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Santa Cecilia. Currentzis con Utopia dirige lo struggente Čajkovskij
Il Maestro Teodor Currentzis, il direttore d'orchestra greco che ha studiato a San Pietroburgo con Ilya Musin offre solo due date italiane con la sua nuova orchestra, l'Utopia: dopo la tappa a Brescia al Teatro Grande del 20 novembre, ha chiuso a Roma con il concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia al Parco della Musica il 22 novembre scorso nel giorno di Santa Cecilia, patrona della musica e dei musicisti. Il programma che esegue si formula con la Quinta Sinfonia di Čajkovskij ed il concerto per violino di Brahms con Barnabás Kelemen al violino solista.
Ciò che è noto ed evidente di Teodor Currentzis (1973) è la sua particolare versatilità nel creare orchestre di spessore, come la precedente, anche fornita di coro, ovvero MusicaEterna, affrontando nondimeno programmi e formulando festival desueti per scelte di compositori e di programmazione, penso al Festival di Perm, che ha diretto dal 2011 al 2019, invero anche difficilmente raggiungibile ora. Attualmente è il Direttore principale dell'Orchestra Sinfonica SWR di Stoccarda
Sul palco si presenta con una camicia nera oblunga e dei fuseaux che tradiscono la sua magrezza ed il suo spirito ridondante: a guardarlo sembra di entrare in un bosco con un folletto che dirige un'intera orchestra di piu' di cento elementi, assolutamente affiatati e sincronizzati con lui e fra di loro. In questa compagine orchestrale rientrano 107 orchestrali provenienti da Argentina, Armenia, Austria, Belgio, Bielorussia Bulgaria, Brasile, Corea del Sud, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Germania, Italia, Kazakhstan, Lituania, Norvegia, Olanda, Portogallo, Russia, Serbia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria, Romania, Regno Unito, USA, Venezuela. Il nome Utopia è ispirato dalle parole di Currentzis: "Portare l'identità e l'intimità cameristica nella strumentazione completa di un grande concerto sinfonico."
La prima parte del concerto apre con il Concerto per violino di Brahms, composto nel 1878 e tra i più celebri della letteratura violinistica. Il solista è stato l’ungherese Barnabás Kelemen, già ospite di ensemble quali la BBC Symphony Orchestra, Budapest Festival Orchestra, London Symphony Orchestra. Vogliamop annotare fin d'ora che Kelemen è rimasto anche per la seconda parte del concertom, che ha previsto l'esecuzione della Sinfonia n. 5 di Pëtr Il'ič Čajkovskij, offrendo un bis al termine con una Ciacona di Bela Bartòk. Il primo movimento, Allegro non troppo, Kelemen lo ha interpretato in modo felicemente irruento; conferendo poi all'Adagio la giusta liricità, intrisa di un sapore meditativo. L'ultimo Allegro giocoso, ma non troppo vivace, trascinante e conosciutissimo, è "velocizzato" su impronta di un danzante Currentzis. Ghirlande nell'aere sembrano dipingere le mani del Maestro greco, libero e senza podio nella prima parte del concerto.
La Sinfonia No. 5 in mi minore, Op. 64 di Pëtr Il'ič Čajkovskij è indimenticabile anche solo per il suo primo movimento: un Andante – Allegro con anima che fa rabbrividire, soprattutto nell'interpretazione così accurata, dai toni misterici per come distilla le sue lievi sfumature a cura di Teodor Currentzis: il tema melanconico del fato in mi minore, che si ravviva con il tema dipinto dal clarinetto e dal fagotto, in tonalità maggiore, semplice e pastorale, tornerà in rimandi successivi fino alla fine.
L'Andante cantabile, con alcuna licenza, segue con l'intervento dialettico e in grazia di oboe e corno, illuminando serenamente la melodia: il grazioso trillo del clarinetto verrà riverberato dal tema del destino senza troppo turbamento.
Currentzis ha fatto suonare in piedi la maggioranza degli archi, - come fossero tutti solisti insieme a Kelemen, rimasto, come dicevo sopra, per la seconda parte - in modo da dare maggior vigore, piuttosto inusitato per certi versi, a questa sinfonia; dacchè nel lento si profilavano delle pause troppo lunghe e non legate chiaramente fra di loro; la sonorità è decisamente lieve e non percebile musicalmente a tratti, avvicinandosi alla ritmica enfatica e a volte roboante di Musorsgkij.
Nel Valse, Allegro moderato, del terzo movimento si nota la connessione stretta con le altre due opere del periodo (1888), il precedente poema sinfonico Manfred (1885); ed il balletto tratto dalla più famosa tra le fiabe di Perrault, ovvero La Bella addormentata. Qui infatti risuonano con partecipazione quasi indemoniata le danze che ammiriamo sui palcoscenici di tutto il mondo con le coreografie di Petipa. In sordina, il tema del fato ancora risuona come memento che però si apre ad una speranza risolutiva nel quarto movimento Finale, qui l'Andante maestoso coniugato all'Allegro vivace chiosano come in un episodio felice, in senso meno tragico di quanto non sia interpretata in altre versioni.
Tutti in piedi per uno scrosciante applauso di svariati minuti e con encomiabile bis finale da Lago dei cigni, liroco e struggente come non mai.