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Sheva. Giuseppe Bruno per Liszt-Beethoven
Un interessante CD Sheva con il pianista Giuseppe Bruno dedicato all'arte della trascrizione, consuetudine tipica del secolo XIX, in questo caso di alta qualità per l'autore, Franz Liszt, e per i brani trascritti ed in questa registrazione eseguiti: la terza Sinfonia di Beethoven “Eroica” e, sempre di Beethoven, sei Lieder su testo di Goethe.
La trascrizione, come l'improvvisazione, è arte nobile ed antica nel panorama della musica occidentale. Non è esistito momento storico nel quale queste due modalità di esecuzione e scrittura non siano state prese in considerazione. Modalità che richiedevano in ogni caso grande abilità e preparazione. In particolar modo nel XIX secolo fino all'avvento dei mezzi meccanici di registrazione e riproduzione la trascrizione era l'unico modo per diffondere e far conoscere composizioni strumentali o sinfoniche che per la loro struttura erano eseguibili solo in teatro e pertanto non fruibili da tutti al di fuori di questi spazi dedicati. Anche i melodrammi e le opere più famose trovavano nelle trascrizioni per piccoli organici cameristici o semplicemente voce e pianoforte un mezzo ideale non solo per lo studio ma anche per la loro diffusione.
Le trascrizioni che Liszt fece della musica di Beethoven rientrano perfettamente in quest'ottica, qualificando ulteriormente il genere grazie all'autorevolezza del trascrittore, che utilizzò nella realizzazione tutte le malizie e le innovazioni tecniche che aveva introdotto nella scrittura pianistica, costruendo brani non certo destinati ad esecutori dilettanti o poco esperti. Del resto Liszt trascrisse, oltre al Settimino, tutte le nove sinfonie di Beethoven, un impegno notevole che poteva essere giustificato solo dal desiderio di poter ricreare, utilizzando tutte le potenzialità espressive del pianoforte, l'impatto emotivo e la suggestione che ogni sinfonia scatenava nell'ascoltatore. Trascrizione quindi non solo come semplice esercizio tecnico, ma autentico e sincero tributo alla genialità di un autore che Liszt amava particolarmente.
Dopo la necessaria premessa, passando all'ascolto del CD sorgono spontanee alcune considerazioni. La prima è in realtà una domanda: è possibile “condensare” la ricchezza timbrica e la fitta scrittura orchestrale beethoveniana in un solo strumento? Ascoltando questa registrazione la risposta non può che essere affermativa. Si diceva prima che un simile autore poteva essere preso in considerazione solo da un altro altrettanto geniale e preparato. Le trascrizioni lisztiane hanno infatti sull'ascoltatore un effetto che si verifica poche altre volte: si fa fatica a percepire quale sia delle due versioni quella originale e quella trascritta. In questo caso la versione orchestrale sembra derivata da quella pianistica e non viceversa (oppure pensiamo alla trascrizione raveliana dei Quadri di un'esposizione di Mussorgsky, dove l'impressione è opposta ma il concetto è lo stesso, grazie sempre all'abilità del trascrittore). Un'altra considerazione riguarda l'approccio che Beethoven ha con la scrittura pianistica. Quante volte si legge o si spiega agli allievi che una chiave di lettura della scrittura per tastiera mozartiana è il riferimento costante al melodramma ed al suo modo di presentare e sviluppare idee melodiche e gli intrecci tematici, mentre nella scrittura beethoveniana è sempre presente una visione più ampia e densa tipica, appunto, della scrittura sinfonica? Le trascrizioni lisztiane di Beethoven certificano questa impostazione.
Giuseppe Bruno con la sua lettura ed intepretazione rappresenta un modello perfetto per comprendere questa visione musicale. È nota la particolare densità e difficoltà della scrittura di Liszt, che fece del virtuosismo non una banale ostentazione di funambolica bravura ma una modalità certamente ai limiti ma in ogni caso finalizzata alla creazione di capolavori. L'altrettanto complessa e densa scrittura beethoveniana non costituisce pertanto per Liszt un problema irrisolvibile. Qualche problema può forse crearlo all'esecutore, ma in questo caso Giuseppe Bruno dimostra di possedere il bagaglio tecnico per superare senza problema gli ostacoli nell'esecuzione ed anche la sensibilità per curare e sottolineare efficacemente le idee beethoveniane, per esempio nell'esecuzione della celebre Marcia Funebre del secondo movimento, drammaticamente poetica come altre celebri pagine delle sonate più significative dell'autore, o nello spumeggiante Scherzo del terzo movimento.
Altrettanto interessante l'ascolto della trascrizione dei sei lieder. Già di fatto concepiti con una visione cameristica e quindi più intimi e meditativi nell'impostazione, anche in questo caso grazie alla trascrizione lisztiana non creano perplessità o desiderio di ascolto della versione originale. Anzi, si potrebbe dire che grazie a questa trasposizione è ancor di più esaltato un aspetto apparentemente contradditorio di Beethoven se rapportato al suo aspetto fisico e misantropia: l'inesauribile capacità di creare, nei tempi lenti, atmosfere di poesia assoluta per la la bellezza e raffinatezza delle idee tematiche, toccando le corde più nascoste dell'anima umana. L'ascolto di “Mit einem gemalten bande” e “Wonne der Wehmut” potranno chiarire più di qualsiasi aggettivazione il concetto, ed anche in questo caso Giuseppe Bruno, mettendo da parte le armi sfoderate per affrontare le difficoltà tecniche, può rivelare la sua perizia nel curare il suono ed esaltare appunto la poesia di queste pagine, in un CD di piacevolissimo ascolto, utile per far conoscere anche questo raffinato modo di affrontare importanti pagine della nostra storia della musica e per gustare in ogni caso dei capolavori.