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Romaeuropa Fest. Fluttua sul cuore di Cherkhaoui
Il Giappone con il suo "mondo fluttuante" del periodo Edo inaugura la trentottesima edizione del Romaeuropa Festival che si svolgerà fino al 19 novembre prossimo. Ukiyo-e di Sidi Larbi Cherkaoui e Ballet du Grand Théâtre de Genève il 6 e il 7 settembre nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” è lo spettacolo che, con il sostegno della Repubblica e del Cantone di Ginevra, della Città di Ginevra e dell’Istituto Svizzero, presenta le danzatrici e i danzatori del celebre teatro nell’ambito del focus dedicato alla creazione artistica fiamminga articolato grazie alla partnership triennale avviata con Flanders State of The Art. Inoltre Dance Reflections by Van Cleef & Arpels, è il progetto con il quale la celebre maison sostiene la creazione coreutica e di cui Romaeuropa è, per il secondo anno, unico partner italiano.
Nella Cavea dell'Auditorium si costruiscono e decostruiscono scale, piani, anche inversi, come quelli di Escher: su queste traiettorie salgono e scendono monaci e monache, perlomeno così ci appaiono, in lunghi abiti flessuosi e neri ebano. Siamo nell'era Edo (1603-1868), sotto lo shogunato di Tokugawa, una dittatura militare che aveva i generali, questa è la traduzione di "shogun", al suo vertice. Una società stratificata in quattro classi sociali dove la mobilità sociale non era concessa e gli shogun avevano bandito il Cristianesimo ed imposto la chiusura dei confini della nazione giapponese. Edo è l'odierna capitale Tokyo dove domina il Clan Shogun Tokugawa, e che l'ha resa il centro del Giappone in questa lunghissima epoca feudale.
Il resto della società, coloro al di fuori della casta regnante, si dedica, chi può naturalmente, all'arte ed al teatro, al godimento della bellezza in una vita quotidiana ricolma di sofferenze, in un "mondo fluttuante" rappresentato dai quadri di donne, mare, onde, anche erotici oltrechè di mansioni quotidiane, di Utamaru, Hiroshige ed Okusai, una sorta di "lieve carezza", come l'ha descritta Cherkhaoui in conferenza stampa dopo un lungo isolamento. Riprende il coreografo: "Abbiamo bisogno di riconnetterci, ecco perchè la geografia dei musicisti è aperte e senza confini come quella dello scenografo newyorkese Alexander Dodge e del costumista Yuima Nakazato". Al compositore polacco Szymon Brzóska è affidata la musica piu' lirica e ondivaga, con rievocazioni di passaggi tonali, ribattute, perpetuum mobile ed ostinati; al musicista franco-vietnamita Alexandre Dai Castaing le vibrazioni elettroniche e le percussioni dal vivo, insierme all'ex Kodo Shogo Yoshii, sono affidati tamburi giapponesi, i Taiko. In voce, oltre a Yoshii, la cantante Kazutomi «Tsuki» Kozuki.
Le luci, a cura di Dominique Drillot, sono essenziali a dipingere l'atmosfera trra un cambio e l'altro, soprattutto quando si iniziano ad insinuare i colori sulle vesti ebano dei danzatori, fino a rivestirle tutte. Violacee ed ipnotiche, rilucono sulle angoscie di una donna che esprime tutta la sua agonia; sul pas de deux di una coppia "flessuosa quanto fluttuante"; e si abbattono sul rito finale, riassunto dai due principali colori del Giappone, il bianco (Aka) ed il rosso (Shiro). Il primo dipinge i corpi di chi "condanna" al sacrificio; il rosso è una lunga e spessa striscia rossa sul cuore degli stessi, che impartiscono l'ordine di suicidio attraverso il lancio nel vuoto a coloro che da ebano erano divenuti esseri dalle vesti variopinte.
Le danze finali saranno quasi arcaiche, e gli uomini "colla macchia rossa sul cuore" danzeranno primitivamente finchè Shogo Yoshii camminerà, suonando, sul palco. La mia percezione della "chiosa" coreografica però, mi ha lasciato grandemente interdetta: è come se fosse stata "interrotta" senza essere stata terminata, come se fosse intervenuto un "laccio" aldilà del continuo e incessante, fluire della danza. Ed è per questo che io voglio terminare questo articolo con uno dei passaggi piu' drammatici e sostanziali della coreografia di Cherkhaoui, la lettura della poesia Hold Your Own (Resta te stessa, trad. di Roccardo Duranti, edita nel 2019 da E/O) della giovane poetessa britannica Kae Tempest (1985) e citarne un brano, anche in traduzione. Vorrei aggiungere che il titolo può tradursi anche con queste parole: "Reggi il confronto" oppure, come fa Duranti in un passaggio: "Tieniti caro quel che sei".
Happiness, the brand, is not happiness
We are smarter than they think we are
They take us all for idiots
But that's their problem
When we behave like idiots
It becomes our problem
So hold your own
Breathe deep on a freezing beach
Taste the salt of friendship
Notice the movement of a stranger
Hold your own
And let it be
Catching
Felicità, il marchio, non è la felicità
siamo piu' intelligenti di quanto pensino
Ci prendono tutti per idioti
Ma questo è il loro problema
Quando ci comportiamo da idioti
Diventa il nostro problema
Così, tieni a te stessa
Respira forte su una spiaggia ghiacciata
Assaggia il sale dell'amicizia
Fai caso al gesto di uno straniero
Reggi il confronto
e lascia che accada
Catturando altri
(Trad. mia).