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Santa Cecilia. La Creazione illuminista di Haydn
Il programma dei concerti sinfonici dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha presentato lo scorso 13 gennaio Die Schöpfung (La Creazione), capolavoro di Franz Joseph Haydn, nella versione italiana a cura di Giuseppe Carpani del 1801. Il pubblico ha entusiasticamente applaudito l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e i solisti magnificamente diretti da John Eliot Gardiner; a questo concerto sono seguite due repliche, questo articolo si riferisce allo spettacolo del 13 gennaio.
Questo splendido oratorio incontrò un immediato favore del pubblico testimoniato dalle successive riproposizioni, fu prediletto e considerato dal suo autore la sua migliore composizione. Durante i soggiorni a Londra, prima nel periodo 1791-1792 e poi nel 1794-1795, Haydn ebbe occasione di ascoltare gli oratori di Georg Friedrich Händel e fu affascinato dalla grandiosità e dalla molteplice ricchezza dell’espressione musicale in cui il musicista sassone fuse la sua formazione in Germania, l’esperienza dell’opera e dell’oratorio maturata in Italia e la tradizione inglese degli Anthems (inni, mottetti). Nel 1795 Haydn tornò a Vienna con il testo de La Creazione, tratto, dalla Genesi e dal Paradiso perduto di Milton, che il suo impresario Johann Peter Salomon gli aveva procurato, con l’intenzione di tornare a cimentarsi nella composizione di un oratorio, dopo le esperienze del Il ritorno di Tobia e de Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce.
Il testo, di un autore non identificato con certezza, fu tradotto da Gottfried van Swieten, grande ammiratore di Händel, che aveva commissionato a Mozart la rielaborazioni di alcuni oratori hendeliani tra cui Aci e Galatea e il Messiah. Haydn compose l’Oratorio tra il 1797 e il 1798, il 29 aprile 1798 fu eseguito privatamente per iniziativa di un gruppo di nobili a Palazzo Schwarzenberg e, l’anno successivo, il 19 Marzo 1799, al Karntnerthor-Theater di Vienna gremito di pubblico. La musica si adatta bene sia al testo inglese che alla traduzione tedesca, come anche alla traduzione realizzata da Giuseppe Carpani nel 1801, a dimostrazione del successo che la composizione riscosse non solo in Austria.
L’Oratorio si divide in tre parti, le prime due descrivono i sei giorni della creazione seguendo il testo biblico dei primi versetti della Genesi, narrato dai tre arcangeli, Raffaele, Gabriele e Uriele, la terza descrive l’amore tra Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre. L’argomento è religioso ma, trattato nella visione razionale illuminista, viene interpretato in una visione di un ottimistico progresso. Nella sua composizione Haydn ripropose la grandiosità degli oratori di Händel a cominciare dalla ricchezza degli strumenti prevista, oltre agli archi sono indicati: 3 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, un controfagotto, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani e basso continuo. Una grandiosità ribadita nella potente scrittura delle parti corali scritte per coro misto a quattro voci e cinque parti vocali, in particolare nei brani che chiudono le tre parti dell’Oratorio come la straordinaria fuga conclusiva.
Il coro è uno strumento duttile nelle mani di Haydn, dai sottovoce rarefatti che sottolineano l’atmosfera confusa del Caos e delle tenebre, preparata da una scrittura musicale frammentaria e sospesa, per poi divenire, all’apparire della luce per volontà divina, scintillante e maestosa nell’esultanza in fortissimo con l’orchestra. La narrazione della creazione è descrittiva, come negli oratori di Händel, l’Israel in Egypt ne è un formidabile esempio. La raffinata scrittura musicale di Haydn dipinge con una iridescente tavolozza cromatica quello che i tre arcangeli descrivono nei recitativi e nelle arie, la forza tumultuosa degli elementi naturali della tempesta come la gioiosa e serena pastorale nella contemplazione campestre di alberi, fiori. Nei duetti e terzetti della terza parte umana riservata ad Adamo e Eva più evidentemente affiora nella scrittura vocale l’esperienza maturata da Haydn nella composizione nello stile italiano di opere serie e buffe.
La magistrale e raffinata direzione di Gardiner ha reso vividi i variegati timbri previsti dall’orchestrazione con attenzione agli equilibri delle sezioni dell'orchestra, è stata sensibile interprete delle dinamiche e della varietà dell’agogica musicale, nel contempo dando respiro alla frase musicale riuscendo a esaltarne la seducente cantabilità. L'orchestra ha magnificamente risposto alle indicazioni del Maestro, il coro ben preparato da Piero Monti è stato efficace nella resa degli impegnativi e diversi interventi richiesti dalla composizione. Lenneke Ruiten è dotata di una bella voce sopranile limpida e luminosa ma anche morbida e espressiva, di cui si è ben servita, grazie anche alla sicurezza tecnica mostrata, nell’interpretare i due ruoli a lei affidati: Gabriele ed Eva. Roberto Lorenzi, basso, è stato efficace e puntuale come Raffaele e Adamo e così anche Giovanni Sala, tenore. A loro nel finale, come previsto in partitura, si è ben unito il mezzosoprano Antonella Capurso, appartenente al Coro dell’Accademia. Applausi scroscianti e ripetuti hanno salutato la conclusione del concerto, non possiamo che augurarci che il maestro Gardiner ritorni frequentemente a dirigere i Complessi ceciliani.