Roma. L'eburnea Piramide rifulge restaurata

Articolo di: 
Nica Fiori
Piramide Cestia

La Piramide Bianca. Così viene definita la Piramide di Caio Cestio in una pubblicazione trilingue (italiano, inglese e giapponese), realizzata dalla Fondazione Italia-Giappone a seguito del suo restauro finanziato dall’imprenditore giapponese Yuzo Yagi. Il colore allude ovviamente al bianco marmo lunense che ricopre la piramide romana, ma allo stesso tempo anche al lavoro di ripulitura che ha tolto le erbacce e le proliferazioni batteriche che ne avevano alterato il colore originario.

Una suggestiva cerimonia di inaugurazione della Piramide rinata a nuova vita, che si è tenuta il 20 aprile 2015, alla vigilia del Natale di Roma (21 aprile) e alla chiusura delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Augusto, ci ha fatto riflettere su quanto importante sia salvaguardare la nostra storia e quanto importante sia il mecenatismo privato, quando lo Stato non basta. Con un milione di euro, devoluto da Yuzo Yagi, è stato possibile un restauro completo dell’edificio (esterno e cella funeraria interna) ad opera della Soprintendenza archeologica di Roma in un tempo record: 327 giorni.

Un po’ meno dei 330 giorni impiegati per la sua costruzione, come imposto per testamento da Caio Cestio. Il Dottor Yagi, in segno di amore verso il nostro paese (è imprenditore nel campo della moda e ha notevoli affari con l’Italia) ha scelto questo monumento tra alcuni proposti dalla Soprintendenza, forse per l’essenzialità della forma geometrica, o forse per la sua unicità a Roma.

La nostra città in realtà vantava un tempo più sepolcri a forma di piramide, ma solo questo è sopravvissuto perché inserito nella Mura Aureliane. Prima che fosse riportata alla luce l’iscrizione di Caio Cestio, presente su due facciate, la Piramide veniva chiamata Meta Remi (pietra  di Remo) e contrapposta alla Meta Romuli (pietra di Romolo), che si trovava vicino alla Basilica di San Pietro.

Un importante restauro fatto fare da papa Alessandro VII Chigi nel 1663 è ricordato in un’iscrizione sulla facciata, nella quale è stata aperta all’epoca una porticina che, attraverso un cunicolo, immette nella cella funeraria. Questa stanza, alla quale si doveva accedere da un’altra porta, murata dopo la sepoltura del defunto alla maniera egiziana, ha una superficie di circa 23 mq e una volta a botte. È decorata secondo il cosiddetto III stile pompeiano con motivi a candelabri e figurine di ninfe su fondo bianco; nella volta sono quattro figure di Vittoria, mentre la raffigurazione dell’apoteosi del defunto al centro è andata perduta, così come l’urna cineraria che si doveva trovare all’interno.

Il monumento, alto circa 36 m, è stato realizzato come tomba del ricco C. Cestio (dell’importante collegio sacerdotale degli epulones, i curatori dei banchetti sacri), in seguito alla conquista dell’Egitto da parte di Ottaviano (30 a.C.), che diventa imperatore e assume il nome di Augusto proprio in seguito alla sua vittoria su Cleopatra, regina d’Egitto. Nonostante gli strali lanciati dai letterati più tradizionalisti contro la corruzione dei costumi che veniva dall'Oriente, l'arte e il gusto egizio ebbero una larga presa su Roma, paragonabile soltanto con l’égyptiennerie che dominò la Francia dopo la spedizione napoleonica nella valle del Nilo. Non solo la conquista diede il via all’importazione di antichità, soprattutto sculture e monoliti (ricordiamo che Roma vanta ben 13 obelischi), ma nuove forme architettoniche e nuovi culti, come quello di Iside, si diffusero nell’Urbe.

Furono proprio le scoperte archeologiche avvenute soprattutto a Roma a far conoscere in Europa l’arte egizia, prima delle campagne di scavo avvenute in Egitto dall’Ottocento in poi, dando anche un’impronta particolare all’architettura della città dei papi. Gli obelischi caduti furono risollevati e utilizzati per decorare le piazze cittadine: non più come simboli solari ma come piedistalli per la croce. La stessa Piramide Cestia fu presa a modello per alcune tombe (e qui voglio ricordare i sepolcri piramidali della Cappella Chigi nella basilica di Santa Maria del Popolo), sicuramente suggerì qualche spunto a Giovanni Battista Piranesi per le sue decorazioni egittizzanti del Caffè degli Inglesi e divenne anche luogo di rituali esoterici.

Il restauro è stato l’occasione per approfondire la conoscenza di questo monumento, maltrattato dal tempo e dalle vicende umane (vi sono anche i segni di alcune fucilate, relative a combattimenti ed esecuzioni capitali), ma strutturalmente integro. Sono stati restaurati gli affreschi della cella, che erano rovinati dall’umidità, e le lastre di marmo che rivestono la struttura in opera cementizia; si è provveduto a inserire 12 megastop di acciaio con funzione antisismica ed è stato realizzato un accesso per i disabili. Inoltre sono stati inseriti piccoli tasselli campione, recuperabili senza impalcature da restauratori freeclimber, che testeranno nel tempo quali siano le più efficaci soluzioni contro i microrganismi, da utilizzare sul resto del vasto patrimonio in marmo della città.

Pubblicato in: 
GN22 Anno VII 23 aprile 2015
Scheda
Titolo completo: 

RESTAURO DELLA PIRAMIDE DI CAIO CESTIO
L’accesso alla Piramide è su via Raffaele Persichetti, 3.
In occasione del restauro si terranno visite guidate straordinarie fino al 26 aprile 2015 (alle ore 10, 11 e 12).

Restauro ad opera della Soprintendenza Archeologica di Roma - Mecenate Yuzo Yagi

La Piramide è visitabile il 2° e 4° sabato del mese per visite individuali alle ore 11, per i gruppi alle ore 10 e 12, con prenotazione obbligatoria
info e prenotazioni 06 39967700 www.coopculture.it
Il 1° e il 3° sabato del mese è consentito l’accesso alle 10,30, dopo la visita al Museo della via Ostiense, con prenotazione al numero 06 5743193