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Il sogno della pittura. Salvatore Fergola e il Regno di Napoli
A Napoli, a Palazzo Zevallos Stigliano – sede di una delle Gallerie d’Italia della Fondazione Banca Intesa/San Paolo – si vede l’affascinante mostra “Salvatore Fergola. Lo splendore di un Regno”. È la prima esposizione dedicata monograficamente a Salvatore Fergola (Napoli 1796 – 1874) protagonista della pittura a Napoli negli anni della Restaurazione. Fino ad oggi conosciuto da collezionisti e antiquari per lo più come illustratore e incisore, Fergola si rivela valido pittore di palazzo, ma anche paesaggista intriso di sensibilità romantica.
Dopo Gaspar van Wittel (1653 – 1736) e Jakob Philipp Hackert (1737 – 1807), Salvatore Fergola fu il protagonista di quel radicale mutamento dell’immagine del Regno di Napoli favorita da Carlo di Borbone e dai sui discendenti. Nel volgere di alcuni decenni – fra la metà del ‘700 e il primo ‘800 – dalla Napoli barocca e cupa delle pestilenze e del Cristo fustigato si passò alla Napoli radiosa e solare del mirabile incontro fra natura e arte. Lo splendido incanto del golfo vesuviano si sposava con le rovine greco-romane di Ercolano, Pompei e Pozzuoli e con le nuove grandiose realizzazioni architettoniche dei Siti borbonici di Napoli, Portici e Caserta.
Costruttore dell’immagine borbonica di Napoli e del suo contado – inclusi i siti sorrentini di Castellammare e quelli casertani di San Leucio e Carditello –, Fergola, senza eccessive concessioni al realismo, tratteggiava ampie distese boschive, cieli luminosi e prati affollati su cui passeggiavano dame e cavalieri: spettatori anonimi, ma eleganti, di quei «primati» per cui si distingueva la monarchia assolutista dei Borbone di Napoli. Erano: la ferrovia tra Napoli e Portici, il ponte di ferro sul Garigliano, le officine di Pietrarsa, la Reggia di Caserta, i cantieri navali di Castellammare: tutte figurazioni nelle quali la natura del mare e del cielo diventava fondale e scenografia dell’entusiasmante epopea borbonica.
La storia dell’arte classifica Fergola come l’ultimo «pittore di corte», un reporter della Napoli della prima metà dell’Ottocento: era la più popolosa e vivace città d’Italia, metropoli all’avanguardia in Europa e meta adorata dai viaggiatori dell’ultimo Grand Tour. Venivano da tutto il mondo a guardare il pennacchio di fumo del Vesuvio, ma cominciavano a nutrire qualche sospetto in merito alla liberalità politica della dinastia regnante.
I grandi dipinti di Fergola che si godono a Palazzo Zevallos provengono dalle collezioni della Reggia di Caserta e del Palazzo Reale di Napoli, dal Museo di Capodimonte e dal Museo di san Martino. Ammiriamo così gli splendori di una corte che cercava - ancora negli anni ’30 dell’Ottocento - di apparire sfarzosa e di promuovere eventi – come le caccie e i tornei – tipici dell’«ancien Régime».
Una dimensione differente dell’arte pittorica di Fergola si coglie negli autoritratti e nei quadri di ispirazione religiosa. Qui il mare in tempesta, le cascate d’acqua mugghianti, i paesaggi lunari notturni degli scogli di Capri si colorano di intensità romantiche e il paesaggio – liberato dalle folle osannanti di Francesco I e Ferdinando II – si manifesta come potenza sublime della natura che affascina e travolge l’uomo.