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Salgado all'Ara Pacis. L'invito dell'Albatro
La natura magica di Salgado si agita tra le sale romane del Museo dell'Ara Pacis: le sue oltre 200 fotografie, curate nella mostra Genesi dalla moglie Lélia Wanik, che sopravvivono a quella trasfigurazione della natura operata dall'uomo e dai suoi occhi. Fino al 15 settembre 2013, sotto la sala della grande Ara, potrete avvinicinarvi al gelo della Russia fino al torrido Madagascar, guidati da qualche albatros sfuggito al branco in migrazione.
Sembrano quasi riesumati da un racconto di Jules Verne questi maestosi volatili che prediligono zone ventose per spiccare il volo, data la loro possanza: ed è facile ricordare Baudelaire e l'Invitation au voyage (Les Fleurs du mal, 1857), un decollo difficile per un uccello con un'apertura alare di tre metri e mezzo (ne hanno trovato uno che ne misura 363 cm.). Il Diomedea exulans (secondo la classificazione di Linnaeus, del 1758), mostra il suo torso bianco contro le due ali bianche e nere, dritte contro il cielo. Il bianco e nero delle foto mette in risalto i due colori unici, tranchants, come la candida dolcezza dei loro eburnei abbracci. Nelle foto della Colonia di Albatri dal sopracciglio nero sulle Willis Islands – foto scattate nel 2009 nella Georgia del Sud -, una tenerezza si staglia tra la coppia di albatri, “lei” che si appoggia sul petto di “lui” con il becco all'insù, che l'immacolato manto di velluto sembra illuminare di protezione, cullati dalla delicata brezza dei rifugi ventosi dove amano dimorare.
Le iguane marine delle Galàpagos mostrano le zampe palmate e adunche (primo piano) mentre la coda traccia una penisola sullo specchio d'acqua, predatore come il leopardo della Namibia che si staglia nel buio circolare a sfidare chi lo guarda abbeverarsi. Proviamo ad immaginare che la donna che balla della tribù himba sia della stessa zona, lì vicino, sulle rive del Katapari: intrappolata dalla stessa natura sensuale che rende questi animali e questi uomini così introdotti nell'originaria natura africana da sembrare del tutto simbiotici con lei. Il Botswana dove si trova il cacciatore con l'otarda verde (ma è in bianco e nero la foto, come tutte le altre, quindi lo leggiamo), ci mantiene ancora al caldo come la torrida Amazzonia ed i caimani del Brasile o le Cascate Vittoria nello Zimbabwe, tracciando un paradiso romantico senza tempo.
Il freddo però sarà al termine del nostro viaggio: si parte dal Parco Nazionale del Bryce Canion (foto del 2010) durante una tempesta di neve, attorniato da rocce che sembrano specchiarsi e duplicarsi, per poi approdare nei pascoli dell'Alaska, con i suoi caribù, dove si ergono i Monti Brooks (con punte massime di 3000 metri). Nell'Arctic National Wildlife Refuge, i Ghiacciai Walsh e Logan (Canada) guardano un tramonto mentre procediamo verso i territori Navajo e poi nella grande Mesa dell'Arizona. Attraversiamo le terre dei buoi muschiati e dei trichechi per giungere nella Russia dove anche il bue muschiato sembra un uomo, coi suoi occhi tristi e anziani: ci fa commuovere insieme al suo manto caduco e canuto mentre sorvoliamo la vista del vulcano Ilinsky in Kamchatka. La consistenza mitica è abnorme, ha un sapore primitivo come lo stesso vulcano Kamm di quasi 5000 metri, che spunta sotto le nuvole nella tundra russa.
Finiamo col vedere nel buio, tra le ombre del bianco e nero di Salgado, una luce che ci guida ad occhi chiusi, come quei pipistrelli ritratti nella luce: le volpi volanti o pipistrelli della frutta che abitano il Madagascar, illudendoci di viaggiare immortali entrando nel santuario sempiterno di una natura fremente in ogni suo foglia al primo stormo di passaggio.