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Santa Cecilia. La snella fanciulla greca e l'Apoteosi della Danza
Continua il ciclo dell'integrale della sinfonie di Beethoven con un programma che ha proposto la Sinfonia n° 4 in si bemolle maggiore op.60 e la Sinfonia n. 7 in la maggiore op.92, precedute dall'Ouverture di Médée (Medea) di Luigi Cherubini.
Cherubini non è solo un contemporaneo, è un compositore ammirato da Beethoven, un modello per il suo Fidelio le cui due prime versioni appartengono al periodo di composizione della Quarta sinfonia. Médée è un'opéra-comique – una forma teatrale in cui i brani in musica si alternano a quelli recitati - di Cherubini su libretto di François-Benoît Hoffmann basata sulla tragedia di Euripide e anche sulla versione di Pierre Corneille. L'opera andò in scena per la prima volta a Parigi il 13 marzo 1797 al Théâtre Feydeau. La musica della Ouverture, in fa minore, è potentemente drammatica con chiaroscuri timbrici accentuati e una scrittura per l'orchestra molto più simile alla musica sinfonica che a quella tradizionale dell'opera italiana.
Fu amata in Germania dove fu rappresentata a Francoforte, nel 1855, tradotta in tedesco e con le parti recitate trasformate in recitativi da Franz Lachner realizzata dalla versione abbreviata e in italiano allestita dallo stesso Cherubini per Vienna nel 1809. Su questa versione, tradotta, in italiano si basò nel 1953 la rappresentazione di Firenze diretta da Vittorio Gui con Maria Callas protagonista. Una grande interpretazione quella dell'orchestra e di Pappano, che ha uno spiccato talento drammatico, che come per Spontini ci fa sperare che, in un futuro, il maestro si dedichi a questo compositore, troppo ingiustamente trascurato.
Nel 1804 fu terminata la composizione e fu eseguita la Sinfonia "Eroica", Beethoven iniziò quasi subito la composizione della Quinta, ma la gestazione sarebbe stata lunga e fu terminata solo nel 1808. Nell'arco di questi quattro anni creò il Quarto Concerto per pianoforte, il Concerto per violino, le prime due versioni di Fidelio, portò a termine la "Quarta" e cominciò a buttare giùi primi abbozzi di quella che sarebbe divenuta la "Pastorale". Nell'autunno del 1806 Beethoven fu ospite conte Franz von Oppersdorf, in questa occasione l'orchestra del conte eseguì la Seconda Sinfonia e il conte gli chiese una nuova sinfonia, Beethoven lasciò la Quinta che stava componendo e e compose in breve tempo la Quarta in si bemolle maggiore che fu eseguita il 5 marzo 1807 nel palazzo viennese del principe Lobkowitz.
Robert Schumann definì la Quarta “Una snella fanciulla greca tra due giganti nordici” per la sue apparenti caratteristiche di puro intrattenimento che lasciarono perplessi i romantici, che l'attribuirono a motivi psicologici: l'innamoramento per Teresa Brunswik. Al contrario la differenza con entrambe le prime due sinfonie è innegabile, la Terza è infatti uno spartiacque, le sperimentazioni timbriche non sono un abbellimento ma investono la struttura stessa della Quarta, il modello di Haydn è solo apparentemente rispettato. L' introduzione lenta- Adagio- apre il primo tempo Allegro vivace in forma sonata, ma subito si manifestano i tratti ironici della partitura, nei ritmi incalzanti, nel contrasto tra gruppi di strumenti, nel raffinato uso dei timbri.
Il successivo Adagio in mi bemolle maggiore è anch'esso caratterizzato dal ritmo, nei legni appaiono motivi di pastorale come anche nel Trio, del terzo movimento, che ricordano che anche le idee della Sesta erano nella mente del compositore. L'Allegro vivace, un Minuetto, è lontano dal modello di Haydn, viene ripreso altre due volte, l'ultima in chiusura, il Trio è presente e per la prima volta viene ripetuto. L'Allegro, in moto perpetuo in forma sonata, si distacca dal modello classico per l'aspro uso del ritmo e dei contrasti dinamici e timbrici; ormai Haydn è lontano.
Trascorsero circa quattro anni, dalla esecuzione della Quinta e della Sesta durante i quali Beethoven compose fra l'altro i due Trii op. 70, il Trio op. 97, la Sonata per pianoforte op. 78 e quella op. 81a, il Quartetto op. 74 e quello op. 95, il Quinto Concerto per pianoforte e orchestra, le musiche di scena per la tragedia Egmont di Goethe. La Sinfonia n. 7 in la maggiore op.92 fu composta fra l'autunno del 1811 ed il giugno 1812 ed eseguita la prima volta l'8 dicembre 1813. nell'Aula Magna dell'Università di Vienna, nel corso d'un concerto organizzato per raccogliere fondi a favore dei soldati austriaci feriti nella battaglia di Hanau.
La Settima, a parte l'Allegretto, che fu bissato, e incontrò subito il favore del pubblico e dei critici, per le sue caratteristiche così diverse dalle sinfonie precedenti lasciò perplessi fino a quando Richard Wagner affermò: “Questa sinfonia è l'apoteosi della danza. È la danza nella sua massima essenza, l'azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali”. Ci piace anche ricordare la successiva e acuta definizione di Paul Bekker (1882 - 1937) violinista, direttore d'orchestra e musicologo: “Una specie di sublimazione ideale dell'antica Suite di danze”. Nella Settima non ci sono conflitti di temi, ma la varietà di questi, il filo conduttore è dato dal ritmo che parte da un minimo per arrivare all'esplosione parossistica del finale “dionisiaco”.
Il primo movimento- Vivace - ha un'introduzione - Poco sostenuto- la più lunga creata da Beethoven, con l'esposizione dei due temi che sfociano nel terzo tema Vivace in ritmo di giga. L'Allegretto è una delle pagine più sublimi di Beethoven, l'andamento melodico in forma di Lied ha una continuitàritmica che Fedele D'amico descrive come "un dattilo seguito da uno spondeo". Nel successivo Presto, ma è un vero e proprio Scherzo, in fa maggiore, col Trio, in re maggiore riprende l'innovazione che abbiamo visto in quello della Quarta Sinfonia, il Trio viene ripetuto dopo la ripresa dello Scherzo. L'Allegro con brio è il culmine, l'energia vitale, contenuta nei precedenti movimenti, sfocia nell'esaltazione del ritmo in un parossistico e trascinante finale.
Il maestro Antonio Pappano in entrambe le sinfonie ha curato la cantabilità melodica, le repentine variazioni timbriche, dinamiche e ritmiche seguito fedelmente dall'orchestra, con in testa il bravo primo violino, Roberto Gonzalez Monjas. A noi ci è parsa la Settima quella che più gli è congeniale, quella più affine alla sua sensibilità musicale; anche il pubblico, che gli ha tributato una festosa ovazione, deve aver avuto la nostra stessa impressione.