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Roma. Filippo Rusuti e la Madonna di San Luca in Santa Maria del Popolo
A Castel Sant'Angelo fino al 19 novembre 2018 sarà in esposizione la Madonna di San Luca in Santa Maria del Popolo, dopo Il recente restauro che ha portato alla scoperta della firma sulla cornice di Filippo Rusuti. La mostra è a cura di Simonetta Antellini, già funzionario Soprintendenza Speciale di Roma e direttrice del restauro, e di Alessandro Tomei, ordinario di storia dell’arte medievale presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti e uno dei maggiori esperti in materia.
L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con la Direzione Centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, guidata dal prefetto Angelo Carbone, che è proprietaria dell’opera, e con la Soprintendenza Speciale di Roma diretta dall’architetto Francesco Prosperetti, che ha curato il restauro. L'immagine della Madonna era stata attribuita a San Luca secondo una antica leggenda nata in Oriente nell'VIII secolo, che affermava che San Luca, l'evangelista, che aveva conosciuto la madre di Cristo, ne aveva fatto il ritratto dal vivo. La leggenda poi si era diffusa in Occidente ed era stata accolta con favore a Roma dove il culto della Vergine era molto fervido. Le immagini della Madonna sempre con il bambino o quella di Cristo furono accolte dalla tradizione popolare come apparizioni miracolose in occasione di pestilenze e altre calamità, e ritenute acheropite, cioè realizzate da mano non umana. Alcune poi vennero attribuite a San Luca, e oltre a essere collocate in alcune chiese venivano spesso portate in processione.
L'immagine fu trasferita nel 1235 dal Sancta Sanctorum in Laterano e portata a Santa Maria del Popolo per volontà del papa Gregorio IX. Questa chiesa originariamente era stata una semplice cappella, eretta e dedicata alla Vergine nel 1099 dal papa Pasquale II. Secondo una leggenda popolare il luogo era abitato da esseri infernali a causa della presenza delle ceneri di Nerone, per questo l'idea fu appoggiata dalla popolazione. La cappella fu dunque eretta a spese del del “Popolo romano”, cioè del Senato e per questo denominata Santa Maria del Popolo. La crescente devozione verso l'immagine, nota dal nome originario della cappella, come Salus Populi Romani, ritenuta miracolosa non solo dal popolo ma anche dalla Chiesa, fece sì che la chiesa acquistasse importanza e fu nel tempo ingrandita e abbellita.
Nel 1473 Andrea Bregno creò uno splendido altare di marmo (macchina marmorea) su commissione del cardinale Rodrigo Borgia, poi Alessandro VI, quando nel 1509, su commissione di Giulio II della Rovere, Bernardino di Betto, Il Pinturicchio, dipingerà l'affresco della volta del coro raffigurerà San Luca mentre dipinge l'icona. Nel 1627 fu realizzato un nuovo altare per lascito testamentario del cardinale Antonmaria Sauli, nel 1634 il conte Alessandro Sforza donò una corona d'oro da porre sull'immagine della Madonna per i numerosi miracoli compiuti a cui si aggiunse nel 1667 quella del capitolo Vaticano per il bambino e nel 1673 la famiglia Miglié eseguì e mise in opera una preziosa cornice in argento, ottone e rame per l'altare che costudisce l'icona. L'immagine fu, inoltre,più volte copiata anche da illustri artisti come Antoniazzo Romano e Melozzo da Forlì.
Nel 2017 sono iniziati i restauri nella chiesa su finanziamento Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno da cui il restauro dell'icona che aveva già subito un intervento nel 1970 da parte dell'ISCR - Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, dopo essere stata rubata e poi ritrovata dopo poco tempo sulla spiaggia di Passoscuro. La firma di Filippo Rusuti, riapparsa sulla cornice in bianco su fondo verde in carattere gotico maiuscolo, reca scritto (PHILIP)PVS RV(S)VT(I) PINX(IT), era stata coperta da una vernice nera e per questo non era stata mai vista. Il curatore, Alessandro Tomei, ritiene che la firma sia stata deliberatamente coperta per retrodatare l'icona alla stessa epoca di quelle famose, come quelle conservate a Santa Maria Maggiore, Santa Maria in Via Lata, di origine lucana. Di Rusuti si conosce solo un'altra firma, quella posta sui mosaici della facciata di Santa Maria Maggiore ( PHILIPPUS. RUSUTI. FECIT. HOC. O(P)US.) che ora sono poco visibili dal basso perché coperti dal portico costruito per volere di Benedetto XIV da Ferdinando Fuga tra il 1741 e il 1743. L'immagine fino alla scoperta della firma, per le affinità stilistiche, era ritenuta, anche da Tomei, del maestro di San Saba, autore degli affreschi nella quarta navata in San Saba sul Piccolo Aventino, che ora potrebbero verosimilmente essere attribuiti a Rusuti. Filippo Rusuti con Pietro Cavallini e Jacopo Torriti è uno dei maggiori esponenti della Scuola romana alla fine del Duecento, attivo ad Assisi e Roma con Torriti è poi col figlio Giovanni in Francia al servizio del re Filippo IV il Bello.
Tornando al restauro è stato eseguito dalle restauratrici Fiammetta Jahier e Cristina Caldi del Consorzio Aureo; le indagini scientifiche sono state condotte e coordinate da Claudio Falcucci di M.I.D.A. – metodologia indagini diagnostiche opere d’arte - , con la collaborazione del Laboratorio di Fisica dell’Università di Salerno; l’Ufficio di Direzione Lavori della Soprintendenza Speciale di Roma composto dal Direttore dei Lavori Simona Antellini, dal restauratore Carlo Festa, e dall’assistente tecnico Laura Petriglia. La Madonna, rappresentata con il bambino, benedicente, è Odigitria, la mano indica la via cioè la missione del figlio e ha ad entrambe le mani un anello, uno come sposa di Giuseppe e l'altro come sposa della Chiesa, secondo l'icografia tradizionale. L'opera è su tavola impannata, l'artista ha usato un supporto già esistente, composto da tre tavole di noce sostenute da tre traverse di castagno. Proprio il supporto presentava i maggiori problemi in quanto nei lunghi anni ha sopportato l'attacco di insetti xilofagi, le analisi hanno anche mostrato l'insolita presenza di chiodi, che probabilmente sostenevano le reliquie: del latte, del velo e delle vesti della Vergine. Il restauro è stato compiuto secondo il dettato di Brandi “si restaura solo la materia dell'opera d'arte”, È stato anche rinforzato lo strato preparatorio, su cui il pittore ha eseguito il disegno preliminare con il pennello. Il restauro ha recuperato gli splendidi colori occultati da precedenti restauri che li avevano coperti, è così riapparso dal nero lo splendido manto blu oltremare ottenuto dai lapislazzuli; della Madonna, sono stati anche rivelati i corretti panneggi e la stella d'oro sulla spalla. Le corone, che furono donate, nel tempo sono state rubate mentre rimangono i segni delle loro inserzioni. I visitatori potranno ammirare la Madonna da vicino in tutto il suo ssplendore, perché nella usuale collocazione è posta a cinque metri di altezza.