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Roma Europa Festival con Peter Brook. La levità del Flauto magico
Fino al 27 novembre 2011 sarà in scena Un flauto magico di Peter Brook al Teatro Argentina di Roma in collaborazione con Roma Europa Festival: una riduzione per piano di Franck Krawczyk del Singspiel di Mozart del 1791, eseguita al piano da Alain Planès, sulla base della riduzione del libretto a cura di Peter Brook e Marie-Héléne Estienne.
Immaginate una foresta fatta di canne di bambù, un giovane inseguito da un drago, ed un aiuto venuto d'improvviso tra questi divisori ideali tra un personaggio e l'altro, ad indicare luoghi che solo le parole – tradotte nei sottotitoli – in tedesco (il canto) ed in francese (il recitativo: scelta di Brook) spiegano.
In questo flauto dal setting minimalista solo gli attori sono i protagonisti: per quanto riguarda il canto sono tutte voci leggere con una coloratura particolare per la bella voce della Regina della Notte interpretata da Malia Bendi-Merad, che svetta nell'aria più celebre Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen (La vendetta dell'Inferno ribolle nel mio cuore), nella quale ordina a sua figlia Pamina di uccidere Sarastro e di consegnarle il prodigioso Cerchio Settemplice solare, il quale protegge Sarastro e i suoi discepoli, gli Iniziati.
In un profluvio di andirivieni dei personaggi principali, tutti interpretati da attori giovani ed il cui entusiasmo traspare ad ogni scena quanto la preparazione, spicca Papageno ovvero Thomas Dolié per la sua ingenuità giocosa, che fa risaltare con completezza fino all'unione finale con la finta mendicante e sua futura sposa Papagena/Anne-Emmanuelle Davy. Un po' bassa nei toni – sembra un gioco di parole ma non lo è – la voce del basso Sarastro di Vincent Pavesi, mentre più ricca ci è sembrata quella di Pamina, ovvero Aylin Zeser. Il Tamino di Adrian Strooper forse era troppo scuro e poco vivace nella sua interpretazione e poca potenza vocale come anche il Monostatos di Romain Pascal. Nell'insieme, le voci sono risultate chiare, dolci e limpide e di volume limitato, che è stata però la scelta di Brook per produrre Un flauto magico per tutti: lieve e leggero, lontano dall'operistica e vicino ad un teatro contemporaneo che invece di aggiungere toglie, per puntare l'attenzione sull'essenza del teatro: il dinamismo energetico dell'azione.