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Roma Cinema Fest 2014. Wir sind Jung wir sind Stark. Rostok 1992
Il primo film per la sezione Cinema d’Oggi in prima mondiale che abbia selezionato per il tema controverso e passato in parte nel dimenticatoio di una Germania dove di certo oggi non si pensa ai conflitti interrazziali e al problema dell’immigrazione, soprattutto come principale, è: Wir sind Jung Wir sind Stark (Siamo giovani, siamo forti). Passato il 16 ottobre mattina ad una proiezione stampa non troppo gremita, ha ricevuto ben poche domande alla conferenza seguita più tardi, nonostante quelle che ci sono state, si siano dimostrate di alto profilo, esattamente come il film diretto da Burhan Qurbani, regista tedesco-afghano nato in Germania da figli di rifugiati afghani.
Certamente Qurbani non è il figlio dei rifugiati che ci immaginiamo perché la sua famiglia si è trasferita in Germania nel 1979, prima della caduta del Muro di Berlino, ed il padre è un impiegato civile dell’esercito americano. Qurbani ha costruito un film sulle proteste e gli assalti violenti avvenuti a Rostock tra 22 e 25 agosto 1992, culminati nella notte del 24 agosto con l’incendio e l’assalto al centro Zast (centro di raccolta per rifugiati) chiamato Sunflower, e che dopo l’evacuazione ordinata dal Governo tedesco appena riunificatosi, conteneva ancora circa 150 rifugiati vietnamiti.
La città di Rostock faceva parte della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, quella comunista per intenderci, ed infatti è peculiare che il protagonista del docu-fiction di Quarbani, Stefan (soprannominato Bolle dagli amici) – il bravissimo Jonas Nay – dopo aver cantato un inno “Oi” nazista, si metta ad intonare l’Inernazionale Comunista, a sottolineare ancora di più, se ancora non si fosse capito, che l’odio xenofobo scoppiato in quei giorni in Germania e supportato da molta popolazione, era il conato di rabbia per un'inconclusa riunificazione politica ed economica, di uno stato lacerato nei suoi valori e speranze più forti.
Durante l’adunata di fronte all’edificio dove pochi vietnamiti cercano di conservare quel poco che hanno messo da parte fino ad allora, compreso il permesso di lavoro permanente per una giovane vietnamita assunta in una lavanderia industriale – la determinata Trang Le Hong -, l’intervista al giovane gruppo neonazi che non sa nemmeno il significato di ciò che è accaduto durante la seconda guerra mondiale ed è occupato tutto il giorno a “uccidere il tempo”, al gruppo di giovani viene chiesto se hanno sogni: le risposte sono insensate oppure ovvie, ma quello che risuona forte nelle orecchie è: “Kein Traum”, “ nessun sogno. La celebre frase di Martin Luther King "I Have a dream", risuona forte nelle nostre orecchie e nel vuoto di quello che vediamo. Di certo è chiaro che si può avere sogni soltanto se si crede in qualcosa, e non quando il vuoto risplende brillante tra i fuochi delle molotov lanciate ad un palazzo dove pochi “musi gialli” (Chink, vengono chiamati così da una bambina tedesca che nemmeno si rende conto) cercano di scampare all’odio razziale.
Il giorno prima dell’attacco, che viene ripreso da Qurbani identico neli fatti e nelle immagini (ho visionato i video veri ed è assolutamente sconcertante quanto sia avvenuto), seguiamo questi giovani tedeschi che non hanno un lavoro e non vanno a scuola: vanno a fare una nuotata nel Mar Baltico lì vicino, vivono in periferia, non hanno interessi e rimangono indifferenti anche alla morte suicida del loro amico Philip. Sono loro che attaccano insieme ad altri, ben più preparati ed alla gente che sta ferma a guardare, un palazzo che diventa col simbolo del girasole (Sunflower), il capro espiatorio del grande vuoto che ristagna indelebile dentro di loro.
Una delle responsabilità maggiori però è della politica che non ha saputo organizzare la difesa del palazzo – ed in questo caso, come è evidente dal film, è coinvolto anche il Ministero degli Interni tedesco, nella persona del padre di Martin (l’attore tedesco David Striesow) - che durante la notte del 24 agosto resterà per ben due ore di seguito senza nessuna salvaguardia da parte delle forze di polizia, ed è in quel momento che avviene l’assalto e l’incendio al palazzo.
Un film nudo e crudo su quello che rimane sotterraneo in Germania, e che per fortuna non ha quello statuto politico che aveva allora, soprattutto, viene forse meno occultato e difeso da certe istituzioni, che anche nei processi contro gli assalitori neonazisti di Rostock e le responsabilità della polizia, hanno dimostrato un’eccessiva lentezza e poco rigore. A dimostrazione di ciò, il Sovrintendente alle operazioni di polizia, Jürgen Deckert fu dimissionato soltanto nel 2000.