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Roma. I Marmi Torlonia a Villa Caffarelli
Tra una chiusura e l’altra, è ancora in corso e sarà aperta fino al 29 giugno 2021 la mostra, I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori, ospitata nella nuova sede espositiva dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli. Questa mostra di grande valore scientifico è stata curata da due insigni archeologi e accademici dei Lincei, Salvatore Settis e Carlo Gasparri.
Si tratta di un avvenimento di eccezionale rilievo perché la mostra dei Marmi Torlonia è frutto di un accordo tra la Fondazione Torlonia e il Mibact, con la partecipazione della Soprintendenza Statale e della Sovrintendenza Capitolina. Dario Franceschini, Ministro per i beni e le attività culturali, in occasione della presentazione dell’esposizione aveva manifestato l’intenzione di trovare una sede per l’intera collezione, che però rimarrà privata. Il ministro sempre in quella occasione aveva proposto il rinascimentale Palazzo Rivaldi, posto di fronte alla Basilica di Massenzio su ciò che resta dell’antica collina Velia, sventrata per fare via dei Fori imperiali.
Palazzo Rivaldi venne occupato a metà degli anni ’70 del secolo scorso, divenendo un centro culturale con attività musicali, teatrali, mostre e sperimentazione artistica, fu noto come “Convento occupato”. Dagli anni ’80 finita questa esperienza è in uno stato di grande degrado, per il suo restauro sono stati stanziati 40 milioni di euro in quanto inizialmente era destinato a ospitare la Scuola di alta formazione del Mibact. Ora, se le trattive con la Fondazione Torlonia andranno a buon fine, dovrebbe diventare la sede di questa straordinaria collezione, non c’è certezza ma sarebbe auspicabile, poiché le opere esposte, scelte con cura e competenza dai curatori, sono solo 92 su 620 marmi appartenenti alla Collezione Torlonia.
Il Museo Torlonia fu fondato nel 1875 dal principe Alessandro Torlonia e situato nel Palazzo Torlonia a via della Lungara, le opere erano situate in 77 sale organizzate per temi. Ci furono otto edizioni del catalogo, quello esposto in una teca nella sala 14, è quello del 1884 primo esempio di catalogo di sculture antiche riprodotte integralmente in fototipia. Nel secolo scorso però il museo è stato aperto solo per le rare persone a cui veniva concessa la visita. Nel 1947 a Ranuccio Bianchi Bandinelli, insigne archeologo e storico dell’arte, allora Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, fu negato l’accesso. Si narra l’aneddoto che si travestì da spazzino per visitarlo. Dal 1948 il palazzo di via della Lungara è stato sottoposto a vincolo. Successivamente i Torlonia, chiesero l’autorizzazione a restaurare il tetto, così colsero l’occasione per ristrutturare gli interni ricavandone 93 miniappartamenti. Tutta la collezione, compresa la Collezione Albani, fu ammassata negli scantinati del palazzo.
Venendo all’esposizione a Palazzo Caffarelli i marmi esposti sono stati restaurati dalla Fondazione Torlonia grazie anche al contributo della Fondazione Bulgari. Ben riuscito è l’allestimento di David Chipperfield Architects Milano. L’esposizione è articolata in cinque sezioni, la prima sezione con le pareti in colore rosso è dedicata alla Evocazione del Museo Torlonia. Si è accolti dalla Statua di Germanico, posta in rilievo in quanto è l'unico bronzo della collezione databile al I secolo d.C. La sala ospita disposti su tre file in ordine cronologico i busti degli imperatori e dei loro famigliari. Sono collocati separatamente lo splendido Ritratto di fanciulla, un Ritratto maschile detto di Eutidemo di Battriana proveniente dalla Collezione Giustiniani e uno molto realistico, una testa di vecchio antica su busto moderno, Ritratto detto del Vecchio da Otricoli.
La seconda sezione è dedicata all’intensa attività di scavo che i Torlonia fecero nei loro possedimenti, prima Giovanni Raimondo (1754 -1829) poi Alessandro (1800 – 1886) fondatore del museo. Gli scavi furono effettuati in aree archeologiche di grande interesse: le tenute di Roma Vecchia e della Caffarella, le Ville, dei Quintili, dei Sette Bassi e di Massenzio, lungo la via Appia e la via Latina. Importanti furono quelli a Porto, ora Fiumicinio, dove gli scavi interessarono il Portus Augusti il porto principale di Roma in età imperiale, da dove viene il Bassorilievo del Portus Augusti che, dopo il restauro rivela tracce dell’antica policromia. La scena mostra una grande nave dalle vele decorate con il mitico simbolo della lupa che allatta i gemelli, una scena di un sacrificio di ringraziamento per la riuscita del viaggio, l’imponente faro e le figure di Nettuno e Bacco. Dall’antica Cures, ora Fara Sabina, viene invece la statua di bronzo di Germanico.
Nella Tuscia a Vulci nell'aprile 1857 fu scavata dall'archeologo e Commissario regio di Guerra e Marina del Granducato di Toscana, Alessandro François, la Tomba che da lui prese il nome di Tomba François. Il ciclo di affreschi, staccato dalle pareti e suddiviso in pannelli su ordine di Alessandro Torlonia, fu trasportato nel 1863 a Roma a Villa Albani dove ancora si trova e non è visitabile. In questa sezione ricordiamo proveniente dalla Villa dei Quintili, una copia da Kefidodotos, il Gruppo di Eirene e Ploutos (pace e ricchezza), un monito che ricorda che solo la pace porta ricchezza, ci sono anche due preziosi sarcofagi, di cui uno in cui sono raffigurate Le fatiche di Ercole.
Nella terza sezione ci sono opere provenienti da celeberrime collezioni a cominciare dalla preziosa Collezione del cardinale Alessandro Albani, a cui aveva prestato autorevoli suggerimenti Johan Winckelmann, era contenuta nella Villa Albani poi acquistata da Alessandro Torlonia. L’altra è quella costituita dai marmi dello Studio Cavaceppi, in cui si restauravano e si commerciavano le statue antiche. Giovanni Torlonia comprò all’asta nel 1800 tutti marmi che Cavaceppi aveva lasciato all’Accademia di San Luca. Di questa sezione ricordiamo appartenenti a Villa Albani, la stupefacente Tazza decorata con le Fatiche di Ercole, proveniente dall’ Appartamento dei Bagni a Villa Albani, la statua di Ulisse sotto il montone, la Statua del Nilo e il Gruppo di due guerrieri, per uno dei quali è documentata la firma ora non più visibile di Philoumenos. Dei Marmi Cavaceppi segnaliamo il raffinato Sarcofago con il trionfo indiano di Dioniso, che ha un coperchio non pertinente che evoca Arianna addormentata e poi trovata dal dio nell’Isola di Nasso.
La quarta sezione è dedicata a un’altra famosa collezione quella di Vincenzo Giustiniani, tra le opere esposte, oltre a una serie di busti, colpisce l’abbinamento di due marmi legati dal mito perché restaurati come Apollo con la pelle di Marsia e l’altro come Marsia scuoiato. La raffinatezza nelle scelte del Giustiniani è testimoniata da una Statua di divinità con peplo detta Hestia (Vesta) Giustiniani, replica romana di un originale greco in bronzo del V secolo a.C. raffigurante Hera o Demetra, le due Afroditi accovacciate di cui una ha la testa opera di Pietro Bernini, mentre al più celebre figlio è attribuita dopo il restauro la splendida testa del Caprone. Non fu l’unica volta, si rammenti ad esempio l’Ares Ludovisi ora a Palazzo Altemps a cui il giovane Gian Lorenzo aggiunse il piede, Eros e una stupefacente elsa della spada di gusto barocco. Oltre alla storia delle opere ritrovate infatti c’è quella parallela dei restauri in accordo con i gusti dell’epoca oltre ai due Bernini, si ricordino Alessandro Algardi, François Duquesnay e Bartolomeo Cavaceppi. Come splendida conclusione di questa sezione sono collocate la Statua di Artemide Efesia del II secolo d.C.in marmo bianco, con testa e mani moderne in marmo nero e il realistico Rilievo con scena di bottega, sempre del II secolo d.C.
L’ultima sezione è dedicata ad opere provenienti da altre collezioni del XV e XVI secolo in cui si trovano pezzi di grande pregio tra cui spiccano il sorprendente Cratere con simposio bacchico, detto Tazza Cesi o Vaso Torlonia, che nel giardino Cesi era una la vasca di una fontana con Sileno versante da un otre. Quella statua è ancora a Villa Albani ed è sostituito in mostra da una simile della Collezione Giustiniani. C’è uno straordinario sarcofago, proveniente da palazzo Savelli, poi Orsini, con il tema ricorrente de Le fatiche di Ercole che ha come coperchio una Coppia distesa di coniugi. Si impone all’attenzione la meravigliosa Statua di Atena, del tipo Giustiniani, già Carpi, con la deliziosa civetta che scruta il visitatore dall’albero.
L’esposizione sfocia nell’Esedra dei Musei Capitolini dove ora sono stati collocati, non come avrebbero meritato, i bronzi donati da Sisto IV Della Rovere al popolo romano. L’intenzione palesata di legare la generosità papale al collezionismo dei privati è alquanto fuori luogo. Quando nell'anno 1734, sotto papa Clemente XII Corsini furono aperti i Musei Capitolini, furono il primo museo aperto pubblico impreziosito dalle donazioni dei papi. La Collezione Torlonia, invece, per volontà dell’allora proprietario che ha esercitato il diritto della proprietà privata, dal secolo scorso è rimasta invisibile anche agli studiosi che l’hanno potuta studiare solo attraverso il catalogo.