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Sotto le stelle del jazz. A Torino Joe Lovano ed i suoi US Five
Joe Lovano con gli US Five è tornato a Torino, sabato 12 marzo 2011, all’interno della rassegna I linguaggi del Jazz, organizzata dal Centro Jazz Torino, che prima di lui aveva presentato (tra gli altri) Jason Moran, gli Oregon, Trilok Gurtu, Geri Allen e Carla Bley.
Nelle vicinanze di Torino Joe Lovano si era esibito non troppo tempo fa: la scorsa estate, per la precisione, come guest star del trio di McCoy Tyner, nel concerto organizzato dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta nel cortile d’armi del Forte di Bard. Spettacolari erano stati allora sound feeling e location, un po’ meno la meteo, che aveva flagellato gli spettatori con folate di freddo pungente spesse miste a piovaschi.
Sassofonista amato (un eufemismo) da pubblico e critica, si presente sul palco del Conservatorio Giuseppe Verdi con un nuovo gruppo, gli US Five: James Weidman (gia’ sideman, tra le varie sue collaborazioni, di Abbey Lincoln e Cassandra Wilson) al pianoforte, Petar Slalov al contrabbasso (sostituisce nientepopodimenoche la precedente contrabbassista di Lovano, Esperanza Spaulding), e la duplice sezione ritmica di Francisco Mela e Otis Brown III.
Gruppo recente (la data di fondazione e’ il 2009), ma immediatamente proiettato anche sulla scena discografica dall’incisione di Folk Art, che comprende esclusivamente composizioni originali del sassofonista di Cleveland (ma di origini siciliane).
Gruppo recente e che ha appena aggiunto un importante tassello alla discografia di Lovano (dovrebbe trattarsi, infatti, del suo ventiduesimo album): Bird Songs, da poco editato dalla Blue Note Records, una rivisitazione coraggiosa e intensa di alcuni dei maggiori capolavori del sassonofista culto del be bop, Charlie Parker (soprannominato, come è noto, Bird, da cui anche il titolo del bel film del 1998, a lui dedicato da Clint Eastwood dietro la macchina da presa).
Non un disco tributo ma album evoluzione, del linguaggio e del suono, che da Parker parte (inteso tanto come compositore quanto come band leader) per arrivare, giustappunto, al suo piu’ famoso epigono contemporaneo.
E non e’ forse un caso che proprio Lovano, che piu’ di ogni altro strumentista incarna nei nostri tempi il suono e la magia del sax tenore, abbia atteso cosi’ tanto tempo (della sua carriera) per fare i conti con uno dei capostipiti fondamentali (se non, probabilmente, il piu’ importante in assoluto) di questo strumento e del jazz in generale.
A Torino ha riempito l’aulica sala del Conservatorio, adusa per il solito a ben piu’ composti ascolti, con il suo suono torrenziale e continuo, imperterrito nella ricerca tanto del melos quanto della perfezione ritmica, coniugata con il suo fraseggio consapevole e mai banale e all’interno soprattutto dall’inesausta inventiva.
A proposito di ritmica: eccellente la sezione formata dai due percussionisti, mai relegata al ruolo di comprimaria, per contro, piu’ volte, è essa stessa ad aprire il gioco dei singoli brani, introducendo le cellule ritmico-tematiche su cui poi si arrampica il fiato del sax.
Uno spettacolo anche vedersi il bassista bulgaro, dotato oltre che di un suono preciso e costante, anche di una persistente simpatia, che ha trasmesso una costante impressione di divertimento; di minor impronta e’ parso, per contro, il contributo del pianoforte.