scuola primaria, Scuola secondaria I grado. Durata 120 minuti. Informazioni e prenotazioni: 060608 tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00.

Visite guidate: “Le maschere ‘ghignanti’ di Nicola Toce: tra tradizione e innovazione” a cura di Maria Grazia Massafra e Nicola Toce.
Domenica 17 febbraio; domenica 24 febbraio; domenica 3 marzo; domenica 17 marzo; domenica 31 marzo; domenica 7 aprile; domenica 21 aprile; ore 11.30.
Iniziativa gratuita ma è comunque necessario essere in possesso del biglietto del museo.

Venerdì 8 marzo ore 16.00: conferenza a cura di Maria Grazia Massafra e Nicola Toce “Viaggio nella dimensione del mostruoso e del fantastico attraverso la Casina delle Civette guidati dalle maschere “ghignanti” di Nicola Toce”. Incontro gratuito con prenotazione obbligatoria (max 30 persone) allo 060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00). Iniziativa gratuita ma è comunque necessario essere in possesso del biglietto del museo.

Per informazioni
cell. 349/6413826