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Santa Cecilia. Elektra, gli occhi folli del serpente
L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha deciso di inaugurare la nuova stagione 2022-23 con l'Elektra di Richard Strauss in forma concertistica ed un cast internazionale: nel title role il soprano lituano in ascesa Ausrine Stundyte; Elisabet Strid in quello di Crisotemide, Petra Lang, (Clitennestra), Neal Cooper (Egisto), Kostas Smoriginas (Oreste) al suo debutto nel ruolo. Alla direzione dell'Orchestra di Santa Cecilia Sir Antonio Pappano mentre il Coro è diretto da Maestro Piero Monti.
Due occhi di serpente sono quelli assetati di vendetta di Elektra: occhi verde rettile che lanciano grida disumane su un fondo roboante di echi schönberghiani, tra ferrosi e plumbei evanescenti ricordi di un passato incaplestabile da essere vivente. Ed Elektra è una “morta che cammina ed alla fine danza delirante”, nel compimento della sua ferocia, nel suo dissanguamento prima di tutto del suo essere donna, nel complesso junghiano denominato a partire da lei: “ucciderai tua madre per possedere tuo padre”, che per di piu' lei, Clitennestra, ha prima tradito e poi ucciso con l'amante Egisto. La sorte della stirpe degli Atridi è segnata nella sua inconsapevole discendenza.
Quarta opera di Strauss, Elektra è in qualche modo il suo compimento teatrale, col librettista favorito e simbolista Hugo von Hoffmanstahl, che dipinto uno scenario livido, ossessivo e decadente come Sofocle ha descritto narrativamente Elektra: “Alleine, ganz alleine!” ("Sola, del tutto sola!”), urla nel libretto. Una donna che ha ucciso sé stessa prima di tutto per massacrare chi le ha ucciso il padre. Una “manipolatrice” anche, come lo stesso soprano Stundyte vede Elektra nei confronti di Crisotemide, la sorella che vuole “restare donna ed avere un destino di donna”, che cercherà di convincere in un simulato abbraccio saffico ed incestuoso, pur di renderla sua connivente nel duplice omicidio.
Sullo sfondo di questa opera della Finis Austriae, la cui prima si ebbe il 25 gennaio 1909 (lo stesso anno di Erwartung di Schönberg) al Königliches Opernhaus di Dresda con la direzione di Ernst von Schuch, il cortile della servitu' con le ancelle e le sorveglianti che dileggiano rancorosamente la ferocia tenuta a malapena a bada di Elektra, umiliata anche come principessa. Eppure lei, anche cromaticamente con l'abito lungo nero e contemporaneo, surmontato da una specie di mantellina rossa a risvolti, è di un'algidità possente, statica come un boa prima di attaccare: una belva su dei baldacchini di porpora che attende solo il ritorno del fratello Orest mentre stride il suo accordo, appunto di Elektra, sintesi bitonale degli accordi di mi maggiore e do diesis maggiore, sul tappeto di cromatismo esasperato di marca wagneriana.
Un quadro si materializza sul palco con l'arrivo di Klytämnestra, quello di Jean Delville dedicato a Madame Stuart Merrill del 1892, un quadro esoterico che sembra tale e quale Petra Lang in abito lungo nero con sontuoso scivolo di collana di brillanti. Il quadro di Delville, noto per essere massone rosacrociano, ritrae la “supposta” moglie del poeta simbolista Stuart Merrill come fosse una medium: volto eburneo con occhi rovesciati; capelli rossi scarmigliati, un libro nero fra le mani ed un triangolo tracciato sopra, simbolo della perfezione secondo Delville. Il soprano teutonico bayereuthiano Petra Lang si presenta in tutta la sua possenza: una Lady Macbeth attanagliata dagli incubi, preda del suo senso di colpa creando il climax dell'opera con il suo richiamo continuo ai riti propiziatori e sanguinari mentre “il mio corpo invoca la morte” (nel libretto), richiamando la terra di fuoco e ghiaccio ai confini del mondo, Thule e chiosando, proprio lei con: “La verità non la mette in luce nessuno.”
Elektra però non è da meno, è un “cadavere tra i vivi, ora sono fuoco di vita”, quando riceve la notizia dell'uccisione da parte del redivivo fratello Orest della coppia malefica, e agitandosi nella danza da menade, stramazza al suolo nel libretto di Hoffmanstahl, che al contrario si Sofocle, prima ispirazione, trova la catarsi solo nell'ultimo guado verso l'eternità.
Le voci, tutte eccezionali, meritano delle lodi, non solo quelle già sottolineate nella loro poderosa interezza e cromatica flessuosità delle due comprimarie (quasi) di Clitennestra ed Elettra, bensì in quella aulicamente soffice di Crisotemide, la leggiadra e bionda Elisabet Strid, soprano svedese dalla voce calda; ed Orest, Kostas Smoriginas, basso-baritono anch'esso lituano come Stundyte, è impeccabile nel ruolo. Le cinque ancelle sono state interpretate da Ariana Lucas, Anne Schuldt, Monika-Evelin Liiv, Katrin Adel e Alexandra Lowe, tutte conoscitrici dei loro ruoli da tempo e ben in grado di sostenere i ruoli. Prova finale con il Coro in alto sugli spalti dietro l'Orchestra, suggestivamente a chiosare prima dell'ultimo grido di Crisotemide verso Oreste.
Il Maestro Pappano, alla sua prima direzione di Elektra, ha coerentemente diretto l'Orchestra che nella seconda parte è stata ancora piu' affiatata che nella prima in grande equilibrio dinamico e ritmico che il pubblico ha salutato con scrosci di applausi meritatissimi per tutti.