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Stradivarius. Chopin, Wagner e Debussy in trascrizione con l'Ensemble Musagete
Microcosmi: trascrizioni di composizioni di Chopin, Debussy e Wagner in un CD Stradivarius, distribuito da Milano Dischi, dell'Ensemble Musagete con Gabriele Dal Santo al pianoforte. Un titolo senza dubbio perfettamente calzante, poiché proprio di microcosmi si parla: trascrizioni che svelano all'ascoltatore stelle brillanti di un universo musicale affascinante e luminoso.
Non è la prima volta che compaiono su queste pagine progetti che propongono trascrizioni di importanti composizioni di celebri autori per organici differenti dall'originale o, come in questo caso, cameristici. Chi legge sa che non esiste nessuna preclusione o prevenzione da parte nostra sulla tipologia di scelta. Anzi, in certe occasioni l'esecuzione e l'ascolto di alcuni brani con organici cameristici ha rivelato piacevoli sorprese per quanto riguarda la percezione della raffinatezza della scrittura o dell'impasto armonico. Crediamo non sia azzardato dire che solo le grandi pagine rimangono tali anche se proposte in forma più intima, privilegio concesso solo agli autori geniali, quindi ben vengano anche queste proposte nel repertorio e nei cataloghi discografici, in particolar modo se così ben eseguite, come nel caso dell'Ensemble Musagete e di Gabriele Dal Santo.
Tre gli autori scelti nel CD: Chopin, Wagner e Debussy. Scelte intriganti, perché senza dubbio ognuno di essi si presta ad essere esplorato e valorizzato anche con impasti timbrici diversi dagli originali.
La prima tracce sono dedicate ad un caposaldo del repertorio romantico per pianoforte e orchestra: il Concerto n.2 op 21. In maniera paradossale, ma non del tutto ed immediatamente si capirà il perché, è forse il brano che provoca minor stupore ascoltandolo in una versione cameristica. Il motivo è semplice. A fronte di una partitura orchestrale originale nella quale sono presenti come prevedibile per l'organico richiesto varie famiglie di strumenti oltre agli archi (flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno in fa, tromba in si, trombone basso e timpani), in realtà la scrittura è già in origine quasi essenziale nel dialogo con il solista nelle sezioni sia di accompagnamento che in quelle separate. Eliminare, come è stato fatto in questo caso, l'oboe, il flauto, la tromba, il trombone ed i timpani, non altera nella percezione totale le caratteristiche della scrittura lasciando, come giustamente in fondo già accade nella versione originale, la funzione di totale protagonista al pianoforte. L'ascolto si concentra quindi sul solista Gabriele Dal Santo, che propone un lettura accurata e precisa sia nel controllo tecnico delle caratteristiche della scrittura chopiniana ma anche e soprattutto nella cura del suono e di tutte quelle microsfumature nel fraseggio che sono non solo necessarie ma indispensabili per esaltare la bellezza di questa pagina romantica, in particolar modo nello struggente e poetico secondo movimento.
Proseguendo nell'ascolto compare un autore che ha fatto invece del gigantismo formale ed i certi casi strumentale una caratteristica peculiare del proprio mondo musicale: Richard Wagner, del quale viene eseguito il Siegfried-Idyll. Abbiamo forse già scritto che noi amiamo particolarmente il Wagner, quando possibile, sintetico e breve (vengono in mente alcune Ouvertures, su tutte quella del Rienzi) o realmente cameristico (per esempio i Wesendonck Lieder). Sappiamo perfettamente che con queste affermazioni si creano problemi di schieramento e di scelta ma è un dato di fatto che, come già accennato, spesso riducendo o sintetizzando vengono alla luce in maniera molto più evidente e gratificante peculiarità e raffinatezze armoniche della scrittura, per Wagner come per altri musicisti. È doveroso precisare che il Siegfried-Idyll nasce già come brano cameristico e come straordinario dono natalizio alla moglie. Addirittura nelle intenzioni dell'autore non destinato alla pubblica esecuzione. Nonostante esista una versione orchestrale, senza dubbio è molto più affascinante in veste cameristica e l'esecuzione dell'Ensemble Musagete conferma questa valutazione, utilizzando questa versione per pianoforte e quintetto d'archi di Alfred Pringsheim. Sin dalle prime battute si percepisce una avvolgente intimità ed una modalità di descrizione delle idee tematiche sempre attenta a non essere invadente anche nei momenti nei quali lo sviluppo acquisisce maggior energia. Grande musica eseguita con grande raffinatezza.
Altrettanta raffinatezza nell'esecuzione di un altro autore che rappresenta egli stesso un modello di ricerca timbrica ed armonica: Claude Debussy. In questo caso la scelta è caduta su tre composizioni strumentali che hanno fortemente influenzato la musica del '900: i Trois Nocturnes, scegliendo di utilizzare in questo caso, a differenza di Wagner, non un quintetto d'archi ma di fiati, nella trascrizione di Luigi Marasca. Si accennava all'influenza che hanno lasciato questi brani nella scrittura della musica del '900. Lo stesso Debussy all'atto della pubblicazione aveva fornito importanti indicazioni sullo spirito e sulle finalità espressive. In questa esecuzione, grazie agli ottimi componenti il quintetto di fiati, tutto ciò che si percepisce nella versione originale e che connota in maniera inconfondibile queste pagine, viene mantenuto anche in questo caso, addirittura concedendo a nostro parere pari dignità senza far rimpiangere la versione orchestrale e, tenendo conto della varietà stumentale della partitura, non è cosa da poco. Senza dubbio questa versione del Marasca merita di essere utilizzata e proposta in concerto.