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Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati. Nostalgico ritorno verso la certezza
Cosa si nasconde dietro la perdita della memoria? Come si può scandagliare chirurgicamente un animo in preda ad una malattia incoercibile, che rende l’altro del tutto assente, oppure il proprio peggior nemico proprio perché tutto diventa incomunicabile? Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri nella parte di una coppia agée nell’ultimo film di Pupi Avati, Una sconfinata giovinezza.
La storia è quella di Lino e Francesca, lui ha settantadue anni e mostra i primi segni della malattia della memoria: l’Alzheimer. Francesca si rende subito conto di ciò che sta avvenendo nella mente del marito giornalista sportivo e cerca di aiutarlo sia attraverso il suo affetto sia attraverso cure mediche che possano arrestare il decorso della malattia. Tutto però si dimostra inutile e fra un ricordo ed l’altro si costruisce una seconda storia, quella dell’infanzia di Lino insieme alla Zia Amabile (Serena Grandi) e le colline bolognesi intorno a Sasso Marconi. La piega autobiografica della vita del regista si srotola durante il film, con innesti che si perdono nei ricordi seppia dei flashback, dalla prima “ebbrezza” (parole del regista) sessuale con l’amichetta Leda, fino al ritrovamento del diamante nella macchina dove hanno perduto la vita i suoi genitori.
Il tono romantico-melanconico si tinge di incredibili risvolti nel passato, ed assistiamo all’intrecciarsi nella mente di Lino di due storie che si ammantano di magia l’una con l’altra. Dalla “resurrezione” di Leda ad opera di Leo, alle incredibili virate fotografiche di Pasquale Rachini, che sommerge l’occhio con questi paesaggi che giungono da un dimenticato che surrettiziamente prende il posto del presente. Forse l’infanzia mai vissuta – a dire del regista – viene a coprire quel luogo della memoria che balza nell’attimo attuale come un falco su una preda ormai fragile, lasciando che Lino si diverta con antichi giochi e familiari guaiti, come quelli del suo cane Perché, in un ritorno nostalgico verso l’unica casa da cui si proviene con certezza e si appartiene sempre, quella della propria infanzia.